Condominio

Lecite le telecamere per scovare chi viola la raccolta differenziata

di Carlo Pikler

Il condominio ha la facoltà di imporre delle multe a chi non rispetta il regolamento o le delibere assembleari. L’articolo 70 delle Disposizioni per l’attuazione del Codice civile prevede che «per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a 200 euro e, in caso di recidiva, fino a 800 euro. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie».

La norma precisa quindi che «l’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice» (maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio).

Il mancato rispetto delle regole sul conferimento dei rifiuti è una delle cause più frequenti di sanzione al condomino scorretto, anche perché del conferimento errato risponde nei confronti del Comune l’intero stabile e non il solo trasgressore. Ovviamente, il condominio o i singoli condòmini possono sempre segnalare l’illecita condotta del condomino direttamente alla polizia municipale. Per farlo però, occorre procurarsi le prove e, spesso, non è semplice reperirle. Ecco che allora il condominio spesso delibera di raccogliere la documentazione fotografica e video attraverso impianti di videosorveglianza installati per scovare i responsabili dell’errore. Deve ritenersi lecita l’installazione?

Risposta affermativa per i motivi già esposti, ossia il fatto che ogni condomino ha interesse a evitare la multa che la polizia municipale eleva nei confronti dell’intero condominio. Quindi, è lecita l’installazione dell’impianto di videosorveglianza con finalità di controllo all’esito della valutazione sul legittimo interesse effettuata seguendo quando affermato nelle Linee guida 3/2019 dall’Edpb (European data protection board).

La valutazione sull’interesse del titolare all’installazione delle telecamere deve essere messa per iscritto e deve tenere conto di due fattori fondamentali:
O il primo è relativo alla mancanza di sistemi meno invasivi rispetto alla videosorveglianza per i diritti e le libertà delle persone fisiche;
O il secondo concerne la “necessità” di predisporre le telecamere secondo la quale deve esserci un motivo concreto e attuale per prevedere l’installazione, che riguardi proprio quel condominio in quel determinato periodo.

Per quanto concerne l’esistenza di sistemi meno invasivi, in relazione al controllo sulla raccolta differenziata, non si rinvengono possibili altri strumenti. Si deve però limitare il raggio di azione della telecamera al solo punto della raccolta della differenziata, evitando di riprendere i passanti nell’area dove non si gettano via i rifiuti. Per quello che invece riguarda lo stato di necessità, occorrerà allegare alla delibera le varie sanzioni cui il condominio è dovuto sottostare a causa dell’illecito di alcuni. Avere più sanzioni sicuramente aiuta per poter dimostrare l’opportunità dell’installazione.

Effettuata questa valutazione sugli interessi legittimi connessi all’installazione, l’assemblea può approvare l’installazione di telecamere di videosorveglianza con la maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la metà dei millesimi dell’edificio.

Ottenuto il via libera assembleare, si può procedere al montaggio nel rispetto delle indicazioni fornite dal Garante della privacy per cui:

1 occorre procedere all’affissione di un cartello, in un luogo visibile anche di notte e prima del raggio d’azione della telecamera, che avvisi i passanti della presenza dei dispositivi;

2 i filmati devono essere custoditi da un responsabile del trattamento che abbia i requisiti tecnici e organizzativi previsti come obbligatori dall’articolo 28 del Gdpr che potrà visionarli solo qualora vi sia la necessità di punire un comportamento illecito e non per altri fini;

3 i filmati potranno essere conservati per il tempo necessario per reprimere eventuali condotte illecite e, quindi, a detta del Garante, per un periodo che non sia superiore ai sette giorni lavorativi, oppure 24/48 ore in caso di area con un dipendente (portiere), nel rispetto dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori.

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