Parziarietà dei debiti condominiali e deroghe convenzionali nel riparto delle spese
L’intreccio tra le obbligazioni dei condomini verso il terzo creditore e la convenzione derogatoria ai criteri legali
Secondo l'autorevole e notissima soluzione enunciata dalla sentenza n. 9148 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, in riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi - in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, vincolando l’amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote -, la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui tali obbligazioni si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752, 754 e 1295 cod. civ. per i debiti ereditari.
Per le obbligazioni dei condomini verso terzi creditori insorte dopo il 18 giugno 2013 opera altresì il vigente art. 63, comma 2, disp. att., cod. civ., il quale configura, in capo ai condomini che abbiano regolarmente pagato la loro quota di contribuzione alle spese condominiali, ed in favore del terzo che sia rimasto creditore (per non avergli l'amministratore versato l'importo necessario a soddisfarne le pretese), un'obbligazione sussidiaria ed eventuale, favorita dal beneficium excussionis, avente ad oggetto non l'intera prestazione imputabile al condominio, quanto unicamente le somme dovute dai morosi.
Ai fini della presente riflessione, la sopravvenienza del riformato art. 63, comma 2, disp. att., cod. civ. è, quindi del tutto irrilevante, in quanto la legge n. 220 del 2012 non ha affatto superato, ma, anzi, ha dato per scontata la ricostruzione dell'attuazione parziaria dei debiti condominiali operata da Cass., sez. un., 8 aprile 2008, n. 9148.
L'archetipo argomentativo su cui poggia la sentenza n. 9148 del 2008 è che:
a) “la solidarietà viene meno ogni qual volta la fonte dell’obbligazione comune è intimamente collegata con la titolarità delle res”; b) nelle obbligazioni dei condomini la parziarietà si riconduce all’art. 1123 cod. civ., interpretato valorizzando la relazione tra la titolarità della obbligazione e quella della cosa; c) Si tratta di obbligazioni propter rem, che nascono come conseguenza dell’appartenenza in comune, in ragione della quota, delle cose, degli impianti e dei servizi e, solo in ragione della quota, a norma dell’art. 1123 cit., i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni:
d) “la mera valenza interna del criterio di ripartizione raffigura un espediente elegante, ma privo di riscontro nei dati formali”;
e) “quanto all’attuazione, tutte le spese disciplinate dall’art. 1223 cit. devono essere regolate allo stesso modo”; f) “per la loro ripartizione in pratica si può sempre fare riferimento alle diverse tabelle millesimali relative alla proprietà ed alla misura dell’uso”; g) L’amministratore agisce in giudizio per la tutela dei diritti di ciascuno dei condomini, nei limiti della loro quota, e solo in questa misura ognuno dei condomini rappresentati deve rispondere delle conseguenze negative”;
h) “l’amministratore non ha certo il potere di impegnare i condomini al di là del diritto, che ciascuno di essi ha nella comunione, in virtù della legge, degli atti d’acquisto e delle convenzioni. In proporzione a tale diritto ogni partecipante concorre alla nomina dell’amministratore e in proporzione a tale diritto deve ritenersi che gli conferisca la rappresentanza in giudizio. Basti pensare che, nel caso in cui l’amministratore agisca o sia convenuto in giudizio per la tutela di un diritto, il quale fa capo solo a determinati condomini, soltanto i condomini interessati partecipano al giudizio ed essi soltanto rispondono delle conseguenze della lite. Pertanto, l’amministratore - in quanto non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti dei suoi poteri, che non contemplano la modifica dei criteri di imputazione e di ripartizione delle spese stabiliti dall’art. 1123 c.c. - non può obbligare i singoli condomini se non nei limiti della rispettiva quota”;
i) “l’amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote: tutto ciò premesso, le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio dalla parziarietà. Ai singoli si imputano, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto ‘interesse del condominio', in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza”;
l) “Il contratto, stipulato dall’amministratore rappresentante, in nome e nell’interesse dei condomini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetti nei confronti dei rappresentati. Conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno”;
m) “la solidarietà avvantaggerebbe il creditore il quale, contrattando con l’amministratore del condominio, conosce la situazione della parte debitrice e può cautelarsi in vari modi; ma appare preferibile il criterio della parziarietà, che non costringe i debitori ad anticipare somme a volte rilevantissime in seguito alla scelta (inattesa) operata unilateralmente dal creditore. Allo stesso tempo, non si riscontrano ragioni di opportunità per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini al tempo della rivalsa, piuttosto che attuarla al momento dell’adempimento”.
