Condominio

Gli interventi edilizi predisposti dai condòmini non devono modificare l’assetto architettonico del palazzo

Il proprietario può fare della cosa comune un uso più intenso a patto che non ne alteri la destinazione d’uso originaria

di Rosario Dolce

Non si può modificare l’estetica del palazzo allocandovi un lucernario (con balcone praticabile) al posto di un abbaino. Riflette sui limiti del potere di ciascun condòmino di migliorare il godimento del proprio immobile (nello specifico un attico) rispetto ai canoni condominiali - volti alla tutela del decoro architettonico, della sicurezza e della stabilità - il Tribunale di Roma con la sentenza 2282/ 2022.

I fatti di causa

Il caso trattato prende spunto dall’iniziativa del proprietario di un’unità immobiliare ubicata all’ultimo piano di un edificio condominiale della Capitale, che aveva deciso di trasformare un abbaino in un lucernario sopraelevato con porta-finestra. La struttura era stata poggiata e ancorata alla falda del tetto condominiale con accesso dallo stesso immobile e poi conformata a balcone praticabile. Il condominio – che tramite l’assemblea aveva dapprima autorizzato solo le opere di manutenzione dell’abbaino – è ricorso in giudizio per chiedere la rimozione del manufatto realizzato da parte del singolo condòmino nonché la relativa riduzione in pristino dello stato originario.

Vietato alterare l’assetto architettonico del palazzo

Il giudice capitolino ha introdotto l’analisi della propria decisione richiamando l’articolo 1102 del Codice civile, il quale, pur consentendo a ciascun condòmino di fare della cosa un uso più intenso, ritraendo dal bene una specifica utilità aggiuntiva rispetto ai benefici generali ricavabili da tutti i condòmini, vieta una facoltà del genere allorquando venga ad alterarsi la destinazione della cosa comune. Ora, l’opera realizzata da parte del proprietario dell’attico – sprovvista, peraltro, dei titoli edilizi e dell’analisi sui calcoli statici - aveva oggettivamente modificato l’assetto architettonico dello stabile. L’elemento estetico del fabbricato è stato, quindi, individuato come prerequisito per comprendere la fattibilità giuridica dell’intervento, così da guidare la determinazione giudiziale a cui si mirava pervenire.

Il dato architettonico costituisce un valore di interesse sovraindividuale al cui rispetto ciascun condomino deve ritenersi tenuto nell’esercizio delle proprie facoltà dominicali inerenti sia l’unità immobiliare in proprietà esclusiva che alle altre forme di godimento delle parti comuni. Le nozioni di estetica e di decoro, rilevanti a tali fini decisionali, sono state, pertanto, ricondotte al mero assetto fisionomico dell’edificio, a quell’insieme di linee e strutture che connotano lo stabile stesso imprimendogli una determinata, armonica fisionomia e una specifica identità (Cassazione civile, 851/2007). Caratteristica che sussiste anche in mancanza di un particolare assetto architettonico, dovendosi ritenere bastevole una «linea armonica, sia pure estremamente semplice» (Cassazione, 8830/2008).

La decisione del Tribunale

Il giudice, in conclusione, ha rilevato che nel caso concreto l’intervento eseguito dal condòmino convenuto ha sicuramente alterato le linee architettoniche, l’ingombro e l’estetica originale del fabbricato, aumentandone la superficie con la realizzazione di un balcone del tutto avulso per forme e materiale dall’assetto fisionomico del palazzo. Dunque, in base a queste valutazioni, ha imposto al proprietario di rimuovere la struttura e a ripristinare lo stato dell’arte originario, previa condanna alle spese di lite.

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