Condominio

Condomino apparente e furti nel corso di lavori in condominio tra i temi delle pronunce della settimana

Riguardo al ponteggio che ha agevolato il furto in particolare si dibatte sull’esistenza o meno di una responsabilità del condominio committente

immagine non disponibile

di Antonio Scarpa

In Diritto e pratica condominiale 8 maggio 2023 è stato pubblicato il contributo di Giusi Giandolfo, L'omessa convocazione all'assemblea condominiale dell'effettivo titolare del diritto di proprietà dell'unità immobiliare, a proposito dell'ordinanza della Cassazione 10824 del 2023. In proposito, si vedano già D. Folli, Il principio di apparenza non opera per la partecipazione all'assemblea condominiale, in Diritto e pratica condominiale 3 maggio 2023, nonché Il Punto della Settimana 5 maggio 2023.

Rivela grande interesse nella pratica della gestione condominiale l'intervento di G. Avallone, La trascrizione nei registri immobiliari e l'obbligo di pagamento delle spese condominiali: chi non trascrive resta obbligato!, in Diritto e pratica condominiale 9 maggio 2023, a proposito di una recente pronuncia del Tribunale di Milano. La questione, com'è noto, è posta dai commi 4 e 5 dell'articolo 63 disposizioni attuative Codice civile per i quali chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente, ma, si aggiunge, «chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto».

La comunicazione della variazione (la quale deve non soltanto rivestire forma scritta, per l'annotazione nel registro dell'anagrafe, di cui all'articolo 1130, numero 6, Codice civile, ma va altresì accompagnata dalla trasmissione di copia autentica dell'atto di proprietà) occorre allo scopo di procurare la liberazione dell'alienante dall'obbligo di contribuzione alle spese condominiali. Altrimenti, nei confronti del condominio ed unicamente in funzione del rafforzamento dell'aspettativa di soddisfazione di questo creditore, il cedente viene individuato come coobbligato con il cessionario per tutti i contributi che maturano fino al momento in cui sia data, con la prevista modalità formale, notizia del trasferimento del diritto.

In Diritto e pratica condominiale 11 maggio 2023, può poi leggersi il commento di G. Bordiga, Supercondominio: il rappresentante del sub-condominio e il riparto delle spese, a margine di una sentenza del Tribunale di Torino. L'articolo 67, comma 3, disposizioni attuative Codice civile, dispone che «nei casi di cui all'articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione delle parti comuni a più condomìni e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio (…)».

Il presupposto numerico, cui è legata l'applicabilità dell'articolo 67, comma 3, disposizioni attuative Codice civile postula, dunque, che i condòmini, intesi come proprietari esclusivi, pro indiviso, di un'unità compresa nel complesso immobiliare, in conseguenza di acquisto per atto tra vivi, o di divisione o anche di successione mortis causa, siano più di sessanta. L'obbligo della nomina del rappresentante per la gestione delle parti comuni sussiste «nei casi di cui all'articolo 1117-bis del codice», e quindi in «tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condòmini di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117», e cioè abbiano alcune parti comuni a tutte (ad esempio, il cortile, il portone di ingresso, l'androne) ed altre parti (scale, terrazze, impianti) destinate a servire unicamente una frazione di esse.

In tali situazioni, così connotate numericamente e strutturalmente, l'articolo 67, comma 3, disposizioni attuative Codice civile contempla una ipotesi di delega collettiva obbligatoria in favore del rappresentante. Se l'assemblea non vi provveda, ciascun partecipante può chiedere che l’autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Del pari, qualora alcuni dei condomìni interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, alla nomina provvede il tribunale su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati. La necessaria diffida preventiva a provvedervi ed il conseguente ricorso all’autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell’amministratore o, in mancanza, a tutti i condòmini.