C'è tuttavia da chiedersi come si deve ragionare allorché il terzo creditore voglia agire direttamente per l'adempimento pro quota nei confronti del singolo condomino moroso (sulla base dei dati comunicati dall'amministratore: art. 63, comma 1, disp. att., cod. civ.), ovvero voglia portare ad esecuzione un titolo di condanna conseguito nei confronti del condominio, allorché viga tra i condomini una “diversa convenzione” sulla ripartizione delle spese, e cioè un accordo unanime derogatorio ai criteri legali di cui all'art. 1123 cod. civ. (o agli artt. 1124 e 1126 cod. civ.).
Come pure è noto, la giurisprudenza intende che l’art. 1123 cod. civ., nel consentire la deroga convenzionale ai criteri di ripartizione legale delle spese condominiali, non pone alcun limite alle parti, sicché si reputa legittima non solo una convenzione che ripartisca le spese tra i condomini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l’esenzione totale o parziale per taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese medesime, arrivando al punto di affermare che la clausola del regolamento di condominio che stabilisca per una determinata categoria di condomini l’esenzione dal concorso in qualsiasi tipo di spesa (comprese quelle di conservazione) in ordine ad una determinata cosa comune, comporta addirittura il superamento nei riguardi di detta categoria di condomini della presunzione di comproprietà su detta parte del fabbricato (così, ad esempio, Cass. 25 marzo 2004, n. 5975; Cass. 14 luglio 2015, n. 14697).
Ed allora, in simili evenienze, il terzo creditore può agire comunque per ottenere dal singolo obbligato la quota ex lege di contribuzione alla spesa comune, o può/deve tener conto della misura (che, com'è ovvio, sarà, di soggetto in soggetto, minore per alcuni e maggiore per altri condomini) e semmai pure dell'esonero integrale convenzionalmente stabiliti?
Nel senso che la convenzione derogatoria ai criteri di legge ex art. 1123 cod. civ. resti del tutto irrilevante per il creditore condominiale militano più ragioni.L'efficacia della convenzione con la quale si deroga al regime legale di ripartizione delle spese comuni non può produrre effetti rispetto ai terzi per il principio della relatività dell'efficacia del contratto di cui all'art. 1372 cod. civ. (si veda Cass. 9 agosto 1996, n. 7353).
D'altro canto, anche in tema di pagamento dei debiti ereditari, la cui disciplina è richiamata “per similitudine” dalla sentenza n. 9148 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, si assume che il criterio legale di ripartizione pro quota è derogabile (dal testatore) nei rapporti interni fra i coeredi, ma non nel rapporto col creditore (se non, eventualmente, a vantaggio e mai a danno dello stesso: art. 1315 cod. civ.), il quale, anche se il debito sia stato addossato dal de cuius ad un solo erede, mantiene quindi il diritto di perseguire personalmente pure gli altri in proporzione della loro quota, lasciando all'erede preferito che abbia pagato “di più” il diritto di rivalersi secondo la disposizione testamentaria (art. 754 cod. civ. in relazione all'art. 752 cod. civ.).
Nel senso che la convenzione derogatoria ai criteri di legge ex art. 1123 cod. civ. assuma invece rilievo anche per il creditore condominiale militano alcuni degli argomenti posti a fondamento della stessa sentenza n. 9148 del 2008 delle Sezioni Unite. Anche il criterio contrattuale di ripartizione delle spese pattuito tra i condomini individua il debitore, seppur mediatamente, in correlazione con la contitolarità delle cose comuni. Al criterio convenzionale si finirebbe altrimenti per attribuire una “mera rilevanza interna” nel senso inviso delle Sezioni Unite. In presenza di una convenzione ex art. 1123, comma 1, cod. civ., i condomini dovrebbero risentire dell'operato processuale e sostanziale dell'amministratore sempre soltanto nei limiti del loro obbligo di concorrere alle spese comuni.
Se la clausola del regolamento che preveda l’esenzione di taluno dei condomini dall’obbligo di partecipare alle spese in ordine ad una determinata cosa comune comporta il superamento, nei riguardi dello stesso, della presunzione di comproprietà, l’amministratore comunque non potrebbe impegnare quel condomino al di là del rispettivo diritto di condominio, dovendo la convenzione derogatoria ai criteri legali di riparto incidere limitativamente altresì sulle attribuzioni e sul mandato dell'amministratore.
Ai singoli le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano pur sempre in proporzione alle rispettive quote di partecipazione alla ripartizione delle spese e non potrebbe accettarsi che il singolo condomino sia tenuto a pagare al terzo creditore più di quanto sia obbligato a versare alla gestione condominiale. Non si riscontrerebbero ragioni di opportunità per posticipare la ripartizione del debito tra i condomini, in attuazione dei criteri convenzionali, al tempo della rivalsa, piuttosto che realizzarla già al momento dell’adempimento.