Condominio

Il muro di cinta può essere costruito ad una distanza inferiore a tre metri dal fondo del vicino

E anche in tema di distante inoltre quando gli obblighi sono alleggeriti deve essere applicata la norma più favorevole

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di Edoardo Valentino

Un proprietario evocava in giudizio il vicino lamentando come questi avesse costruito e mantenuto un muro di costruzione a distanza inferiore a quella prevista dalla legge.
Sul punto, infatti, l'articolo 873 del Codice civile affermava che «Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore». In aggiunta, il regolamento edilizio del comune in questione prevedeva delle distanze ancora maggiori dal confine. Si difendeva la parte convenuta affermando come il muro in questione avesse le caratteristiche del muro di cinta e non di quello di costruzione. Sia il Tribunale, che la Corte d'appello accoglievano la domanda dell'attore e condannavano il convenuto alla demolizione del manufatto.

Il ricorso alla Suprema corte
Gli ermellini, con la se ntenza Cassazione sezione II, 24 novembre 2020, numero 26713 , pronunciavano due importanti principi di diritto in materia di distanze edilizie.Secondo la Cassazione, infatti, il muro in questione aveva le caratteristiche del muro di cinta, più che quello di costruzione.Le caratteristiche erano, secondo la giurisprudenza, la destinazione alla recinzione di una proprietà determinata, l'altezza inferiore ai tre metri, l'emersione dal suolo e la presenza di due facce isolate da altre costruzioni (si veda sul punto Cassazione sentenza 3037 del 2015 e sentenza numero 8671 del 2001).

La diversa previsione per il muro di cinta
Anche in assenza di alcune delle caratteristiche strutturali citate (ad esempio nel caso di specie l'altezza superiore ai tre metri) la destinazione alla recinzione della proprietà poteva permettere la qualificazione del manufatto come muro di cinta.Qualificando il muro in oggetto come muro di cinta, quindi, si poteva fare applicazione dell'articolo 878 comma I del Codice civile il quale – in deroga al già citato articolo 873 del Codice – specificava che «Il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall'articolo 873».

Una volta confermata la natura di muro di cinta del manufatto, quindi, esso non deve essere computato nel calcolo delle distanze tra edifici, anche se più altro di tre metri.Nel corso dei tre gradi di giudizio, poi, il regolamento edilizio del comune nel quale era sito il muro era variato.La modifica, in particolare, aveva comportato l'eliminazione di qualsiasi normativa sulle distanze. Secondo la Cassazione il regolamento edilizio contiene norme di immediata applicazione, salvo il limite dei cosiddetti “diritti quesiti” (in ragione dei quali una disciplina più severa non può essere applicata ad edifici realizzati sulla base di norme meno restrittive).

La salvaguardia dei diritti quesiti
In caso di alleggerimento degli obblighi, esempio con l'eliminazione di regole in materia di distanze, la norma più favorevole deve essere applicata.Nel caso in questione, quindi, la modifica del regolamento edilizio comportava il necessario accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza di appello contenente l'ordine di demolizione del muro.Concludeva, quindi, la Cassazione rinviando il giudizio al giudice di merito e stabilendo il principio di diritto al quale questo avrebbe dovuto attenersi nella propria decisione: «in tema di distanze legali nelle costruzioni, qualora sopravvenga una disciplina meno restrittiva, la costruzione, realizzata in violazione della normativa in vigore al momento della sua ultimazione, non può ritenersi illegittima qualora risulti conforme alla nuova disciplina, non potendosi ordinare la demolizione o l'arretramento dell'edificio originariamente illecito che abbia le caratteristiche e i requisiti che ne consentirebbero la costruzione alla stregua della disciplina sopravvenuta».

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