Condominio

Costruzione troppo vicina? Il danno deve essere provato

Il danneggiato in pratica si ritiene non subisca pregiudizio per la sola circostanza della violazione delle norme da parte del danneggiante

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di Edoardo Valentino

Al fine di realizzare una nuova costruzione il Codice Civile fornisce diverse indicazioni in merito alle distanze da rispettare. Il nuovo proprietario, infatti, nel realizzare la sua abitazione deve tenere conto di svariate distanze minime che egli deve tenere non tanto rispetto al proprio confine, ma avendo contezza della sussistenza dell'edificio del vicino.
La normativa prevede, in particolare, una distanza minima di tre metri dal confine al di sotto della quale non si può edificare.

Si pensi all'articolo 873 Codice civile il quale afferma che «Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri» specificando altresì al comma II che «Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore».La situazione, quindi, porta alla conclusione che il nuovo proprietario non potrà costruire ad una distanza inferiore a quella prevista, pena la riduzione in pristino e il risarcimento del danno.

La quantificazione del danno
Con che modalità viene quantificato il danno in questione?Esistono due possibilità di quantificazione. Secondo un primo orientamento il danno sussiste in se stesso, ossia il danneggiato subisce un pregiudizio per la sola circostanza della violazione delle norme da parte del danneggiante e conseguentemente non deve fornire alcuna prova per avere il riconoscimento del pregiudizio e il conseguente risarcimento.Il secondo orientamento, invece, prevede l'applicabilità dei principi generali del Codice civile in ragione dei quali chi invoca una tutela giudiziale è chiamato a dimostrare il danno subito (articolo 2697 del Codice civile).

La recente pronuncia della Suprema corte
Ma nella pratica cosa dice la Cassazione?Una buona applicazione dei predetti principi si può verificare nella sentenza Cassazione sezione II civile numero 7794 del 10 marzo 2022.In detta decisione un costruttore aveva edificato un immobile al di sotto delle distanze legali ed era stato condannato sia dal Tribunale, che dalla Corte d'appello tanto alla riduzione in pristino quanto al risarcimento del danno.Il costruttore, vista la duplice soccombenza, aveva deciso di agire in sede di Cassazione, depositando ricorso e contestando la decisione d'appello.Tra i molteplici punti contestati dal ricorso vi era appunto anche la quantificazione del risarcimento del danno cagionato alla parte attrice dal costruttore.

Secondo il ricorrente, infatti, avevano errato i giudici di merito nel condannarlo al risarcimento in quanto la parte danneggiata non aveva fornito sufficiente base probatoria per dimostrare un eventuale pregiudizio patito.Con la sentenza in commento la Cassazione aveva integralmente rigettato il ricorso del costruttore.Quanto al punto sopra citato, ossia la quantificazione del danno, la Corte aveva affermato come seppure il Tribunale avesse errato nel considerare sussistente il danno a prescindere dalla prova, e solo come conseguenza della costruzione in violazione delle distanze, la Corte d'appello aveva già posto rimedio a questa erronea valutazione.

Provato il danno, scatta il risarcimento
Nella seconda sentenza, infatti, il giudice del riesame aveva riformulato la parte di decisione di primo grado sopra menzionata.Secondo la Corte d'appello, che pure aveva confermato la condanna al risarcimento, il danno non sussisteva in re ipsa, ma anzi questo era stato dimostrato dagli attori in quanto la costruzione aveva causato una «compromissione della veduta, luminosità, aerazione e soleggiamento» della loro abitazione.Il danno in questione, quindi, era stato dimostrato.

La sentenza della Cassazione, quindi, rigetta il motivo e sottolinea un importante principio: al fine di riconoscere un danno cagionato dalla costruzione al di sotto delle distanze legali, per la parte che richiede il risarcimento non è sufficiente provare l'illiceità della condotta della parte che ha costruito, dovendo la stessa altresì dimostrare un eventuale pregiudizio patito come conseguenza della sussistenza della costruzione e fino alla riduzione in pristino della stessa.

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