Il condomino distaccato dal centralizzato paga anche i consumi involontari se lo prevede il regolamento
Una sentenza del Tribunale di Venezia afferma la derogabilità convenzionale dell’articolo 1123 del Codice civile
Il condòmino che si è distaccato dall'impianto di riscaldamento centralizzato è tenuto a pagare, oltre alle spese relative alla conservazione dell'impianto, anche quelle relative ai c.d. consumi involontari. Il principio è stato ribadito dal Tribunale di Venezia con la sentenza 1506/2021, pubblicata il 26 luglio 2021.
La vertenza prende le mosse dal giudizio promosso da una condòmina, regolarmente distaccatasi dall'impianto centralizzato di riscaldamento, la quale impugnava innanzi al Tribunale due delibere assembleari, entrambe aventi ad oggetto la ripartizione degli oneri di riscaldamento con le quali era stato posto a suo carico il pagamento dei c.d. consumi involontari determinati nella quota del 30%.
Il regolamento
La condòmina deduceva l'illegittimità delle delibere impugnate per la violazione dell'articolo 1123 del Codice civile, nonché per la violazione dei propri diritti individuali di condòmina in quanto alle delibere era stato erroneamente applicato l'articolo 15 del regolamento condominiale secondo il quale “gli appartamenti sfitti o non occupati concorrano ugualmente a tutte le spese dei servizi del condominio, escluse quelle per il servizio di riscaldamento per le quali concorrono in misura del 30%”.
Le doglianze della condòmina sono state rigettate dal Tribunale che ha ritenuto legittimo il criterio di riparto delle spese adottato dall'assemblea condominiale con le delibere impugnate, essendo le spese per i c.d. consumi involontari, spese afferenti la conservazione e il godimento delle parti comuni del fabbricato condominiale.
Stante la natura dispositiva della norma dell'articolo 1123 del Codice civile, ha osservato il Tribunale, essa può essere derogata dalle parti con una diversa convenzione, come è avvenuto nel caso esaminato. Inoltre, ha evidenziato, il giudicante, relativamente alla ripartizione delle spese dell'impianto di riscaldamento, nelle delibere non vi era nessun espresso richiamo all'articolo 15 del regolamento condominiale.Nel decidere la controversia il Tribunale, dopo aver accertato la regolarità del distacco della condòmina dall'impianto di riscaldamento centralizzato, ha ricordato quanto disposto dal quarto comma dell'articolo 1118 del Codice civile, come modificato dalla legge di riforma del condominio (220/2012) che riconosce ad ogni condòmino il diritto di rinunciare unilateralmente al servizio centralizzato di riscaldamento mediante il distacco del proprio impianto da quello comune a condizione che dal distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravio di spese per gli altri condòmini.
Con il distacco dall'impianto comune, il condòmino è tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
I consumi involontari
In merito ai c.d. consumi involontari, indipendenti dalla volontà dell'utente e conseguenti alla dispersione di calore della rete di distribuzione e ai costi per la manutenzione e la gestione dell'impianto, il Tribunale lagunare ha richiamato il principio affermato dalla giurisprudenza di merito secondo il quale «il condòmino che rinuncia all'uso dell'impianto centralizzato di riscaldamento paga anche il c.d. consumo involontario, essendo peraltro ben possibile che una quota dei consumi venga addebitata in misura fissa», come è avvenuto nel caso esaminato.
Come affermato, dalla Cassazione, ha concluso, è «legittima la delibera assembleare che disponga, in esecuzione di apposita disposizione del regolamento condominiale avente natura contrattuale, posta in deroga al criterio legale di ripartizione dettato dall'art. 1123 c.c.,che le spese di gestione dell'impianto centrale di riscaldamento siano a carico anche delle unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio (per avervi rinunciato o per essersene distaccate) tenuto conto che la predetta deroga è consentita, a mezzo di espressa convenzione, dalla stessa norma codicistica». (Cassazione Civile 28051/2018).