Condominio

Il diritto condominiale preso sul serio: la trasmissione all’amministratore dell’atto di compravendita

Non necessario fornirgli tutti i dati riportati nell’atto

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di Ettore Ditta

L’articolo 1130, numero 6, del Codice civile prevede – a seguito delle modifiche introdotte dalla riforma della disciplina sul condominio contenuta nella legge 220/2012 e dalla successiva lettera c) dell’articolo 1, comma 9, della legge 21 febbraio 2014, numero 9, di conversione del Decreto legge 23 dicembre 2013, numero 145 – che l’amministratore, fra le sue altre attribuzioni, deve curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell'edificio.

Aggiunge che ogni variazione dei dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni e che l'amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, deve dapprima richiedere con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe e, dopo che sono decorsi trenta giorni, in caso di risposta omessa o incompleta, deve acquisire le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili. Inoltre l’articolo 63, comma 5, delle disposizioni di attuazione del Codice civile stabilisce che chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui viene trasmessa all’amministratore la copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

La comunicazione obbligo del cedente

Entrambe le disposizioni sembrano intendere che l’amministratore potrebbe - e anzi dovrebbe - acquisire direttamente dai condòmini interessati oppure d’ufficio la copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto; ed, in effetti, mentre l’articolo 1130, comma 6, del Codice civile non menziona espressamente la copia autentica del titolo di trasferimento, invece l’articolo 63, comma 5, delle disposizioni di attuazione del Codice civile fa proprio riferimento testuale ad esso, come si è detto.

Di conseguenza, pur con qualche incertezza per quanto riguarda la prima disposizione, relativamente invece alla seconda non si può negare che venga proprio contemplato l’obbligo per il condomino che cede diritti su unità immobiliari, se non vuole restare obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino a quel momento, di trasmettere all’amministratore la copia autentica del titolo di trasferimento del diritto e non un altro documento differente da esso.

Il rispetto della privacy

Ma riguardo a questo dato normativo bisogna tenere presente anche gli effetti della disciplina sulla privacy, che inizialmente era contenuta nella legge 675/1996 sostituita poi dal successivo Codice della privacy previsto dal Dlgs 196/2006 e che adesso viene prevista dal Gdpr, General data protection regulation - Regolamento Ue 2016/679, entrato in vigore il 25 maggio 2018 e completato, per quanto riguarda la normativa italiana, dal Dlgs 10 agosto 2018, numero 101.Va infatti considerato che il documento in cui si concretizza la copia autentica del titolo contiene moltissime informazioni che riguardano coloro che, acquistando una unità immobiliare che fa parte dell’edificio condominiale, diventano condòmini.

I dati da lasciare in chiaro e quelli da oscurare

Non tutte queste informazioni (che costituiscono così i dati oggetto del trattamento, secondo la definizione della legge) hanno rilevanza al fine del necessario aggiornamento dell’anagrafe condominiale, come avviene, ad esempio, per l’importo del prezzo di acquisto con le modalità del suo pagamento, per l’eventuale stipula di un mutuo o di altra forma di finanziamento da parte dell’acquirente, per l’importo del compenso al mediatore per e molto altro.Per soddisfare lo scopo perseguito dalla legge, in effetti, sono sufficienti pochi dati essenziali, quali le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o del domicilio, con i dati catastali di ciascuna unità immobiliare e delle eventuali pertinenze di cui è dotata, come la cantina o il box oppure uno spazio di parcheggio di proprietà o di uso esclusivo nell’area condominiale. Per tale motivo il Garante della privacy è intervenuto in più occasioni su queste disposizioni.

Infatti in generale, la disciplina sulla protezione dei dati personali ha sempre sottoposto (e continua ancora adesso a farlo) qualsiasi utilizzo dei dati ad alcuni principi generali ai quali tutte le disposizioni di settore si devono informare e che sono costituiti dai principi di liceità, di necessità, di proporzionalità e di finalità, che comportano che i dati trattati devono essere sempre pertinenti e non eccedenti, rispetto alla finalità dell’utilizzo. L’amministratore condominiale, in questa prospettiva, nella sua veste di rappresentante legale del condominio e quindi di responsabile del trattamento dei dati deve assicurarsi che i principi ricordati non vengano violati, anche perché sarebbe proprio lui chiamato a risponderne per primo.

L’intervento del Garante

Col suo provvedimento 19 febbraio 2015 il Garante ha esaminato il ricorso con cui un condomino aveva lamentato l’illegittima acquisizione, da parte dell’amministratore condominiale, dei suoi dati personali contenuti nell’atto di compravendita dell’unità immobiliare la cui copia era stata ottenuta dall’amministratore presso i pubblici registri, ponendone l’onere a carico dell’interessato; e ha rilevato che le informazioni indicate nell’articolo 1130, numero 6, del Codice civile, devono essere raccolte e trattate nel rispetto dei principi dettati dalla disciplina vigente (all’epoca il Codice della privacy, che a partire dal 25 maggio 2018 è stato sostituito dall’attuale Gdpr), con particolare riguardo ai principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza.

