Condominio

All’usucapione resistono i condòmini e non l’amministratore

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di Rosario Dolce

La rappresentanza in giudizio dell'amministratore è disciplinata dall'articolo 1131 del Codice civile: «Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitegli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, l'amministratore può agire in giudizio sia contro i condòmini scontro i terzi».

Il secondo comma della norma richiamata riguarda, invece, la legittimazione passiva, cioè quella riguardante i casi in cui è il condominio ad essere citato in giudizio da altri soggetti (condòmini o terzi), per cui si precisa che l'amministratore: «Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio…»:

Esorbitare dalle attribuzioni
Nei casi cui la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell'amministratore, è previsto che questi sia tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea dei condòmini, affinché stabilisca essa stessa quale decisione assumere al riguardo.

Il principio
In effetti, non sempre in una causa “condominiale” la legittimazione a resistere in giudizio spetta all'amministratore. L'ordinanza della Suprema Corte della Cassazione n. 789 pubblicata in data 16 gennaio 2020 (relatore Antonio Scarpa) è, al riguardo, significativa, discorrendo di legittimazione in capo ai singoli condòmini. Ma procediamo con ordine.

Il fatto e la domanda riconvenzionale
Succedeva che un condominio, in persona dell'amministratore, agiva contro un condòmino per ottenere il riconoscimento della proprietà antistante a un posto auto , occupato dal medesimo.

Quest'ultimo, a fronte della pretesa giudiziaria formulata dal condominio, non solo si difendeva ma passava all'attacco, formulando una cosiddetta domanda riconvenzionale (di cui agli articoli 34 e 26 codice procedura civile): cioè chiedeva, a sua volta, l'accertamento in proprio favore della proprietà dell'area in contesa, assumendo di averla usucapita, in virtù di un possesso continuativo , pacifico ultraventennale (cfr, articolo 1158 codice civile).

Rapporto plurisoggettivo unico
La domanda riconvenzionale, vertendo sull'ampiezza della proprietà comune, ovvero su un “rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile” (così definito in ordinanza), comportava quindi la legittimazione a resistere in giudizio da parte dei singoli proprietari, cioè degli altri condòmini, più che del semplice condominio.
In altri termini, l'amministratore del condominio, rispetto a tale tipo di domanda, non era legittimato a resistere in giudizio.

La dottrina (sconfessata)
Il collegio, in punto, critica quella parte della dottrina, secondo cui, a norma dell'articolo 1131 del Codice civile, l'amministratore può essere contenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio. Al fine, viene precisato che, per consolidata interpretazione giurisprudenziale, il potere rappresentativo che spetta all'amministratore di condominio si riflette nella facoltà di agire e di resistere in giudizio unicamente per la tutela dei diritti sui beni comuni e non di altro ancora (tra le tante, sono richiamate le seguenti pronunce: Cassazione civile 26208/2019; 10745/2019; 14765/2012).

Conseguentemente, i giudici di legittimità escludono dalla legittimazione passiva dell'amministratore le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni posti in proprietà comune, e, cioè, quelle che afferiscono il relativo diritto di comproprietà.
Marcare tale differenza, in tema di legittimazione passiva – così spiega il giudice relatore (Antonio Scarpa) - è utile per assicurare la regolare corrispondenza tra le attribuzione dispositive dell'amministratore e dell'assemblea e la legittimazione a far valere nel processo le posizioni dominicali.

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