Condominio

Lecito installare nel cortile condominiale tubi e cavi per l'allaccio delle utenze private agli impianti comuni

L'interramento non costituisce una servitù gravante sull'ente di gestione, ma semplice utilizzo più intenso della cosa comune.

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di Roberto Rizzo

Una società costruttrice, proprietaria di ben cinque lofts ubicati all'interno di un ampio complesso residenziale, conveniva in giudizio il condominio, innanzi al Tribunale di Milano, al fine di ottenerne la condanna in proprio favore al risarcimento dei danni presuntivamente subiti, e derivanti dall’illegittimo diniego di autorizzazione all’utilizzo delle parti comuni.
In particolare, l'attrice contestava la volontà dell'assemblea di negarle l'autorizzazione all'utilizzo degli impianti di acqua, luce, gas, citofono, antenna TV e fognature, il cui collegamento con i cinque lofts in oggetto, implicava lo scavo del cortile interno condominiale e l’interramento di cavi e tubazioni.

Le pronunce di merito

A supporto ulteriore delle proprie argomentazioni, la società evidenziava come l'esecuzione materiale delle opere edìli in oggetto, fosse già stata espressamente autorizzata dal giudice all’esito di un (altro) precedente procedimento d'urgenza, instaurato ai sensi dell'articolo 700 del Codice di procedura civile.A seguito della costituzione in giudizio del condominio, che proponeva anche domanda riconvenzionale, il Tribunale milanese, con sentenza 13546/2013, rigettava le domande della parte attrice e, in accoglimento della riconvenzionale, condannava l'impresa alla rimozione di tutti gli allacciamenti agli impianti ed ai servizi condominiali creati a vantaggio delle unità immobiliari di sua esclusiva proprietà.

In particolare, per il Tribunale, la realizzazione di nuove condutture, con necessario scavo nel cortile condominiale, gravava l'immobile del passaggio di linee prima inesistenti, determinando, di fatto, la costituzione di una servitù.Proposto appello dalla soccombente avverso la citata sentenza, e costituitosi in giudizio il condominio che contestava le avverse richieste, la Corte d'appello di Milano, con sentenza 3067/2016, in accoglimento parziale del gravame, dichiarava inammissibile la domanda di rimozione degli allacciamenti eseguiti dalla società, rigettava le richieste risarcitorie ritenute non provate e compensava le spese di lite.

Il ricorso in Cassazione

Avverso la decisione della corte distrettuale, l'appellante ricorreva alla Suprema corte e il resistente, costituitosi anche in terzo grado, spiegava articolato ricorso incidentale.La corte di Cassazione, con la sentenza 29621 del 11 ottobre 2022, rigettava entrambi i ricorsi, sia quello principale che quello incidentale, e compensava integralmente le spese di lite.In relazione al mancato risarcimento dei danni eccepito dalla ricorrente, fondante il ricorso principale, la Suprema corte ha osservato che il giudice d'appello, nell’esercizio del suo potere discrezionale, ha respinto la richiesta risarcitoria relativa ai danni derivanti dalla mancata messa in vendita degli appartamenti, con motivazione congrua e non contestabile.

La Corte d'appello, ha, infatti, rilevato, nel contegno processuale dell'impresa, assoluta carenza probatoria e mancanza in atti di qualsiasi elemento dal quale desumere che il ritardo nell’esecuzione dei lavori (di allacciamento agli impianti) avesse comportato la perdita concreta della possibilità di vendere (o di locare) i singoli immobili.Un simile ragionamento, immune da vizi logici e formali, è apparso condivisibile e per ciò stesso ha precluso al giudice di legittimità la possibilità di riesaminare, sul punto, l’intera vicenda processuale (Cassazione 331/2020; Cassazione 753/2017).Parimenti non meritevole di accoglimento appare alla Cassazione, il ricorso incidentale proposto dal condominio.

Il principio di diritto

Accertata (anche nel caso di specie) la qualità di condòmina della ricorrente, è, infatti, pacifico che il comproprietario di un cortile possa installare nel sottosuolo tubature per lo scarico fognario e l’allacciamento del gas a vantaggio (esclusivo) della propria unità immobiliare, trattandosi di un uso conforme all’articolo 1102 del Codice civile.Un simile impiego della cosa comune, infatti, non limita, né condiziona, il potenziale pari uso degli altri, né, parimenti, consente di configurare l'ipotesi della costituzione di una servitù, come erroneamente presupposto dal giudice di primo grado (Cassazione 18661/2015). Inoltre, osservano gli ermellini, l’allaccio di nuove utenze ad un impianto condominiale già esistente non costituisce di per sé una modifica dello stesso, in quanto una rete di servizi (sia essa fognaria, elettrica, idrica o di altro tipo) è per sua stessa natura suscettibile di accogliere nuove utenze.

Sarà, dunque, onere del condominio che voglia opporsi, provare che il collegamento di nuove utenze incida negativamente sulla funzionalità dell’impianto, non potendo, peraltro, affermarsi che il divieto all’allaccio sia finalizzato ad impedire un eventuale mutamento di destinazione d'uso delle singole unità immobiliari (Cassazione 21832/2007).Correttamente ha operato, secondo la Cassazione, il giudice d'appello nel ritenere ininfluente l’accertamento dello stato originario dei luoghi, affermando, altresì, che la consistenza dell’intervento edilizio avrebbe potuto, al massimo, rappresentare motivo di revisione delle tabelle di ripartizione delle spese relative ai nuovi impianti a servizi dei lofts, questione tuttavia non oggetto della controversia.Tali considerazioni inducono al rigetto di entrambi i ricorsi ed alla dichiarazione di sussistenza dei presupposti per il versamento, sia da parte del ricorrente principale che del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

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