Trattandosi di delega imposta dalla legge per ragioni di semplificazione del procedimento di convocazione e di formazione della volontà collegiale dei condomìni complessi, il comma 4 dell'articolo 67 disposizioni attuative Codice civile precisa che ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto, dovendo il rappresentante rispondere secondo le regole del mandato e comunicare tempestivamente all’amministratore di ciascun condominio (il quale ne riferisce nella rispettiva assemblea) l’ordine del giorno e le decisioni assunte dalla riunione dei rappresentanti dei condomìni. La designazione del rappresentante d'edificio vale, di regola, a tempo indeterminato, e non va, perciò, effettuata di volta in volta per la singola assemblea di supercondominio da tenersi.

Non è necessaria la coincidenza tra la figura del rappresentante di edificio e l'amministratore del relativo condominio, come si evince dal comma 4 dell'articolo 67 disposizioni attuative Codice civile. La delega al rappresentante è imposta dalla legge per la convocazione e l'espressione di voto limitatamente, peraltro, alla partecipazione alle assemblee aventi ad oggetto la gestione delle parti comuni a più condomìni o la nomina dell'amministratore. Oltre tale ambito limitato, tornano valide le regole generali concernenti la composizione ed il funzionamento dell'assemblea, che, a tutela delle minoranze, pretendono la partecipazione di tutti i comproprietari degli edifici che costituiscono il supercondominio.

L'assemblea dei rappresentanti degli edifici in supercondominio non può prescindere dai criteri dell’articolo 1136 Codice civile, relativi alla costituzione, alla formazione ed al calcolo delle maggioranze, i quali troveranno applicazione avuto riguardo agli elementi reale e personale configurati da tutte le unità abitative comprese nel complesso e da tutti i proprietari rappresentati (e non, quindi, in base al numero dei rappresentanti intervenuti). Legittimato ad impugnare la delibera dell'assemblea dei rappresentanti di condominio è ogni singolo condomino, il quale, ai fini del termine di trenta giorni e delle condizioni di legittimazione di cui al comma 2 dell'articolo 1137 Codice civile, va considerato assente, dissenziente o astenuto solo se tale fosse rimasto il rispettivo rappresentante.

Il rinvio alle regole del mandato, contenuto nel comma 4 dell'articolo 67 disposizioni attuative Codice civile, implica che l'infedeltà del delegato di condominio rimane confinata nel rapporto interno tra rappresentante e rappresentati. Esula dalle attribuzioni e dalla legittimazione dell'amministratore di condominio, specificate dagli articoli 1130 e 1131 Codice civile, l'impugnazione delle deliberazioni prese dall'assemblea dei rappresentanti del supercondominio ex articolo 67, terzo comma, disposizioni attuative. Allorché l'amministratore di uno dei condomìni compresi nel supercondominio abbia impugnato una delibera dell'assemblea di supercondominio, l'evidenziato difetto di legittimazione «ad processum» può essere eliminato soltanto dalla manifestazione di volontà dei singoli condòmini attraverso il loro diretto intervento in giudizio o il rilascio di procure da ciascun condòmino per la rappresentanza processuale (e sostanziale) ai sensi dell’articolo 77 Codice procedura civile.

Infine, in Diritto e pratica condominiale 10 maggio 2023, merita menzione il contributo di O. Rotolo, Furti in condominio e ponteggio. Responsabilità dell'impresa appaltatrice e/o del condominio?, a proposito di una recente sentenza del Tribunale di Roma. È oggetto di esame l'annosa questione della responsabilità del condominio, eventualmente concorrente con quella dell'impresa appaltatrice, per il furto verificatosi in un appartamento nel corso dei lavori alle parti comuni.

Può partirsi da quanto affermato in Cassazione 20 giugno 2017, numero 15716, secondo cui è «da escludere, in linea di principio, che - in caso di furto reso possibile dall’omessa adozione delle necessarie misure di sicurezza in relazione all’impalcatura di proprietà e/o installata dall’appaltatore per effettuare lavori nello stabile condominiale - possa automaticamente affermarsi sussistere a carico del condominio committente, ai sensi dell’articolo 2051 Codice civile, una responsabilità oggettiva o presunta, «da custodia» della struttura, della quale quest’ultimo ha semplicemente consentito l’installazione, laddove si riconosca a carico dello stesso appaltatore (proprietario e/o quanto meno diretto installatore e utilizzatore della predetta struttura) esclusivamente una responsabilità ordinaria per colpa, ai sensi dell’articolo 2043 Codice civile».

