Raccomandata inviata… convocazione effettuata
Cosa succede se il condòmino dichiara di non aver mai ricevuto la raccomandata di convocazione all'assemblea? E, peggio ancora, cosa accade se il condòmino ritiene che la propria firma apposta sulla ricevuta di ritorno sia falsa?
L'assemblea è l'organo principale del condomìnio in quando è al suo interno che si forma la volontà dei condòmini e che si determinano le scelte dirette a gestire i beni comuni. Ogni condòmino ha il diritto di partecipare all'assemblea il che determina, per l'amministratore, l'obbligo-onere di procedere alla convocazione dei singoli condòmini. In linea di massima tale onere viene adempiuto inviando una raccomandata con avviso di ricevimento. Ma cosa succede se il condòmino dichiara di non aver mai ricevuto la raccomandata? E, peggio ancora, cosa accade se il condòmino ritiene che la propria firma apposta sulla ricevuta di ritorno sia falsa?
Il condomino impugna i verbali
Un condominio impugna i verbali dell'assemblea sostenendo di non aver ricevuto il prescritto avviso di convocazione. Il condomìnio replica d'aver inviato le convocazioni con lettera raccomandata ed esibisce la ricevuta di ritorno firmata dal condòmino recalcitrante e dal postino. Quest'ultimo, chiamato a testimoniare, conferma di aver consegnato il plico al destinatario (e non poteva essere diversamente). La situazione sembra risolta a favore del condomìnio ma… il condòmino ha un asso nella manica: disconosce le firme apposte sulle ricevute di ritorno delle raccomandate che, a suo dire, sarebbero state falsificate. Vengono effettuate due perizie calligrafiche che non sciolgono i dubbi anzi, per quanto possibile, li aumentano; la prima perizia ritiene la firma autografa, la seconda esprime parere diametralmente opposto. A questo punto si applica un principio basilare: chi sostiene un fatto deve provarlo quindi, se il condòmino sostiene che le firme siano state falsificate e non riesce a fornire la prova inconfutabile di quanto asserito…. perde la causa!
L'articolo 1335 cod. civ.
La partita si gioca sull'interpretazione dell'art. 1335 codice civile. La norma prevede che la dichiarazione diretta a una persona si reputa da essa conosciuta nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario. Il destinatario può difendersi solo provando di essere stato, senza propria colpa, nell'impossibilità di averne notizia. In sostanza, se il condomìnio ti invia la convocazione dell'assemblea per raccomandata, questa si considera ricevuta. Su queste basi la Corte d'appello accoglie la tesi del Condomìnio.
Il ricorso in Cassazione
Il condòmino non si arrende e ricorre alla Cassazione. A suo avviso la Corte territoriale sarebbe incorsa in errore ritenendo che il condòmino non avrebbe fornito la prova delle proprie affermazioni. La falsità delle sottoscrizioni sarebbe stata provata con una delle due perizie e con alcune comunicazioni inviate all'amministratore in cui si chiedevano spiegazioni sull'accaduto.
La Cassazione rigetto il ricorso: partita vinta dal condomìnio
La Cassazione (Sez. II civile, ordinanza del 12 marzo 2021 n., 7066) consacra la vittoria del condomìnio. Ma… per quale ragione? I fatti si svolgono negli anni 2004-2005, quindi in epoca precedente alla riforma del condomino. Il giudice d'appello, di conseguenza, si è adeguato alla giurisprudenza dell'epoca che si fondava su due pilastri: l'articolo 66 disp. att. c.c.. e l'articolo 1136 codice civile. Secondo l'articolo 66 delle disp. att., ogni condòmino deve essere messo nelle condizioni di intervenire all'assemblea ricevendo in tempo utile l'avviso di convocazione che, quale atto unilaterale recettizio, non solo deve essere inviato ma, soprattutto, deve essere ricevuto dal condòmino almeno cinque giorni prima della data fissata per l'adunanza di prima convocazione.
L'articolo 1335 del codice civile, dal suo canto, presuppone che la raccomandata pervenuta all'indirizzo del condòmino sia stata da questo ricevuta. Di conseguenza, il condomìnio deve fornire la prova di aver spedito l'avviso di convocazione (e assolve a tale obbligo provando di aver spedito la raccomandata) e che questo è effettivamente pervenuto all'indirizzo del destinatario (prova ottenuta esibendo la ricevuta di ritorno firmata dal destinatario e dal postino). Sulla base di questi due pilastri, il giudice può basare il proprio convincimento sulla circostanza che l'avviso di convocazione sia stato inviato con raccomandata e che questa sia stata recapitata al destinatario che ha apposto la propria firma sulla relativa ricevuta di ritorno.
Corretto l'operato del giudice d'appello
La Cassazione fa il punto della situazione. Il condòmino ha ritenuto di paralizzare la difesa del condomìnio eccependo la falsità delle firme apposte sulle ricevute di ritorno ma avrebbe dovuto presentare querela di falso (e non lo ha fatto). Le firme, sottoposte a due diverse perizie, hanno dato esito contrastante e non risolutivo. Il giudice d'appello ha poggiato il proprio convincimento su una serie di circostanze: l'avviso di convocazione era stato correttamente inviato con raccomandata; il condomìnio aveva esibito le ricevute di ritorno delle raccomandate firmate sia dal destinatario che dal postino; quest'ultimo, chiamato a testimoniare, aveva confermato d'aver recapitato la raccomandata al destinatario. E' vero che il postino non ha l'obbligo di accertarsi dell'identità della persona del destinatario, ma è anche vero che la decisione si basa su una serie di elementi concordanti e difficili da contrastare.