Condominio

Per il rendiconto condominiale è obbligatorio utilizzare il criterio di cassa

L’inserimento della spesa va registrato in base alla data del pagamento, quello dell’entrata in relazione alla data di corresponsione

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di Luigi Salciarini

La Quinta sezione del Tribunale di Roma ( con la recentissima sentenza 14958/2022 ) torna su una questione che, da sempre, agita il mondo professionale degli amministratori di condominio.

Criterio di cassa versus criterio di competenza

Il giudice capitolino precisa che «il bilancio, o meglio, il conto consuntivo della gestione condominiale, non deve essere strutturato in base al principio della competenza bensì a quello di cassa. L’inserimento della spesa va pertanto annotato in base alla data dell’effettivo pagamento, così come l’inserimento dell’entrata va annotato in base alla data dell’effettiva corresponsione». La differenza tra i due metodi di registrazione contabile è che, col criterio di competenza, la spesa va inserita nell'annualità di riferimento a prescindere dal momento in cui il pagamento viene concretamente effettuato (si pensi al pagamento delle bollette dei primi mesi dell'anno che si riferisce sempre a consumi dell'anno precedente). Mentre col criterio di cassa, quello che conta, come si legge chiaramente nel riportato stralcio di motivazione, è solo ed esclusivamente il momento in cui viene effettuato l'esborso.

Occhio alla chiarezza nelle voci di spesa ed entrata

Il rispetto di tale impostazione, che si inserisce in un contesto normativo in cui è pacifico che il rendiconto condominiale non deve essere redatto «con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società» (sul punto, si veda, tra le molte conformi, Cassazione, 3892/2017) è finalizzato al conseguimento del requisito della «chiarezza, dalla quale non si può prescindere», rendendo intelligibili e riscontrabili le voci di entrata e di spesa e le quote spettanti a ciascun condomino, evidenziando, in definitiva, la reale situazione contabile.

L’orientamento della giurisprudenza sul tema

Tuttavia, l'interpretazione giurisprudenziale non può dirsi totalmente allineata, e anzi si riscontrano vari scostament i che, è innegabile, causano un certo disorientamento negli operatori del settore condominiale. Premettendo che le norme del codice civile (soprattutto l'articolo 1130 bis Codice civile) non prendono posizione sul corretto criterio contabile da adottare (e ciò nonostante il fatto che la cosiddetta “riforma” del 2012 sia intervenuta largamente sul contenuto del rendiconto e sulle sue modalità di redazione) va considerato che, secondo una diversa impostazione, il problema non esiste (i due criteri sarebbero in realtà indifferenti) e l'unico requisito contabile da rispettare è che siano chiari e intellegibili gli elementi che compongono il rendiconto (vedi Tribunale Brescia, 643/2020).

Più sfumata appare l'impostazione di Cassazione, 15401/2014, secondo cui l'adozione del criterio di cassa sarebbe un'opzione, ferma rimanendo la necessità che il rendiconto sia chiaro e comprensibile. Secondo un'altra pronuncia ancora (Tribunale Udine, 1014/2019, seguita poi da Tribunale Cosenza, 981/2021), la quale, invero, riesce a cogliere alcuni aspetti “tecnici” non irrilevanti, sarebbe invece necessario applicare entrambi i criteri. Quello di cassa per il registro di contabilità e quello di competenza per lo stato patrimoniale.

Non va ignorato, però, che al di là delle disquisizioni teoriche, dal punto di vista professionale (e per la praticità che contraddistingue tale approccio) l'apprezzamento per il criterio di cassa è stato ripetutamente espresso sia dalla Cassazione (vedi sentenze 27639/2018 e 10153/2011) sia da più recenti arresti di merito (vedi Tribunale Roma con le pronunce 5969/2020; 21802/2019; 1918/2019; 246/2019 18593/2017; nonché Tribunale Torino, 1533/2017; Corte appello Milano, 1824/1993; Tribunale Milano, 5036/1991).

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