In una siffatta ipotesi, «la responsabilità del condominio committente può essere affermata esclusivamente ai sensi dell’articolo 2043 Codice civile, in concorso con quella dell’appaltatore, per omissione degli obblighi di vigilanza sull’attività di quest’ultimo. Ed in tale ottica costituisce questione di fatto stabilire in quali limiti ed in quali termini lo stesso condominio disponga, nella vicenda concreta, di tali poteri di vigilanza, ed eventualmente anche in che termini ed in che limiti sia comunque esigibile, secondo l’ordinaria diligenza che, nell’affidamento a terzi di lavori in appalto da svolgersi sulle parti comuni dell’edificio, esso si riservi in ogni caso siffatti poteri, a tutela dei condòmini e dei terzi ai quali dai lavori stessi possano derivare eventuali pregiudizi».

Più spesso si è sostenuto che, nell'ipotesi di furto in appartamento condominiale, commesso con accesso dalle impalcature installate in occasione della ristrutturazione dell’edificio, sarebbero configurabili la responsabilità dell’imprenditore ex articolo 2043 Codice civile, per omessa ordinaria diligenza nella adozione delle cautele atte ad impedire l’uso anomalo dei ponteggi, nonché la responsabilità del condominio, ex articolo 2051 Codice civile, per l’omessa vigilanza e custodia, cui è obbligato quale soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura.

La conseguenza è che l'appaltatore ed il condominio vengono per lo più condannati in solido tra loro al risarcimento dei danni, il primo per aver agevolato il furto, non avendo adottato le misure idonee ad impedire l’intrusione di terzi - quali l’illuminazione notturna, la guardiania ed altri accorgimenti - il secondo, invece, in quanto committente delle opere, per non aver assunto alcuna iniziativa volta ad indurre l’impresa ad adottare le cautele necessarie alla sicurezza del fabbricato (si vedano Cassazione 26900/2014; Cassazione 6435/2009, in Danno e responsabilità 2009, 6, 620 e seguenti, con nota di Mastrorilli, Ponteggi e Lupin: responsabilità da custodia per il condominio; Cassazione 12111/2006, in Danno e responsabilità 2007, 2, 163 e seguenti, con nota di Guerreschi, Soliti ignoti di nuovo sui ponteggi: l’impresa è responsabile; Cassazione 2844/2005 e Tribunale Napoli 14 luglio 2005, entrambe in Immobili & diritto 2005, 29 e seguenti; Tribunale Roma, 21 ottobre 2002, in Rassegna locazioni e condominio 2003, 435, con nota di A. Carrato, Lineamenti essenziali sui tipi di responsabilità configurabili in caso di furto all'interno di uno stabile condominiale agevolato dall'allestimento di ponteggi utilizzati per interventi di riparazione esterni).

L'impostazione tradizionale fa sorgere un primo dubbio: il fatto doloso del ladro che si introduce nell'appartamento non elide, in ogni caso, il nesso di causalità tra l'eventuale imperizia dell'appaltatore e del condominio nel costruire e custodire l'impalcatura e il furto patito dal proprietario dell'appartamento svaligiato, ovvero da chi comunque vi abiti? Questo dubbio può essere fugato considerando che, allorché un furto in un appartamento sia perpetrato servendosi, per accedervi, del ponteggio di un cantiere, costruito in modo da invadere con alcune sporgenze il terrazzo dell'appartamento stesso, non potrebbe ragionevolmente sostenersi che l'azione dei ladri sia stata la sola causa efficiente dell'evento, senza accertare se l'esistenza dell'impalcatura, in considerazione della notevole altezza dal suolo dell'appartamento, sia stata altresì idonea alla commissione dell'azione delittuosa, ovvero a creare una condizione, in mancanza della quale sarebbe stato impossibile, o massimamente difficoltoso e pericoloso, introdursi nell'immobile (Cassazione 17 maggio 1979, n. 2836).

