Condominio

Mancato godimento dell’immobile, come quantificare il danno

Non potendone definire l’ammontare preciso, viene liquidato equitativamente sulla base del canone locativo di mercato[Sommario visualizzato in Homepage]

di Fabrizio Plagenza

Dei danni da cosa in custodia si è occupato il Tribunale di Roma con la sentenza 18007/2022 che qui interessa per un altro profilo probatorio: la quantificazione del danno derivante da mancato godimento dell’immobile.

La vicenda

Una condomina citava in giudizio il condominio e la proprietaria dell’appartamento sovrastante, reclamando una condanna all’esecuzione degli interventi necessari a eliminare la causa dei fenomeni infiltrativi. Non solo: chiedeva anche che venisse loro ordinato il risarcimento dei danni per l’indisponibilità dell’immobile. Costituendosi in giudizio con separate difese, i convenuti si opponevano alle due domande e ne chiedevano il rigetto. Quanto alle testimonianze documentali acquisite, la causa veniva istruita con l’acquisizione del materiale offerto dalle parti e l’espletamento della Ctu, all’esito della quale emergeva la presenza, sull’intero immobile di proprietà della parte attrice, di diverse macchie di umidità diffuse sulle pareti e sui soffitti, oltre che ampi distacchi di tinta e intonaci. Fenomeni addebitabili, a detta del consulente tecnico, alla responsabilità ex articolo 2051 Codice civile di condominio e proprietaria (responsabilità da cosa in custodia).

Le infiltrazioni rendono l’immobile meno godibile

Vale la pena ricordare che, in merito al danno da cosa in custodia, la Suprema corte ha chiarito che si tratta di responsabilità scaturente da ipotesi di natura oggettiva e soggettiva e che il limite che interrompe il nesso causale tra condotta ed evento è costituito dal caso fortuito, fattore che non attiene a un comportamento del responsabile ma al profilo causale dell’evento (Cassazione, 3672/1997). D’altro canto, il condominio, quale custode di beni e servizi comuni, «è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinchè le cose comuni non rechino pregiudizio ad altri condomini o a terzi estranei al condominio» (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, 2188/2022). Il Ctu appurava che «le accertate infiltrazioni non consentivano l’uso dell’immobile in sicurezza e nel rispetto delle condizioni minime di igiene e salubrità degli ambienti, pregiudicando, dunque, il diritto di godimento del proprietario nella sua interezza».

La liquidazione del risarcimento

Da un punto di vista di onere della prova, il fatto costitutivo del diritto al risarcimento del danno era dato dalla «concreta possibilità del godimento che è andata perduta e dalla violazione in sé di siffatto diritto. Tale danno, non potendo essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato equitativamente facendo riferimento al canone locativo di mercato, avuto riguardo ai parametri Omi dell’agenzia delle Entrate per immobili similari». Nella specie, risultava che l’immobile di proprietà dell’attore era costituito da un locale negozio a piano terra e da un locale cantina con ripostigli e bagno al piano interrato per una superficie totale commerciale di 35 mq . «La quantificazione del danno - secondo il Giudicante - poteva essere operata avuto riguardo ai parametri Omi in atti indicati al minimo». Il totale complessivo, sulla base dei parametri su indicato, ammontava ad euro 23.654,00, «così equitativamente determinato all’attualità, oltre interessi al tasso legale dalla data della decisione al soddisfo».

Il verdetto del Tribunale

In conclusione, i convenuti devono essere condannati al risarcimento del danno subìto dalla parte attrice e che si liquida in complessivi 32.454,00 euro, oltre interessi al tasso legale dalla data della decisione al soddisfo, di cui, nei rapporti interni tra i convenuti, un terzo a carico della condomina e due terzi a carico del condominio.

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