Largo alle biblioteche condominiali per favorire dialogo e integrazione
A Milano, tra aree centrali e zone periferiche, ne sono state censite 24
Puntare sul libro come strumento di aggregazione e integrazione per creare comunità solidali. Di recente le biblioteche condominiali sono diventate una realtà sempre più presente nei palazzi delle grandi città italiane. Da Milano a Roma, fino a Lecce, volontari, associazioni e custodi sociali gestiscono sorprendenti microcosmi dove il romanzo o la raccolta di fiabe diventano, spesso, solo un pretesto per far riscoprire a bambini e adulti il piacere della condivisione e del contatto umano. Anche tra perfetti sconosciuti.
Vecchie e nuove biblioteche
Tutto parte in America dove, nel 2012, la library di palazzo diventa un trend, incrementando il valore degli immobili sul mercato. E, un anno dopo, l’idea inizia ad attecchire in Italia. A sdoganarla è Milano, che nel sistema bibliotecario civico conta oggi ben 24 biblioteche condominiali, il numero più alto nel Paese. Partendo dalla prima, nata nel 2013 nell’ex portineria di uno stabile di via Rembrandt 12 grazie all’iniziativa di Roberto Chiapella, fino alla più recente, la biblioteca Ostinata, in via Osti 6. Un progetto che porta la firma di Paolo Prota Giurleo, ex ad di Autogrill e oggi nel board di Jakala Holding. «Tutto nasce dal sogno di mettere a disposizione il patrimonio librario che ho accumulato nel corso della mia vita», racconta, «Ho quasi 80 anni, volevo evitare che andassero dispersi e la soluzione più immediata è stata quella di aprire una biblioteca». Desiderio realizzato anche grazie al contributo del sistema bibliotecario comunale: «La direzione mi ha aiutato nella formazione del personale e nella catalogazione dei volumi. L’attività è partita a pieno ritmo: aperta a tutti e gratis, Ostinata è privata perché costi di gestione e investimenti gravano su di me e la mia famiglia ma funziona come se fosse pubblica».
Contatti e skill tecniche
I vantaggi che derivano dall’inserimento in un network non sono pochi. Non si tratta di aiuti economici ma di expertise tecnica e connessioni. «Abbiamo presentato un progetto di supporto e ampliamento della rete delle biblioteche condominiali cofinanziato dalla Fondazione Cariplo, proponendo cicli di formazione che hanno coinvolto noi bibliotecari e i librai dell’Associazione librai italiani e delle librerie indipendenti di Milano sui temi più diversi, dalla scelta dei libri alla comunicazione social, fino all’organizzazione di eventi», spiega Paola Petrucci, dell’ufficio Innovazione e Sviluppo dell’area biblioteche del Comune di Milano, «Un percorso a 360 gradi che offre competenze e strumenti e la possibilità di entrare in contatto con realtà simili, scambiandosi idee e chiarendosi dubbi a vicenda». Nessun obbligo: le biblioteche si gestiscono in totale autonomia e sono libere di scegliere se fruire dei servizi offerti per «portare il libro fin sul pianerottolo».
Da Milano a Roma, passando per Lecce
Tra centro e periferia, ce n’è per tutti i gusti. Da quelle nate nei palazzi storici (come quella di via Solari 40 che occupa i locali di una vecchia panetteria) a quelle che si sono fatte spazio nelle case popolari (ne è un esempio la Falcone e Borsellino di via Belinzaghi 11) fino ai presidi di legalità e ai punti di bookcrossing. Tasselli che, nell’economia di un condominio, si trasformano in un rimedio quasi salvifico alle liti tra residenti e alla solitudine dei soggetti fragili. Anche fuori Milano gli esempi non mancano: a Roma, in uno stabile di Porta Portese, Loredana Grassi ha fondato la biblioteca Al cortile , chiedendo agli inquilini «libri, scaffali e olio di gomito». E a Lecce, invece, gruppi di abitanti e associazioni hanno ideato le condoteche, nate negli spazi comuni di dieci condomìni della zona 167B e rifornite dal Polo bibliomuseale di oltre cinquecento volumi. Realizzando, secondo il direttore del Polo Luigi De Luca, «l’utopia di una cultura capace di essere legante tra esperienze, idee e amore per la lettura» e attivando un circolo virtuoso di conoscenza e socializzazione.
L’esportabilità del progetto
Il successo dell’esperimento, spinto anche da attività alternative alla lettura (dallo scambio di vestiti usati agli incontri per appassionati di lavoro a maglia), sembra solido. E l’adattabilità del progetto fa sperare in una esportazione che tocchi sempre più città. Nel segno dell’accessibilità e dell’annullamento delle barriere sociolinguistiche. Valore aggiunto per i singoli caseggiati e per il tessuto cittadino globale. «Penso possa trattarsi di un’operazione possibile soprattutto nelle grandi città, proprio perché si tratta di realtà profondamente diverse l’una dall'altra in termini di struttura, forma di gestione, caseggiato, patrimonio e attività organizzate. Sono talmente tailor made da poter nascere ovunque». Ecco perché, a detta di Petrucci, occorrerebbe parlare, più che di modello, di un’idea plasmabile a qualsiasi situazione. «L’idea che ci sia un posto dove, coi libri, si possa sviluppare una relazione. A partire da un consiglio o una chiacchierata. E questo vale ovunque. In particolare, nelle metropoli dove l’alienazione delle persone è decisamente più forte».