ApprofondimentoSostenibilità e innovazione

Case Green, l’UE definisce la formula del “costo ottimale”: verso edifici a emissioni zero

di Ivan Meo - Esperto giuridico

N. 1216

Consulente Immobiliare

Dal 1° gennaio 2026 entrerà in vigore il nuovo Regolamento delegato (UE) 2025/1511 che stabilisce la metodologia unica per calcolare i livelli ottimali di prestazione energetica degli edifici.

Proprio in questa settimana, a Brasilia, i rappresentanti dei Paesi dell’Unione Europea si sono riuniti nell’ambito dei lavori preparatori della COP30, con l’obiettivo di individuare traguardi climatici realmente perseguibili nei prossimi quindici anni. Al centro del confronto, l’urgenza di ridurre in modo strutturale l’inquinamento atmosferico e le emissioni climalteranti, in linea con il target europeo di neutralità climatica al 2050.

Nel nuovo scenario delineato dai negoziati, il settore edilizio torna ad assumere un ruolo strategico: secondo i dati della Commissione europea, gli edifici sono responsabili di circa il 36% delle emissioni di CO₂ e del 40% dei consumi energetici complessivi dell’Unione. In questo contesto, il Regolamento delegato (UE) 2025/1511 e la direttiva “Case Green” (UE) 2024/1275 diventano i pilastri normativi di una strategia europea che mira a coniugare costo ottimale, sostenibilità ambientale e salute pubblica, tracciando la rotta verso un patrimonio edilizio a emissioni quasi nulle.

Un nuovo “metro” europeo per la casa green

Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del Regolamento delegato (UE) 2025/1511 del 30 giugno 2025, la Commissione europea ha tracciato la rotta per la piena attuazione della direttiva “Case Green” (UE) 2024/1275. Il nuovo provvedimento rappresenta il “cuore tecnico” dell’attuazione della Direttiva Case Green, e sarà il riferimento per il futuro quadro dei requisiti minimi edilizi nazionali e regionali in quanto istituisce un quadro metodologico comparativo vincolante per tutti gli Stati membri, finalizzato al calcolo dei livelli ottimali di costo per i requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici, nuovi ed esistenti.

L’obiettivo è quello di uniformare i criteri di valutazione e garantire che le politiche nazionali di efficienza energetica siano coerenti con i target europei di neutralità climatica. Il regolamento abroga dal 2026 il precedente n. 244/2012 e introduce un approccio più evoluto, che tiene conto dei costi lungo l’intero ciclo di vita dell’edificio, non solo della spesa iniziale.

Un manuale tecnico per armonizzare i criteri di efficienza

Il cuore del nuovo regolamento è la definizione di un “quadro metodologico comparativo” che obbliga ogni Stato membro a individuare un set di edifici di riferimento rappresentativi del proprio patrimonio edilizio – abitazioni unifamiliari, condomini, uffici, scuole – e a simulare su di essi diversi pacchetti di misure di efficientamento.

Ogni intervento dovrà essere valutato in base al costo globale lungo il ciclo di vita tecnico ed economico: 30 anni per il residenziale e 20 per il terziario. Il calcolo dovrà includere l’investimento iniziale, i costi di manutenzione, sostituzione e gestione, e i risparmi energetici stimati, in modo da identificare il punto di equilibrio (“livello ottimale di costo”) tra spesa e prestazione energetica. Questa metodologia rappresenta uno strumento essenziale per aggiornare le normative edilizie nazionali e per orientare i futuri incentivi all’efficienza.

La prospettiva macroeconomica: includere ambiente e salute

La principale innovazione introdotta dal Regolamento 2025/1511 è l’obbligo di valutare il costo ottimale anche secondo una prospettiva macroeconomica, affiancata a quella strettamente finanziaria.

Oltre ai costi diretti per il proprietario o l’investitore, gli Stati dovranno considerare le esternalità ambientali e sanitarie, ossia i costi indiretti legati alle emissioni di gas serra e agli impatti sulla salute pubblica. Sarà necessario, quindi, monetizzare il “costo sociale del carbonio” e i danni da inquinanti atmosferici come PM2.5 e NOx, seguendo le traiettorie di prezzo ETS definite a livello europeo. Questa impostazione amplia il concetto di convenienza economica, orientando le politiche verso una visione sistemica della sostenibilità, in cui i benefici ambientali assumono un valore misurabile e comparabile.

Flessibilità nazionale e limiti di tolleranza

Pur imponendo una metodologia comune, il regolamento riconosce agli Stati membri un margine di discrezionalità nella scelta del benchmark nazionale. Ogni Paese dovrà elaborare due calcoli paralleli – uno finanziario e uno macroeconomico – e decidere quale utilizzare come riferimento per i propri requisiti minimi di prestazione energetica.

Tuttavia, la flessibilità ha un confine preciso: i requisiti nazionali non potranno discostarsi di oltre il 15% dai livelli calcolati come ottimali. In questo modo Bruxelles assicura che nessun governo possa adottare soglie troppo permissive rispetto al potenziale tecnologico ed economico disponibile. Si tratta di un equilibrio delicato, che richiederà un confronto serrato tra amministrazioni tecniche e decisori politici nella definizione dei nuovi standard edilizi.

Applicazione dal 2026 e verso gli edifici a emissioni zero

Il Regolamento 2025/1511 entrerà in vigore il 20 novembre 2025 e si applicherà dal 1° gennaio 2026. Gli Stati membri avranno tempo fino al 30 giugno 2028 per trasmettere alla Commissione europea i risultati dei propri calcoli e i nuovi requisiti minimi nazionali. Qualora emergano differenze superiori al 15% rispetto agli standard vigenti, i governi dovranno presentare entro 24 mesi un piano di adeguamento.

Le regole appena approvate non si limiteranno alle ristrutturazioni, ma costituiranno la base per la definizione dei futuri edifici a emissioni zero (ZEB), standard obbligatorio per le nuove costruzioni. Ogni revisione del calcolo dei costi ottimali determinerà quindi un progressivo innalzamento delle prestazioni richieste, segnando l’avvio di una nuova fase di regolazione tecnica dell’edilizia europea, dove la sostenibilità diventa parametro economico e non solo ambientale.

Da ultimo va ricordato che l’Italia non ha inserito la Direttiva “Case Green” nel DDL Delegazione Europea 2025. Il Governo ha scelto di rinviare il recepimento, ritenendo la materia troppo complessa e onerosa per essere trattata insieme ad altre direttive di minore impatto. L’attuazione della EPBD IV comporta infatti obblighi stringenti sulla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio e rilevanti costi pubblici e privati. Inoltre, il termine di recepimento fissato al maggio 2026 lascia ancora margine per un provvedimento dedicato, probabilmente un decreto o una legge delega autonoma. Alcuni osservatori parlano di scelta strategica per evitare un confronto politico anticipato su obiettivi di efficienza energetica giudicati difficili da sostenere. Le associazioni di categoria hanno espresso preoccupazione per il ritardo, che potrebbe rallentare la transizione energetica e creare incertezza nel settore edilizio.

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