Arrivano nuove regole sull’efficienza energetica: il decreto MASE riscrive i requisiti minimi per gli edifici, con effetti diretti sui lavori condominiali.
La Conferenza Unificata ha approvato lo schema di modifica del Decreto del Ministero del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica del 26 giugno 2015, il cosiddetto decreto “Requisiti Minimi”, rubricato “Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici”, che ridefinisce gli standard energetici/prestazionali minimi, introducendo dei parametri più stringenti rispetto al passato, che gli edifici devono rispettare al fine di ottenere la certificazione energetica.
Nel corso della seduta le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano hanno espresso parere favorevole all’intesa sugli artt. 1-9 e 11, posta come condizione all’assenso. La raccomandazione richiede la modifica relativa ai valori di trasmittanza termica U massima delle chiusure tecniche trasparenti e opache e dei cassonetti, comprensivi degli infissi. L’aggiornamento riguarda gli elementi verso l’esterno e verso ambienti non climatizzati oggetto di riqualificazione energetica. La richiesta è stata accolta dal Viceministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Vannia Gava, che ne ha formalizzato l’inserimento.
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L’intervento, che si è reso necessario, da un lato, per recepire al meglio la Direttiva EPBD III (Direttiva 2018/844/UE), dando così attuazione completa al D.Lgs. 48/2020, e, dall’altro, per riaffermare alcuni dei principi chiave della Direttiva Case Green, la cosiddetta EPBD IV, presuppone la modifica sostanziale, attraverso una nuova disciplina ottenuta con la sostituzione integrale degli Allegati 1 e 2 del D.M. 26 giugno 2015, di alcuni aspetti fondamentali della transizione energetica e dell’edilizia ecosostenibile, quali:
- l’ottenimento di un elevato standard abitativo e termo-igrometrico degli ambienti interni;
- il miglioramento della sicurezza degli edifici nell’ipotesi di incendio;
- il rafforzamento delle misure di prevenzione per il contenimento dei rischi relativi all’attività sismica;
- l’obbligo di dotazione degli stabili, a certe condizioni, di colonnine di ricarica dei veicoli elettrici o della relativa predisposizione infrastrutturale.
Si tratta, indubbiamente, di un provvedimento di notevole rilievo pratico –l’entrata in vigore è prevista entro 180 giorni dalla data della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale- che, di fatto, adegua i metodi ed i coefficienti di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici previste dal D.M. 26 giugno 2015, imponendo:
- prescrizioni più chiare per la (nuova) gestione dei ponti termici nel calcolo delle dispersioni energetiche;
- rivedendo anche gli indici di trasmittanza;
- fornendo ulteriori elementi per l’inquadramento concettuale delle nuove costruzioni, delle ristrutturazioni e delle riqualificazioni energetiche;
- la progettazione maggiormente aderente agli obiettivi fissati dall’UE, migliorare la qualità del patrimonio edilizio esistente e fornire agli operatori del settore dei dati tecnici coerenti con il Green Deal.
Gli ambiti di intervento
Lo schema di modifica del D.M. 26 giugno 2015 contiene una serie di novità che riguardano, in particolare:
- la variazione e l’aggiornamento delle norme tecniche di riferimento per calcolare la prestazione energetica degli edifici, con l’introduzione di nuovi parametri, quali le norme UNI/TS 11300-5, UNI/TS 11300-6 e UNI EN 15193 per l’illuminazione. Per effetto di questa innovazione, la prestazione energetica dell’intero fabbricato, con nuovi indici di trasmittanza, verrà calcolata adottando come criterio di riferimento l’energia annuale complessivamente necessaria per un uso standard dell’edificio, comprendendo nella valutazione il fabbisogno energetico per il riscaldamento, il raffrescamento, la ventilazione, la produzione di acqua calda ad uso sanitaria e, con riferimento agli immobili ad uso non residenziale, l’illuminazione ed il consumo energetico per garantire il funzionamento degli ascensori e delle scale mobili. Da questo punto di vista, fermo restando l’obbligo di recepimento delle direttive nazionali (normative tecniche UNI e CTI) e di adeguamento alle normative europee, di estremo interesse risulta essere l’inclusione tra i fattori da considerare per il calcolo della prestazione energetica del fabbricato dei ponti termici, ossia di quelle zone dell’involucro edilizio in cui l’isolamento è compromesso, così da determinare una zona di passaggio e di dispersione del calore, dall’interno verso l’esterno, presenti anche nell’edificio di riferimento (per edificio di riferimento del Decreto Requisiti minimi, si intende un modello teorico, virtuale, identico per geometria, orientamento e destinazione d’uso all’edificio reale, ma con caratteristiche termiche e parametri energetici predefiniti in modo rigoroso, che ha funzione di parametro e di confronto per valutare le prestazioni energetiche dell’edificio reale e determinarne, così, la sua energetica di appartenenza). Cambia, dunque, con incidenza diretta sull’attestazione di prestazione energetica (APE) e sulla Relazione ex Legge 10, la simulazione di calcolo che andrà effettuata e che, in conseguenza del modello introdotto dalla riforma, dovrà comprendere prima il calcolo della prestazione energetica dell’edificio di riferimento e, successivamente, il calcolo della prestazione energetica dell’edificio reale, in modo da poter confrontare i dati ed avere la reale classe energetica corrispondente;
