Condominio

Ammanco di cassa e responsabilità dell’ex amministratore

Quest’ultimo deve agire con la massima trasparenza per ogni incasso o esborso

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di Fabrizio Plagenza

Ancora una volta, il Tribunale di Roma, torna ad occuparsi dell'ammanco di cassa. La causa nasce poiché il condominio conveniva in giudizio l'ex amministratore alla luce del fatto che, sulla base della documentazione consegnata e dagli estratti del conto corrente condominiale, era emerso, con riguardo alla gestione relativa agi anni 2016, 2017 e 2018, un ammanco di cassa pari ad euro 64.509,55. Il Tribunale di Roma, con la sentenza 2864 depositata il 22 febbraio 2022, ha definito un giudizio istruito mediante Ctu ed in assenza del convenuto, rimasto contumace. La contumacia, tuttavia, non esonera chi vuol fare valere un proprio diritto in giudizio, a dover provare i fatti che ne stanno a fondamento.

I doveri dell’amministratore
Fatta questa doverosa premessa e, pertanto, ribadito che l'onere probatorio resta a carico dell'attore, il giudice capitolino precisa che «l'azione per il rendimento del conto non discende dal conferimento del mandato sebbene sorge dall'esecuzione del mandato stesso da parte del mandatario». Ciò posto, ove l'ex amministratore venga convenuto in seguito ad azione di rendiconto, quest'ultimo deve fornire la prova non solo dell'entità della causale degli esborsi ma anche di tutti gli elementi di fatto sulle modalità di esecuzione dell'incarico utili per la valutazione del suo operato in relazione ai fini perseguiti, ai risultati raggiunti ed ai criteri di buona amministrazione e di condotta prescritti dall'articolo 1710 Codice civile e, per quanto riguarda l'amministratore del condominio, dall'articolo 1130 bis Codice civile che ne prevede le modalità di resa e dall'articolo 1129 Codice civile che prevede, fra le cause di revoca, la mancata resa del conto.

E quelli del condominio
Va detto che il condominio che lamenti un malaccorto o, addirittura, infedele impiego del proprio denaro da parte dell’amministratore che l’abbia gestito «è onerato della prova» (da fornirsi attraverso tanto la contabilità - se regolarmente tenuta e approvata - e/o i versamenti eseguiti e le uscite comprovate da documenti di spesa quanto i movimenti del conto corrente) che l’esercizio in contestazione si è in realtà chiuso, non già con debiti di gestione, ma con veri e propri avanzi di cassa, o puntualmente riportati nel bilancio successivo come partite in entrata (e poi, a un certo punto, “dispersi”, senza una corrispondente, effettiva partita in uscita) oppure sin dall’inizio fraudolentemente occultati. Così, testualmente, afferma il giudice in sentenza.

Da provare ogni incasso ed esborso
Di contro, l'amministratore cessato dall'incarico è onerato, in quanto contrattualmente debitore, verso il condominio, della propria prestazione (anche professionale) di mandatario, della prova della corretta amministrazione e, perciò, in particolare, dell’effettivo e accorto impiego di tutte le somme riscosse per pagare le spese di volta in volta preventivate o imposte dall’urgenza (previa puntuale registrazione di ogni singolo incasso - con la relativa provenienza - e di ogni singolo esborso - in corrispondenza di adeguata documentazione giustificativa ).

Come detto, in giudizio, in via istruttoria veniva richiesta ed ottenuta una consulenza tecnica d'ufficio (e ciò anche se l'ex amministratore era rimasto contumace). Il Ctu, in particolare, dall'esame e dalla verifica della documentazione disponibile, constatava che tra entrate ed uscite nell'anno 2016, l'attivo di cassa al 31 dicembre 2016 avrebbe dovuto essere pari ad euro 54.573,34 ma, al contrario, era stata riscontrata una giacenza sul conto corrente condominiale di soli euro 669,59. Il risultato era un ammanco di cassa per prelevamenti non giustificati che ammontava ad euro 53.903,75. Seguivano controlli anche per le altre annualità che avevano le stesse sorti. La domanda di condanna al risarcimento del danno a carico dell'ex amministratore veniva, pertanto, accolta.

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