I temi di NT+Superbonus

Cessioni anche dopo il 31 marzo con la sanzione di 250 euro

Per i contratti non firmati comunicazioni sanabili anche oltre la scadenza

di Gi. L, G.Pa

Non c’è solo il termine legato alle villette. C’è una seconda scadenza che incombe venerdì 31 marzo: riguarda la cessione del credito e lo sconto in fattura.

Le opzioni di cessione e sconto devono, infatti, essere comunicate all’agenzia delle Entrate prima di trasformare la detrazione in credito di imposta. Anche quest’anno il termine per comunicare le opzioni relative alle spese del 2022 (ma anche alle cosiddetta rate residue degli anni precedenti) era fissato per il 16 marzo. La legge di conversione del decreto Milleproroghe ha, però, spostato in avanti questo termine, fino al 31 marzo.

Chi va oltre questo limite, però, non perde tutto. Non rispettando la scadenza, infatti, viene meno solo la possibilità di cedere l’annualità 2022 (da utilizzare nel 2023). L’alternativa è portarla in detrazione nella dichiarazione dei redditi, laddove ovviamente ci sia capienza fiscale. Le rate residue, invece, potranno essere cedute il prossimo anno.

A questa scadenza se ne somma un’altra, legata agli interventi agevolati con il super ecobonus. Per questi è previsto che, almeno cinque giorni feriali prima del termine del 31 marzo, sia presentata l’asseverazione relativa ai lavori realizzati sul portale dell’Enea. In questo modo, l’Agenzia per le nuove tecnologie e l’energia avrà tempo di trasmettere i dettagli degli interventi alle Entrate. Al momento della comunicazione delle opzioni di cessione e sconto, così, si potranno fare verifiche incrociate tra i dati delle Entrate e quelli dell’Enea. Questa seconda tagliola scade venerdì, il 24 marzo. E, in queste ore, proprio a causa dei termini in scadenza, arrivano da parte degli utenti diverse segnalazioni di rallentamenti nel caricamento dei documenti sul portale.

Il problema di queste prossime scadenze è che, a causa del prolungato blocco del mercato, molti committenti e fornitori non hanno trovato acquirenti ai quali cedere i loro crediti. Senza un contratto firmato di cessione, al momento, non è possibile comunicare l’opzione. Quindi, di fatto, il termine di fine mese è per molti cittadini impossibile da rispettare. Con il rischio di vedere sfumare un anno di sconto fiscale.

Per risolvere questo problema, allora, la commissione Finanze della Camera e il ministero dell’Economia stanno lavorando da diversi giorni su più fronti. Il primo è quello che dovrebbe consentire di comunicare l’opzione senza un contratto firmato, ma in presenza di una semplice istruttoria avviata. La novità dovrebbe entrare in un emendamento e, successivamente, in un comunicato che consentirà di bruciare i tempi, facendo diventare di fatto la modifica operativa da subito.

Il secondo fronte è amministrativo. A valle della modifica, infatti, sarà possibile cambiare anche le regole per la remissione in bonis, grazie a un’indicazione dell’agenzia dalle Entrate. Se, infatti, attualmente serve un contratto firmato entro il 31 marzo per accedere alla remissione, la riapertura dei termini con sanzione potrà scattare anche in presenza di un semplice impegno. Chi non arriverà in tempo per fine mese, allora, potrà versare 250 euro e completare la procedura entro il prossimo 30 novembre.

Questo intreccio di scadenze così fitto si lega al calendario parlamentare, che appare altrettanto intricato. Domani dovrebbero partire le votazioni che, stando agli obiettivi di partenza, si chiuderanno entro giovedì. La settimana successiva, a partire da lunedì, il testo arriverà in Aula alla Camera per l’approvazione in prima lettura. A quel punto si passerà al Senato dove il testo approderà presumibilmente blindato. Il termine di conversione, comunque, è il 17 aprile: entro questa data, e probabilmente non molto prima, la legge di conversione arriverà in Gazzetta Ufficiale.

Sul tavolo, infine, resta la questione dello sblocco della cessione dei crediti: sono ore febbrili per provare a risolvere il rebus che, a poche ore dalle votazioni, appare ancora aperto. Dai parlamentari continua il pressing per ottenere il via libera alla proposta Abi-Ance, che prevede l’utilizzo di una quota degli F24 intermediati dalle banche per compensare crediti attualmente in pancia agli istituti, liberando così capacità fiscale. È un’ipotesi sulla quale il Mef ha già espresso la sua contrarietà; per questo si sta facendo largo la controproposta di consentire alle banche, solo per i nuovi acquisti, di trasformare i crediti in titoli di Stato, laddove non sia possibile compensarli. Anche se la sostenibilità, in termini di impatto sul debito, è tutta da valutare. Così resta anche una terza via: se non dovessero maturare modifiche normative, il Governo si affiderà alla moral suasion verso potenziali acquirenti che continua ad avanzare negli ultimi giorni.