Pertanto, come emerso in precedenza dalla newsletter del Garante 387 del 23 aprile 2014, ciò vale ad escludere la sussistenza, in capo ai condòmini, dello specifico obbligo di allegare atti o copie di essi a riprova delle dichiarazioni rese. Il Garante ha osservato che la richiesta di informazioni avanzata dall’amministratore di condominio successivamente all’acquisizione della proprietà dell’immobile in capo al ricorrente - quando, invece di limitarsi alla sola comunicazione dei dati da inserire nel registro, è diretta ad ottenere copia dell’atto di compravendita - esula dall’ambito di applicazione della normativa.

Cosa l’amministratore non deve fare

Costituisce perciò un trattamento eccedente rispetto a quanto previsto dalla normativa stessa sia la richiesta dell’amministratore diretta ad ottenere copia dell’atto di compravendita, sia, a fronte della mancata trasmissione dell’atto di compravendita, l’attivazione autonoma per reperire l’atto di acquisto presso i pubblici registri, invece di richiedere prima all’interessato la comunicazione delle proprie generalità.Inoltre il Garante si è pronunciato in senso restrittivo anche con riferimento all’obbligo espressamente previsto dall'articolo 63, comma 5, delle disposizioni di attuazione del Codice civile di trasmissione, da parte di chi cede diritti su unità immobiliari, all’amministratore della copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.

La richiesta di dichiarazione di avvenuta stipula al notaio

E con la sua nota del 20 settembre 2017 il Garante ha ritenuto – aderendo così ad uno studio del Consiglio nazionale del Notariato (studio 320-2013/C) del 23 maggio 2013 – che una dichiarazione di avvenuta stipula rilasciata dal notaio rogante possa rappresentare una “valida alternativa” alla trasmissione della copia autentica dell'atto che determina il trasferimento da parte del condomino interessato, che è dunque legittimato a chiedere al notaio rogante di ricorrere a tale equipollente. Nella nota il Garante osserva infatti che:«...In via preliminare, preme evidenziare che la norma di cui all'articolo 63, comma 5, disposizioni attuative Codice civile in esame, improntata sui principi di trasparenza, completezza e certezza giuridica che caratterizzano lo spirito della riforma, contiene un chiaro riferimento in ordine all'obbligo a carico del condomino di fornire una specifica documentazione consistente nella «copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto».

Prescindendo dalla concreta ratio di tale disposizione normativa -volta a soddisfare, come noto, l'esigenza di sollevare il proprietario dell'immobile, che cede il diritto sull'unità immobiliare a terzi, dall'obbligo di contribuzione delle spese condominiali dal momento in cui il suddetto trasferimento viene reso noto al condominio- già dalla sola lettura della norma, risulta evidente come la sua formulazione sia volta ad ovviare a qualsiasi incertezza interpretativa in merito alle modalità con cui può realizzarsi la fattispecie ivi indicata.

«Ciò premesso, in considerazione degli approfondimenti condotti sul tema e di quanto emerso dall'esame del contributo fornito il 19 maggio 2017 dall'ente interpellato, codesto dipartimento ha dunque preso atto dell'interpretazione resa nello Studio del Consiglio del 23 maggio 2013 (studio 320-2013/C su «La riforma del condominio – Prime riflessioni su alcune delle nuove disposizioni di interesse notarile») in ordine all'eventualità che siano ammessi, qualora si configuri la fattispecie di cui all'articolo 63, comma 5, disposizioni attuative Codice civile, degli equipollenti alla trasmissione della copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto».

Conclusioni

In particolare, il Notariato, nel confermare infatti quanto riportato nel suddetto studio (pagine 3 e seguenti ), ha ribadito che «la finalità informativa cui la norma è preordinata, deve ritenersi soddisfatta anche con la dichiarazione di avvenuta stipula rilasciata dal notaio rogante» puntualizzando, al contempo, come quest'ultima debba comunque essere «provvista di tutte le indicazioni utili all'amministratore ai fini della tenuta del registro dell'anagrafe condominiale» (nota del Notariato del 19 maggio 2017). Alla luce di quanto rappresentato dal Notariato, si ritiene pertanto che l'applicazione nei termini di cui sopra della disposizione in esame sia conforme ai principi in materia di protezione dei dati personali di cui all'articolo 11, comma 1, lettera d) del Codice. In conclusione perfino la prescrizione della legge, secondo il pensiero del Garante, per non violare la disciplina sulla tutela dei dati personali, richiede una applicazione restrittiva.

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