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Casa, con lo stop alle cessioni sette milioni senza bonus

Con l'addio allo sconto in fattura e al trasferimento dei crediti restano tagliati fuori i contribuenti incapienti, o che non possono detrarre dalle imposte come le partite Iva in flat tax<br/>

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di Giuseppe Latour e Giovanni Parente

Sette milioni di contribuenti esclusi da tutti i bonus casa. Il decreto legge 11/2023, in vigore dal 17 febbraio scorso, non ha bloccato solo cessioni e sconti in fattura, ma ha causato molti effetti collaterali (quasi tutti negativi). Non ci sono solo gli esodati delle cessioni, colpiti da una fase transitoria con molte falle, o le abitazioni unifamiliari, ormai uscite fuori dai radar del superbonus. La lista dei danneggiati comprende anche molti altri soggetti che, senza la possibilità di liquidare in anticipo le agevolazioni, restano senza sbocchi a disposizione per sfruttarle.

In cima alla lista degli esclusi ci sono i forfettari che, per definizione, non possono godere delle detrazioni Irpef. E che, quindi, finora utilizzavano la cessione del credito come unico strumento possibile per i loro bonus casa. Tornando a un sistema nel quale le detrazioni sono l’unico veicolo a disposizione, vengono automaticamente tagliati fuori circa 2,1 milioni di soggetti che, negli ultimi anni, hanno optato per il regime agevolato.

Non sono gli unici esclusi, perché fuori dai giochi ci sono anche gli incapienti: tecnicamente, sono coloro che hanno un’imposta netta pari a zero dopo la detrazione da lavoro/pensione. Sono altri 4,9 milioni, per i quali il meccanismo della cessione dei credito era stato immaginato all’inizio. Soprattutto perché, nei condomini che accedono al superbonus, la presenza di soggetti che non possono utilizzare le detrazioni porta da sempre al blocco dei lavori di ristrutturazione. Il totale arriva così a sette milioni.

Sarebbe già un numero clamoroso, ma la realtà è che la cifra finale di chi resta tagliato fuori è sicuramente molto più alta. Vanno considerati, infatti, anche gli iscritti all’Aire, l’anagrafe dei residenti all’estero: sono 5,9 milioni e, nel caso in cui abbiano immobili in Italia, adesso sono esclusi dalle agevolazioni. L’unico modo che avevano di liquidarle, non pagando tasse in Italia, era di cederle. Naturalmente non tutti gli iscritti all’Aire hanno immobili nel nostro Paese né, nel caso ne avessero, è detto che abbiano avviato lavori che danno diritto a uno dei bonus edilizi.

C’è, poi, il fronte di chi ha margine per detrarre, ma non abbastanza da sfruttare in pieno le agevolazioni più corpose, come il superbonus. La versione attuale del superbonus, sebbene sia più magra che in passato, vale comunque il 90% delle spese su quattro rate annuali. Guardando ai dati Enea sulle spese medie per le ristrutturazioni legate al vecchio 110%, è evidente che anche per le spese 2023, nonostante il taglio, le rate tipo di detrazione saranno elevatissime.

Secondo i dati Enea, la spesa media è stata di 113.845 euro per le unifamiliari e 96.877 euro per le unità indipendenti. Con detrazione al 90% e recupero in quattro anni, fa 25.615 euro di detrazione all’anno nel primo caso e 21.797 euro di detrazione all’anno nel secondo. Per i condomini, invece, la spesa media (ottenuta incrociando i dati Enea con il numero medio di unità in condominio) è stata di 49.574 euro a unità, che fa 44.616 euro di detrazione, con quattro rate da 11.154 euro.

Sono livelli di detrazione totalmente ingestibili per la gran parte dei contribuenti italiani. Per utizzarle, infatti, servono dai 40mila euro di reddito a salire nel caso dei condomini e almeno 70mila euro nel caso delle altre unità. Redditi che solo una minoranza dei contribuenti può vantare. Anche perché solo in queste fasce si libera una disponibilità di imposta netta ancora abbattibile grazie all’utilizzo delle maxidetrazioni provenienti da lavori sul superbonus. Insomma, la lista degli esclusi, rischia di essere parecchio più lunga e cospicua in termini di contribuenti interessati. Difatti, lasciando emergere uno spaccato in base al quale i bonus edilizi più vantaggiosi in termini di percentuale prevista sono riservati alle fasce con maggiori redditi disponibili o almeno dichiarati al Fisco, per non dimenticare comunque che c’è sempre un tema di sommerso con cui confrontarsi quando si parla dei dati sulle dichiarazioni dei redditi.