Condominio

Oneri condominiali, l'amministratore può riscuoterli in contanti

Dovendo garantire la corretta corrispondenza contabile tra importi riscossi deve però subito versare sul conto corrente condominiale il denaro ricevuto

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di Luigi Salciarini

In una pronuncia che si occupa, tra l'altro, di un'impugnazione del singolo condomino della delibera di approvazione dei bilanci, il Tribunale di Napoli (sentenza 1232 del 3 febbraio 2023) rilascia un'affermazione dalla rilevante portata pratica che, a quanto è dato, risulta essere sull'argomento una novità per chiarezza e nettezza: nell'effettuare la riscossione delle quote di oneri condominiali è consentito all'amministratore di ricevere la moneta contante.

Esattamente, il giudice partenopeo, sul punto, precisa che: «il comma 8 dell'articolo 1129 Codice civile obbliga l'amministratore a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condòmini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio ma non vi è divieto di raccogliere le quote in contanti per poi trasferirle sul conto».

L’utilizzo del contante

Il tenore letterale della pronuncia, seppur assai sintetico, ci fornisce, leggendo tra le righe, più d'una informazione:
a) l'utilizzazione del denaro contante è una questione che, a ben vedere, riguarda l'amministratore e non i condòmini (considerato che il comma 8 dell'articolo 1129 Codice civile pone un obbligo di “transito” sul conto corrente “obbligatorio” del condominio nei confronti di tale soggetto ma non influisce sulla sfera giuridica dei singoli partecipanti);
b) in conseguenza, va valutata la legittimità della riscossione da parte dell'amministratore (si badi, non del pagamento) alla luce del disposto del predetto comma 8 e, a tal fine, il giudice partenopeo afferma che non sussiste alcun divieto di “raccogliere” in contanti i pagamenti effettuati dai singoli condòmini;
c) a ciò va aggiunto, però, che, proprio con riferimento al predetto obbligo di transito «su uno specifico conto corrente», l'amministratore che riscuote in contanti è tenuto a “versare” le somme in detto conto condominiale.

L’obbligo di trasparenza

Può dirsi con sufficiente certezza che il Tribunale di Napoli coglie bene il senso della prescrizione del Codice civile che è evidentemente quella di impedire che possa verificarsi la nota “confusione” patrimoniale (la quale, più d'una volta, è stata stigmatizzata dalla giurisprudenza fino al punto di farne sufficiente ragione di revoca giudiziale dell'amministratore: Cassazione 7162/2012; Tribunale Monza 18 gennaio 2006; Tribunale Torino 3 maggio 2000; Tribunale Milano 15 dicembre 1995 e 29 settembre 1993).Quindi, il punto non è pagare o non pagare in contanti ma evitare che l'amministratore gestisca in maniera non trasparente il sistema di riscossioni/erogazioni connaturato alla gestione dell'edificio: secondo tale impostazione è sufficiente che il “contante” riscosso sia versato sul conto.

Peraltro, qualsiasi interpretazione giuridica che voglia rispettare un canone di minima coerenza con l'ordinamento non potrebbe bypassare la specifica normativa sull'utilizzo dei contanti che incontestabilmente ritiene lecito qualsiasi pagamento e/o riscossione che non superi i 5.000,00 euro (esattamente dal 1° gennaio 2023, ex articolo 1, comma 384, legge 197/2022).Se il pagamento in contanti fino a tale importo è lecito, in via generale, per tutte le altre transazioni non può che esserlo anche in ambito condominiale.

La corrispondenza contabile tra importi riscossi

A corollario di quanto sopra, va tuttavia considerato un aspetto nient'affatto marginale e che può essere rappresentato con questa domanda: qual è il criterio – nel passaggio del denaro dal singolo condomino alla cassa comune (tenuta dall'amministratore) e poi dalla cassa al conto corrente – al quale l'amministratore deve attenersi per non violare il disposto del citato comma 8 dell'articolo 1129 Codice civile (cioè, per rispettare l'obbligatorio transito sul conto)?

A parte un generale richiamo alla cosiddetta diligenza “qualificata” (di cui al comma 2 dell'articolo 1176 Codice civile ) che viene sempre a proposito nel caso in cui ad operare sia un “professionista”, è evidente che l'amministratore non potrà porre in essere alcun comportamento nemmeno “elusivo” e, quindi, non solo dovrà osservare una perfetta corrispondenza contabile tra importi riscossi in contanti dai condòmini e i versamenti sul conto corrente condominiale (magari predisponendo un'idonea documentazione di entrata e di uscita della provvista) ma anche, e soprattutto, non potrà effettuare alcun pagamento in nome del condominio con gli importi temporaneamente giacenti sulla “cassa” (in attesa di essere versati sul conto).

Quello che appare evidente, riguardo questo particolare aspetto della gestione dell'edificio, è che il problema non è la riscossione in contanti dai condòmini, ma che ogni pagamento e ogni erogazione verso l'esterno lasci traccia nell'estratto conto.

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