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L'amministratore condominiale deve sempre giustificare al fisco la propria attività professionale

È il contribuente onerato a dover contestare l'assunto dell'Ufficio relativo alla presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle sue movimentazioni bancarie

di Giulio Benedetti

L'amministratore condominiale, nello svolgimento della sua attività di mandatario, deve sempre giustificare al fisco il reddito tratto dalla sua attività professionale: in caso contrario è soggetto al recupero delle imposte evase, aumentato delle sanzioni ed interessi.

Il caso trattato

L'agenzia delle Entrate contestava ad un amministratore condominiale un maggiore reddito da lavoro, per la sua attività professionale, un maggiore valore della produzione di fini dell'Irap e operazioni imponibili per l'Iva. Il contribuente ricorreva alla Commissione provinciale tributaria che rigettava il ricorso perché nel corso della verifica erano state esaminate movimentazioni dei conti correnti , riferibili al contribuente in quanto unico intestatario , al quale venivano chieste giustificazioni .La Commissione dava ragione all'agenzia delle Entrate che accertava l’esistenza di operazioni non giustificate, dopo avere confrontato i dati provenienti dai rendiconti delle gestioni condominiali con i movimenti dei conti a lui intestati o riferibili direttamente alle singole amministrazioni condominiali , dopo avere escluso i movimenti riconducibili alle quote condominiali e quelli riguardanti le spese sostenute per la gestione dei condomìni.

I motivi di ricorso alla Suprema corte

La Commissione regionale tributaria accoglieva parzialmente l'appello e riduceva l'imponibile Iva, in quanto, sebbene il contribuente non avesse giustificato i movimenti privi di riscontro, l'agenzia delle Entrate non quantificava le maggiori operazioni imponibili. Il ricorrente , avverso la sentenza , presentava quattro motivi di ricorso: le due sentenze coincidevano con le osservazioni delle Entrate e non consideravano le ragioni del contribuente che sosteneva un maggiore importo ai fini dell'Iva, senza escludere i versamenti effettuati per la professione di amministratore di condominio e le due sentenze accertavano, con le stesse modalità , e senza motivazione, il maggiore reddito di lavoro autonomo e il maggiore valore della produzione netta ai fini Irap. Il ricorrente contestava la ricostruzione dei movimenti contabili per un singolo condominio, in relazione ai redditi da lui denunciati e perché le presunzioni citate nella sentenza non erano precise e concordanti.

La decisione

Il giudice di legittimità (ordinanza 24402/2022) rigettava il ricorso, condannava il ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore delle Entrate e di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato. La Corte affermava che i primi due motivi erano infondati, poiché la motivazione della sentenza di merito è censurabile, nella legittimità, solo se è una violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dalla sentenza, a prescindere dalle risultanze processuali (Cassazione 8053/2014): deve pertanto trattarsi di una motivazione apparente e che sia incomprensibile.

La Corte affermava che il contribuente, a fronte di una precisa ricostruzione analitica dei rendiconti delle gestioni patrimoniali e delle movimentazioni bancarie, dalla quale risultavano movimentazioni non giustificate, non ha assolto all'onere della prova di contestare il risultato degli accertamenti bancari. Invero dal confronto di tutti i dati analizzati emergevano i versamenti e i prelevamenti non giustificati, neppure con l'analisi dei conti correnti privati del ricorrente, in relazione alla linea difensiva prospettata dal contribuente che ha giustificato l'intero volume delle movimentazioni operate con la gestione delle amministrazioni condominiali.

Onere della prova a carico del contribuente

La ricostruzione dei redditi operata dall'Agenzia, con le sue presunzioni, sono concordi con la giurisprudenza (Cassazione 21303/2013; Cassazione 29572/2018) per cui è il contribuente onerato a contestare l'assunto dell'Ufficio relativo alla presunzione di imponibilità delle operazioni confluite nelle sue movimentazioni bancarie. In particolare, le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di un reddito di impresa, mentre per quelle di versamento i contribuenti possono contrastarne l ’efficacia solo dimostrando che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti. Per quanto riguarda le contestazioni dell'Iva la Commissione regionale tributaria ha correttamente escluso tutte le operazioni di prelievo dai conti correnti bancari.

L'Agenzia ha applicato il principio giurisprudenziale (Cassazione 26748/2018) per cui, in tema di accertamento induttivo, l'Amministrazione finanziaria deve riscostruire il reddito del contribuente tenendo conto anche delle componenti negative emerse dagli accertamenti compiuti ovvero, in difetto, determinate induttivamente, al fine di evitare che, in contrasto con il principio della capacità contributiva, previsto dall'articolo 53 Costituzione, sottoposto a tassazione il profitto lordo, anziché quello netto. Per quanto riguarda la contestazione dell'Irap, la Cassazione rigettava il ricorso a fronte di una doppia sentenza conforme di condanna del ricorrente, ai sensi dell'articolo 348- ter, comma 5, Codice procedura civile.