- la classificazione degli edifici e la definizione degli interventi. Per quanto concerne la classificazione degli edifici, nello schema di riforma del Decreto Requisiti Minimi si stabilisce che si dovrà avere prioritariamente riguardo alla loro destinazione d’uso e che, nel caso di destinazione d’uso mista, si dovrà classificare l’edificio sulla base del volume climatizzato permanente. Quanto, invece, agli interventi edilizi, vengono introdotte nuove definizioni ai fini della prestazione energetica minima, ossia: a) la nuova costruzione, con la quale si identificano gli edifici aventi un titolo abilitativo rilasciato dopo l’entrata in vigore del decreto, che comprende anche demolizioni/ricostruzioni ed ampliamenti significativi (ossia maggiori rispetto al 15% del volume esistente o maggiori a 500 m³ lordi climatizzati). Per questi ultimi, la verifica dei requisiti minimi riguarda solo: a) la nuova porzione: se poi l’ampliamento è servito da sistemi preesistenti, il calcolo della prestazione energetica sarà relativo ai dati tecnici degli impianti comuni; b) le ristrutturazioni importanti di primo o secondo livello, ossia rispettivamente, quelle che incidono per oltre il 50% della superficie disperdente lorda dell’intero edificio e che interessano l’impianto termico del fabbricato (ristrutturazioni importanti di primo livello) e quelle che incidono per una percentuale superiore al 25%, ma inferiore al 50%, della superficie disperdente lorda e che possono interessare l’impianto termico (ristrutturazioni importanti di secondo livello); c) le riqualificazioni energetiche, vale a dire quegli interventi che non rientrano nelle ristrutturazioni importanti di secondo livello, quindi che riguardano fino al 25% della superficie disperdente lorda, o che consistono in nuove installazioni/ristrutturazioni parziali di impianti;
- gli edifici ad energia quasi zero (noti anche come Nearly Zero Energy Building o NZEB). Sono quegli edifici, esistenti o di nuova costruzione, che rispettano contemporaneamente i requisiti prestazionali minimi e gli obblighi di produzione energetica da fonti rinnovabili. In particolare, un edificio può definirsi NZEB solo se vengono osservati –contestualmente- sia i requisiti indicati nella lettera b), del comma 2, del paragrafo 3.3 del Decreto Requisiti Minimi, calcolati secondo i valori vigenti dal 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici e dal 1° gennaio 2021 per tutti gli altri edifici, che gli obblighi di integrazione delle fonti tradizionale con quelle energetiche rinnovabili, in ossequio ai principi stabiliti dal Decreto Legislativo numero 199/2021. Anche rispetto ad essi, dunque, interviene la riforma del DM 26/06/2015, fissando i (nuovi) elementi che un edificio deve presentare per poter essere definito ENZB.
Le novità in materia condominiale
Da questo punto di vista, il nuovo del decreto “Requisiti Minimi” prevede:
- per gli edifici residenziali, nel senso sopra descritto, l’obbligo di predisporre apposite allocazioni per contenere le canalizzazioni ed il cablaggio per la successiva installazione degli impianti di ricarica elettrica dei veicoli;
- per gli edifici non residenziali, l’obbligo di installare le colonnine di ricarica per veicoli elettrici in tutti gli edifici di nuova costruzione che abbiano più di 10 posti auto e in tutte le ipotesi di interventi edilizi riconducibili alla categoria delle ristrutturazioni rilevanti, secondo la definizione proposta all’interno dello schema di riforma.
Ricordiamo che, in relazione all’installazione delle colonnine elettriche condominiali, il nuovo decreto “Requisiti Minimi” non incide sulla definizione dell’intervento e sulle maggioranze assembleari necessarie per deliberarlo, in quanto esso presuppone il richiamo alla normativa tuttora in vigore.
In particolare, l’art. 17-quinquies del D.L. 83/2012 – al netto delle prescrizioni squisitamente edilizie ed urbanistiche, che non saranno oggetto d’analisi - dispone che le opere murarie ed edilizie per l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica in condominio, classificabili come manutenzione straordinaria, devono essere approvate dall’assemblea dei condòmini, in seconda convocazione, con la maggioranza prevista dall’art. 1136, comma 3 cod. civ., vale a dire che è possibile procedere all’installazione validamente deliberata col voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio.
