Interesse ad agire contro il rendiconto anche se è poca la differenza tra quanto contabilizzato e quanto pagato
È sufficiente che sia riscontrabile un pregiudizio personale, in termini di mutamento della posizione patrimoniale
Ai fini della legittimazione ad impugnare una delibera assembleare riguardante l'approvazione del rendiconto consuntivo del condominio, sussiste una legittimazione ad agire in giudizio anche per il condòmino che riporti un limitato scostamento tra quanto contabilizzato dall'amministratore e quanto effettivamente pagato. Questo il principio cardine della sentenza di Cassazione sezione II, 7 aprile 2023 numero 9544.
I fatti di causa
Il caso prendeva le mosse a seguito dell'impugnazione da parte di vari condòmini di una delibera assembleare con la quale l'amministratore dello stabile aveva approvato il rendiconto consuntivo dell'anno precedente.Secondo i condòmini, difatti, essi avrebbero corrisposto somme in eccedenza rispetto a quanto effettivamente dovuto e tali pagamenti non sarebbero stati correttamente contabilizzati. Si costituiva in giudizio il condominio, in persona dell'amministratore, contestando le allegazioni e appellandosi alla carenza di legittimazione ad agire in giudizio sulla base dell'esiguità della discrepanza tra quanto pagato e quanto effettivamente contabilizzato.
Le pronunce di merito ed il ricorso in Cassazione
Il giudizio di prime cure si concludeva con il rigetto della domanda dei condòmini e l'accoglimento delle tesi difensive del condominio. Il processo, approdato in appello a seguito di gravame proposto dai condòmini, subiva un esito diametralmente opposto nel secondo grado: la Corte d'appello, infatti, riconosceva la mancata contabilizzazione di importi superiori a quelli versati e dichiarava la soccombenza del condominio sul punto, condannando anche lo stabile alle spese di lite. A seguito di tale giudizio il condominio agiva in Cassazione, contestando la decisione d'appello per vari motivi di diritto.
Nel ricorso proposto, infatti, si leggevano sostanzialmente due doglianze.In primo luogo, con riguardo ad un condomino in particolare, il condominio negava il suo interesse ad agire in quanto egli non aveva effettivamente versato nulla che non fosse stato correttamente contabilizzato.Come secondo motivo di doglianza, invece, il condominio contestava l'ammissibilità della stessa domanda giudiziale dei condòmini in quanto lo scarto esistente tra quanto pagato e quanto contabilizzato sarebbe stato troppo esiguo per essere rilevante.Con la sentenza citata, la Cassazione accoglieva parzialmente il ricorso proposto, chiarendo alcuni importanti principi di diritto processuale e condominiale.
Il limitato valore delle pretese
Il primo dei citati motivi, infatti, veniva accolto in quanto il condomino citato non avrebbe dovuto agire, dato che le cifre versate dallo stesso erano state correttamente contabilizzate dall'amministratore.Non sussisteva quindi per questo un interesse ad agire in giudizio. Diversa la situazione degli altri condòmini. Secondo la Cassazione, infatti, nonostante il limitato valore delle pretese, essi avevano comunque un interesse ed una legittimazione ad agire in giudizio.La delibera di approvazione del consuntivo, infatti, ha un valore di prova stringente per il processo civile e – conseguentemente – la mancata opposizione legittimerebbe il condominio ad agire giudizialmente per eventuali somme dovute dai condòmini.
A prescindere dall'esiguità della domanda, quindi, il condomino ha diritto di agire in giudizio per richiedere l'annullamento della delibera di approvazione del rendiconto consuntivo e una successiva correzione dello stesso. Secondo la Cassazione, infatti, «nonostante il limitato valore delle pretese di ciascuno dei predetti condòmini, non può che ritenersi sussistente l'interesse all'impugnazione della delibera essendo per essi ravvisabile quel pregiudizio personale, in termini di mutamento della posizione patrimoniale, posto a giustificazione della domanda». Alla luce di quanto sopra, quindi, la Cassazione accoglieva il ricorso solamente riguardo al primo motivo di doglianza, mentre rigettava l'azione del condominio con riguardo agli altri motivi, definitivamente dichiarando valida la decisione pronunciata in grado d'appello, con conseguente annullamento della delibera impugnata.