Condominio

L’ampliamento di manufatti posti sul lastrico solare è una sopraelevazione

Questa ricorre anche se i lavori sono relativi ad opere già esistenti

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di Edoardo Valentino

Un condomino, proprietario dell'appartamento all'ultimo piano dello stabile, realizzava alcuni lavori edili sul lastrico solare dell'edificio, volti all'ampliamento di strutture già esistenti sullo stesso. Considerando queste opere una violazione delle norme regolamentari, una condomina agiva in giudizio per ottenere la condanna del vicino alla rimozione in pristino dei manufatti irregolari.

Le pronunce di merito
Il Tribunale, all'esito del giudizio, accoglieva la domanda della condomina e – considerando i manufatti una illegittima sopraelevazione – ne ordinava la demolizione.
Il condomino convenuto impugnava quindi la prima decisione presso la Corte d'Appello.
In particolare l'appellante sconfessava la decisione di primo grado sostenendo come le opere realizzate non fossero altro che degli ampliamenti di strutture preesistenti e, come tali, non considerabili come sopraelevazioni in violazione del regolamento condominiale.

Non sarebbe stata, infatti, possibile una violazione del regolamento, dato che le opere originarie erano state realizzate al momento della costruzione dello stabile originale.
Il condomino, poi, sosteneva l'illegittimità della decisione di primo grado nella parte in cui non aveva tenuto conto della circostanza che il regolamento – che pure limitava i suoi diritti di proprietario – non fosse a lui opponibile.

La Corte d'Appello, nel confermare la decisione del Tribunale, rigettava completamente le tesi del ricorrente, specificando inoltre come il regolamento di condominio contrattuale fosse applicabile al condomino in quanto esplicitamente richiamato nell'atto d'acquisto dell'appartamento del soccombente.In ragione della decisione d'Appello, al condomino non rimaneva che agire in sede di Cassazione.

Il ricorso alla Suprema corte
Con il proprio atto, il ricorrente, sostanzialmente contestava la decisione della Corte d'appello sulla base delle seguenti argomentazioni.In prima battuta lamentava l'erroneità del ragionamento del giudice, nella parte in cui aveva ritenuto che gli interventi dallo stesso realizzati fossero definibili delle sopraelevazioni.In secondo luogo, il ricorrente affermava come il giudizio d'appello fosse nullo per violazione dei principi processuali riguardanti il contraddittorio.

Il giudizio di merito, tanto in primo quanto in secondo grado, avevano visto come parti il condomino ricorrente e la vicina di casa e mai il condomino era stato citato o era intervenuto in giudizio.Trattandosi di parti comuni condominiali, però, a detta del ricorrente la sentenza sarebbe stata nulla per violazione del contraddittorio, in quanto pronunciata senza la presenza del condominio.

La decisione
Con l'ordinanza Cassazione seconda sezione civile, 26 maggio 2020, numero 9765, la Cassazione rigettava integralmente il ricorso del condomino. Quanto al primo argomento del ricorso, la Corte chiariva come qualsiasi ampliamento che costituisca un aumento di volumetria di manufatti preesistenti situati sul lastrico solare sia considerabile come una sopraelevazione.

La sopraelevazione
Affermava, infatti, il giudice, sul punto che «la sopraelevazione di cui all'articolo 1127 Codice civile si configura nei casi in cui il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale esegua nuovi piani o nuove fabbriche ovvero trasformi locali preesistenti aumentandone le superfici e le volumetrie» (così anche in Cassazione sezione II, 7 febbraio 2008, numero 2865). Correttamente, quindi, la Corte d'appello aveva considerato illegittimi i manufatti realizzati dal ricorrente e aveva confermato la sentenza di primo grado e l'ordine di riduzione in pristino degli stessi.

A difesa delle parti comuni legittimato ad agire anche solo il condomino Quanto al secondo motivo di ricorso, riguardante la presunta violazione del contraddittorio, la Suprema corte rigettava l'argomentazione presentata dal ricorrente.
E' principio noto del diritto condominiale, infatti, che in caso di controversia relativa alla violazione di diritti sulle parti comuni, spetta a ogni condomino la legittimazione processuale ad agire in giudizio e tutelare le parti comuni dello stabile.

La giurisprudenza, infatti, afferma che «ognuno dei condomini, quale proprietario dei beni comuni, ha il diritto di agire per la tutela degli stessi, senza che occorra la presenza in causa del condominio, in quanto il diritto di ciascun condomino investe la cosa comune nella sua interezza» (così Cassazione sezione II, 16 luglio 1994, numero 6699).

Alla luce delle predette considerazioni, la Cassazione rigettava il ricorso e confermava la decisione d'appello, condannando il ricorrente al versamento dell'importo del contributo unificato nella misura maggiorata ai sensi dell'articolo 13 comma 1-quater del Dpr numero 115 del 2002.

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