L'allaccio abusivo al contatore condominiale è furto aggravato e non appropriazione indebita
Decisiva ai fini della qualificazione del reato la mancanza della disponibilità del bene in capo all'autore dell'illecito
La condotta del condòmino che, mediante allaccio abusivo al contatore condominiale, si impossessi di energia elettrica destinata all'alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà comune, integra il reato di furto aggravato, e non quello, più lieve, di appropriazione indebita. La condotta attraverso la quale l'autore dell'illecito riesca a deviare il flusso dell'energia, dopo che essa è transitata dal contatore condominiale, verso gli impianti asserviti al proprio appartamento di proprietà esclusiva, non rientra nell'alveo del potere dispositivo del quale ciascun condòmino è (con)titolare.
L'assenza della piena disponibilità del bene, quindi, preclude la possibilità di qualificare il fatto come appropriazione indebita, in quanto, in tema di reati contro il patrimonio, qualora l'agente abbia la mera detenzione della cosa, e non sia titolare di un autonomo potere dispositivo sulla stessa, è configurabile il reato di furto e non quello di appropriazione indebita.Questi i principi di diritto sanciti dalla quarta sezione penale della Cassazione nella sentenza numero 17203 del 26 aprile 2023.
I fatti di causa
La Corte d'appello di Ancona, in parziale riforma della pronuncia di primo grado del Tribunale di Ascoli Piceno, con la sentenza dell'8 febbraio 2022, ha confermato la condanna ad otto mesi di reclusione dell'imputata che era stata riconosciuta responsabile del delitto di cui agli articoli 624 e 625, numero 2 del Codice penale, per essersi impossessata al fine di trarne profitto, usando violenza sulle cose (consistita nell’azione di spostamento di cavi elettrici da un differenziale ad un altro), di energia elettrica prelevata abusivamente dal contatore generale del suo condominio, ed erogata direttamente nell’appartamento da lei occupato. Per la cassazione di tale pronuncia ha proposto ricorso la condòmina condannata, sostenendo la palese illogicità della motivazione resa dal giudice di secondo grado, che avrebbe errato nel valutare la condotta come furto aggravato e non come appropriazione indebita.
L'analisi della Cassazione: due orientamenti a confronto
La Suprema corte, dopo aver evidenziato la tardività e la conseguente inammissibilità della censura sollevata per la prima volta in sede di legittimità, ha integralmente rigettato il ricorso, operando un'attenta ricostruzione dottrinale e giurisprudenziale circa gli istituti oggetto d'indagine, ossia il furto e l'appropriazione indebita, evidenziando, altresì, la sostanziale distinzione intercorrente tra le due fattispecie di reato.Secondo un primo orientamento, integra il reato di appropriazione indebita, e non quello di furto di cose comuni, la condotta del condòmino che, mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si impossessa di energia elettrica destinata all’alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà comune, in quanto l’energia elettrica sottratta, una volta transitata dal contatore che registra i consumi del condominio, costituisce energia appartenente pro quota anche al condòmino che la sottrae, e, che, secondo tale ricostruzione, ne avrebbe, sempre proporzionalmente, la parziale disponibilità (Cassazione 57749/2017).
Per altro e contrario orientamento, invece, nelle fattispecie analoghe a quelle oggetto d'indagine, dev'essere configurato il furto, e non l'appropriazione indebita, in quanto la condotta del singolo che, attraverso un'illecita attività materiale sulla cosa, devia il flusso dell'energia elettrica, dopo che essa è transitata dal contatore comune, indirizzandola verso il proprio appartamento, impedisce alla stessa di raggiungere le proprietà condominiali, cui è funzionalmente, ed esclusivamente, destinata (Cassazione 17773/2022).
La decisione della Cassazione
Ad avviso degli ermellini, appare maggiormente condivisibile questo secondo indirizzo interpretativo, in quanto più aderente alla specificità della realtà giuridica che caratterizza l’istituto del condominio.Come hanno osservato, infatti, le Sezioni unite della Suprema corte (sentenza 10495/1996), la misurazione dei consumi operata tramite il contatore generale, non solo consente di quantificare la prestazione erogata in termini di consumi ma, contestualmente, determina il momento in cui l’energia passa dalla disponibilità del somministrante all’utente finale.
Dopo il contatore condominiale, infatti, la disponibilità dell’energia è solo della comunità dei condòmini, che la utilizzano per assicurare l'alimentazione di impianti comuni, ed in nessun caso dei singoli autonomamente (salvo autorizzazioni o concessioni espresse dall'assemblea, in tal senso). Ne consegue che la totale mancanza di disponibilità del bene energia, sottratto all'uso comune, in capo all'autore della condotta illecita, ed il suo improprio utilizzo al servizio esclusivo di proprietà individuali, preclude, la possibilità di configurare il fatto come appropriazione indebita e ne impone, piuttosto, la qualificazione giuridica come furto aggravato.Ricorso rigettato, dunque, conferma della sentenza della Corte distrettuale e condanna alle spese di lite per la parte definitivamente soccombente.