Resta inteso che, nelle ipotesi di mancato raggiungimento del quorum per inerzia dell’organo deliberativo dell’ente di gestione, il singolo condòmino potrà, a sua scelta:
- rivolgersi al Tribunale competente, che è quello del luogo nel quale si trova l’immobile, chiedendo che il giudicante, attraverso un provvedimento di volontaria giurisdizione, imponga l’adeguamento normativo all’inerte compagine assembleare (in questo senso, la recentissima pronuncia del Tribunale di Pavia dell’8 luglio 2025);
- ovvero, installare la colonnina a proprie spese, avendo cura di rispettare eventuali divieti contenuti nel regolamento condominiale di natura contrattuale, la stabilità, la sicurezza e il decoro architettonico del fabbricato e il principio di cui all’articolo 1102 del codice civile, per il quale il ogni partecipante al condominio può ben ricavare dalla cosa comune (l’area parcheggio) un’utilità maggiore derivante dal suo uso più intenso, a condizione che non ne alteri la destinazione originaria e non pregiudichi il diritto degli altri condòmini a farne un pari uso potenziale.
Contestualmente, nella versione del decreto licenziata dalla Conferenza Unificata, viene introdotto il concetto di parcheggio adiacente all’edificio , ossia uno spazio esterno, altro rispetto alla tradizionale corte comune, funzionalmente collegato all’immobile nel suo complesso considerato che, in caso di ristrutturazioni importanti, può essere incluso nell’ambito delle misure di riqualificazione energetica ed utilizzato proprio ai fini dell’allocazione delle colonnine elettriche.
Ovviamente sono stabiliti standard minimi di dotazione in base alla destinazione d’uso dell’immobile, a seconda che sia residenziale, pubblico o privato, e sono previste specifiche caratteristiche tecniche per garantire la sicurezza del condominio – si ricorda, in proposito, la permanente cogenza delle norme antincendio - e l’eventuale interazione con altre fonti di energia rinnovabile presenti all’interno del medesimo stabile.
Interessante, infine, anche il punto di contatto esistente –per evidente coincidenza di finalità perseguite- tra le disposizioni del nuovo decreto Requisiti miranti a garantire la qualità dell’aria degli ambienti interni, l’assenza di muffe e di fenomeni di condensa, e quella che ha inserito le vetrate panoramiche amovibili nell’ambito dell’edilizia libera, disciplinandone le regole che presiedono all’installazione, e che, in condominio, costituiscono delle fattispecie di frequente ricorrenza pratica.
Al riguardo, si ricorda che l’art. 6, comma 1, lettera b-bis) del D.P.R. 380/01, nel dettare le condizioni che occorre – rigorosamente - rispettare per poter realizzare le cosiddette VEPA in regime di edilizia libera, stabilisce che: “(…) Tali strutture devono favorire una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici (…).”
L’attività formativa dell’amministratore di condominio
Se, come detto, non vengono alterate le maggioranze né modificati i quorum deliberativi, è altrettanto vero che gli obblighi infrastrutturali minimi previsti per effetto dell’entrata in vigore del D.M. 26 giugno 2015, soprattutto in relazione agli impianti di ricarica dei veicoli elettrici, avranno un’incidenza diretta sulla pianificazione degli interventi condominiali, favorendo la diffusione sempre maggiore della mobilità green ed effettivamente sostenibile e la contestuale riduzione delle emissioni dannose, contribuendo, inoltre, ad un’ulteriore professionalizzazione del ruolo dell’amministratore, chiamato sempre più frequentemente ad assolvere ad un onere, formativo ed informativo, avente una duplice finalità:
- porre la compagine condominiale nelle migliori condizioni per recepire i necessari adeguamenti normativi;
- fari sì che l’assemblea si trovi pronta alla costituzione –contestuale alla deliberazione delle opere- del fondo speciale necessario, a pena di nullità della delibera, ai sensi dell’art. 1135 cod. civ.
Da questo punto di vista, dunque, non può non riconoscersi la portata innovativa del provvedimento che aggiorna il D.M. 26 giugno 2015, in quanto attribuisce all’amministratore professionista un compito di fondamentale importanza nel processo di transizione, in atto ormai da qualche anno, che –anche passando attraverso la vicenda del superbonus 110% e del Decreto Rilancio - mira all’affermazione concreta, sempre più vicina, del modello dello smart building, ossia di un edificio intelligente “che fornisce un ambiente produttivo e conveniente attraverso l’ottimizzazione dei suoi quattro elementi base (strutture, sistemi, servizi, gestione) e la loro interrelazione.”
Si prevedono, infatti, requisiti per installare generatori a biomasse, per il trattamento e la sanificazione dell’acqua negli impianti termici, per la contabilizzazione del calore ed ancora, secondo il tipico paradigma dello smart building, misure per favorire il ricorso ai sistemi di automazione e regolazione (BACS) per edifici non residenziali, oltre che ai dispositivi di autoregolazione della temperatura per ogni vano.
Conto Termico 3.0, più incentivi per efficienza e rinnovabili negli edifici
di Stefano Baruzzi - Dottore commercialista