Né è di ostacolo all'astratta ravvisabilità di una responsabilità solidale di condominio ed appaltatore ex articolo 2055 Codice civile per i danni subiti dal condomino derubato il fatto che si tratti di condotte autonome e riferibili a titoli diversi.Tuttavia, se appare pacifica la responsabilità dell'imprenditore (ex articolo 2043 Codice civile, e forse anche ex articolo 2051 Codice civile) per il furto subito dal proprietario o dall'utilizzatore di uno degli appartamenti attorniati dall'impalcatura, ben più problematica risulta l'affermazione di una responsabilità - concorrente o esclusiva - del condominio committente verso la vittima del furto.

Il danno causalmente riconducibile all'omessa adozione delle necessarie cautele nell'allestimento e nella custodia dell'impalcatura (illuminazione, sorveglianza, porte da cantiere, antifurti, rimozione delle scale di collegamento), concernendo le modalità esecutive dei lavori affidati alle scelte dell'appaltatore, andrebbe, in astratto, imputata soltanto all'imprenditore, dovendosi da questo attendere l'osservanza di quei canoni comportamentali di natura tecnica appartenenti all'essenza della sua prestazione obbligatoria. È arduo, di conseguenza, elaborare in capo al condominio una colpa per violazione di regole di cautela su esso incombenti ex articolo 2043 Codice civile, in relazione ai ponteggi installati dall'appaltatore.

Residuano le ipotesi marginali della scelta da parte del condominio di un'impresa inidonea, o del condominio committente che, sebbene reso edotto dall'appaltatore della precarietà degli accorgimenti seguiti per scongiurare indesiderati accessi agli appartamenti, abbia insistito per proseguire i lavori senza darsi cura di quell'allarme. Diversa conclusione merita la possibilità di radicare, comunque, la responsabilità del condominio nella presunzione di colpa prevista dall'articolo 2051 Codice civile per i danni cagionati dalle cose in custodia, tale essendo la relazione intercorrente tra il condominio ed il bene comune ingabbiato dall'impalcatura.

Ripartendo il correlato onere della prova, all'attore, che abbia subito il furto nell'appartamento, compete unicamente dimostrare il rapporto eziologico tra il ponteggio e l'evento lesivo, mentre il condominio custode, convenuto, per liberarsi, deve (con comprensibile difficoltà) provare che il fatto del ladro sia del tutto estraneo alla sua sfera soggettiva, e in tal senso idoneo ad interrompere quel nesso causale, presentando i caratteri del fortuito, ovvero l'imprevedibilità e l'assoluta eccezionalità, senza che, pertanto, rilevi, al fine di escludere la responsabilità del condominio committente, che questo sia incorso in una culpa in eligendo nell’individuazione dell’appaltatore, del progettista o del direttore dei lavori, ovvero che lo stesso abbia lasciato loro piena autonomia.

Non sembra, al contrario, predicabile una distinta responsabilità personale dell'amministratore da omessa custodia per il furto subito dal singolo condomino. Sebbene talvolta in giurisprudenza si sia sostenuto che l’amministratore ha il compito di provvedere non solo alla gestione, ma pure alla custodia delle cose comuni, obbligo che non viene meno neanche nell’ipotesi in cui il condominio appalti a terzi lavori riguardanti le parti comuni dell’edificio condominiale (a meno che il compito di vigilare su tali lavori non venga affidato ad altri), di tal che l’amministratore potrebbe dirsi responsabile del danno patito da uno dei condòmini a causa della realizzazione dei lavori condominiali, una responsabilità per omessa custodia dei ponteggi addebitata all'amministratore sarebbe davvero incompatibile con le attribuzioni meramente rappresentative e gestorie proprie di tale figura. L’amministratore, in presenza di violazioni dei doveri contrattuali su di lui incombenti verso i condòmini, rimane, al più, soggetto, ai sensi dell’articolo 1218 Codice civile, all’azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato al danneggiato.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©