Condominio

La delibera assembleare successiva non può travolgere il verbale di conciliazione sottoscritto

Il recesso unilaterale è possibile ma solo a condizioni ben precise

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di Fabrizio Plagenza

Il Tribunale di Taranto, con la sentenza 463 depositata il 21 febbraio 2022, si è occupato dell'efficacia e della validità delle delibere assembleari e delle sorti spettanti ad un verbale di conciliazione giudiziale, nel caso in cui il condominio, riunitosi in assemblea, decida di revocare le precedenti delibere.

La vicenda
La controversia traeva origine dalla domanda azionata in via monitoria da una società creditrice del condominio della somma di euro 12.540,00 oltre accessori, dovuta «in virtù dell'atto di conciliazione giudiziale sottoscritto dalle parti» a definizione del procedimento esecutivo intrapreso dalla società. Il condominio contestava l'esistenza del debito, ritenendo che «il titolo transattivo posto a base dell'avversa pretesa (ovverosia il verbale di conciliazione giudiziale sottoscritto) era stato caducato a seguito del recesso manifestato dai condòmini nelle riunioni assembleari» successivamente tenutesi.

Secondo l'opponente, inoltre, un ulteriore vizio era derivante dall'invalidità della delibera assembleare che aveva autorizzato anche un terzo condominio ad aderire all'accordo giudiziale. Infine, gli interessi di mora addebitati sarebbero stati non dovuti, «in assenza dei presupposti soggettivi richiesti dal Dlgs 231/02». Come detto, il credito derivava «dall'accordo transattivo perfezionato con i due consessi condominiali (vagliato positivamente nelle riunioni assembleari del 5 aprile 2018 e de l 10.dicembre 2018) e trasfuso nella conciliazione giudiziale del 20 dicembre 2018».

Impossibile autoannullare una delibera valida
L'accordo (che, è bene ricordarlo, è un contratto avente forza di legge tra le parti ma, nel caso specifico, anche titolo esecutivo), prevedeva l'obbligo, tra l'altro, in capo al condominio opponente di pagare la somma di euro 18.810,00 «per l'acquisizione dell'altrui impianto di smaltimento».Secondo la tesi del condominio opponente, non sarebbe invece maturata alcuna obbligazione «perché l'accordo stilato a monte sarebbe venuto meno a seguito della volontà di recesso manifestata dai condòmini». La lamentela veniva respinta dal Tribunale pugliese il quale riteneva che l'assemblea condominiale nella riunione del 10 aprile 2019 «non poteva autoannullare la deliberazione (validamente) formatasi circa un anno prima né quella tenutasi il 20 giugno 2019 poteva ratificarne l'operato e disporre il recesso dalla transazione in parola».

Quando è possibile il recesso unilaterale
Secondo il giudice tarantino, infatti, tali iniziative si porrebbero «in contrasto con il dettato dell'articolo 1137 Codice civile» e, di riflesso, con l'attitudine esecutiva delle delibere (ormai) vincolanti per tutti i condòmini, «nonché con le regole poste dagli articoli 1372 -1373 Codice civile in ambito negoziale», che consentono il recesso unilaterale dal contratto (qual è l'intesa transattiva) solo a determinate condizioni.Le delibere successive all'accordo su menzionato, pertanto, erano da considerarsi «radicalmente inefficaci ed inopponibili alla Società», legittimata ad azionare il titolo contro il debitore moroso nel pagamento delle prime due rate scadute.

Anche l'eccezione di invalidità della transazione, per irregolare manifestazione del consenso (assembleare) da parte dell'altro condominio partecipante all'accordo, veniva rigettata atteso che «l'opponente non è legittimato, neanche incidentalmente, a far valere l'invalidità assembleare (che i condòmini interessati non hanno sollevato, nei termini di legge)».Per quanto sopra, il Tribunale, definitivamente pronunziando, rigettava l'opposizione proposta dal condominio con condanna al pagamento delle competenze di lite.

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