Condominio

Nella settimana trascorsa focus su autoconvocazione assemblea, ripartizione posti auto, liti e titolo contrario

Il punto sulle sentenze di legittimità e merito più interessanti degli ultimi sette giorni

di Antonio Scarpa

In Diritto e pratica condominiale del 13 marzo 2023, è stato pubblicato il commento di F. Titomanlio, L’autoconvocazione dell’assemblea da parte dei condòmini, che trae spunto dall’ordinanza della Cassazione, numero 5319/2023. Questa pronuncia verte sulla possibilità, contemplata dall’articolo 66, comma 1, Disposizioni di attuazione del Codice civile, che l’assemblea venga convocata dall’amministratore quando ne è fatta «richiesta» da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio. In quest’evenienza, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i condòmini possono provvedere direttamente alla convocazione.

L’articolo 66, comma 1, Disposizioni di attuazione del Codice civile non prevede, comunque, forme tassative per la «richiesta» di convocazione assembleare proveniente da condòmini, bastando, quindi, che giunga nella sfera di conoscenza dell’amministratore, presso il domicilio, la residenza o la dimora dello stesso, oppure nel luogo da questo comunicato contestualmente all’accettazione della nomina (articolo 1129, comma 2, Codice civile). O ancora presso il recapito appositamente affisso sul luogo di accesso al condominio (articolo 1129, comma 5, Codice civile). Una volta decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i condòmini promotori possono provvedere direttamente alla convocazione, mediante avviso che abbia il contenuto specificato dal terzo comma dell’articolo 66 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile e dal quale risulti chi convoca l’assemblea, senza che peraltro sia essenziale la sottoscrizione di tutti i condòmini che abbiano preso l’iniziativa.

Va segnalato, per la chiara fama dell’autore, l’articolo di G. Chiesi, Cortile condominiale e parcheggio. Quando un posto auto è per sempre (o quasi), in Diritto e pratica condominiale 14 marzo 2023. A proposito dell’individuazione dei posti auto nelle aree condominiali, sono delicati i rapporti tra attribuzioni dell’amministratore in materia di disciplina dell’uso delle cose comuni (articolo 1130, numero 2, Codice civile), competenze dell’assemblea a dettare norme circa l’uso delle cose comuni (articolo 1138, comma 1, Codice civile) e prerogative dell’autonomia privata (la quale suppone l’unanimità dei consensi negoziali). In argomento, si rinvia a due ancora recenti decisioni della Cassazione: Cassazione, 15613/2022 e Cassazione, 9069/2022. L’approdo giurisprudenziale sostiene che è consentito all’assemblea, nell’ambito del potere organizzativo di regolamentazione dell’uso delle cose comuni a essa spettante e con delibera approvata con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’articolo 1136 del Codice civile, individuare all’interno del cortile condominiale i singoli posti auto di cui possano fruire i singoli partecipanti, al fine di rendere più ordinato e razionale il godimento paritario, ovvero, allorché sia impossibile il simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari, prevedere il godimento turnario del bene.

La delibera assembleare non può invece validamente contemplare la definitiva assegnazione nominativa a favore di singoli condòmini, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio delle autovetture, né trasformare l’originaria destinazione del bene comune rendendone inservibili alcune parti dell’edificio all’uso o al godimento anche di un singolo condomino, né addirittura procedere alla divisione del bene comune con l’attribuzione di singole porzioni individuali, occorrendo a tal fine l’espressione di una volontà contrattuale e quindi il consenso di tutti i condòmini.

In materia, il potere di «disciplinare l’uso delle cose comuni» attribuito all’amministratore dall’articolo 1130, numero 2 del Codice civile), dovendosi differenziare dalla potestà regolamentare, riservata alla maggioranza di cui all’articolo 1136, comma 2, Codice civile, di dettare «norme circa l’uso delle cose comuni», costituisce un quid minus, in quanto la disciplina che imprime l’amministratore suppone un atto gestorio a contenuto provvedimentale (ricorribile all’assemblea ex articolo 1133 del Codice civile), mentre il regolamento approvato dall’assemblea ha natura di decisione associativa a contenuto tipico normativo, la quale non pone la disciplina di un rapporto in atto, quanto piuttosto detta i futuri criteri di organizzazione vincolanti per i partecipanti della comunione.

Un assai pregevole contributo è pubblicato in Diritto e pratica condominiale 16 marzo 2023: S. Impellizzeri, No al diritto del condomino in lite con il condominio di partecipare all’assemblea con tale ordine del giorno: il recente intervento della Corte di cassazione, a proposito di Cassazione, 3192/2023. La Suprema corte ha affermato che, quando l’assemblea deve deliberare sul promovimento o sulla prosecuzione di una controversia giudiziaria tra il condominio e un singolo condomino, poiché la compagine condominiale si scinde di fronte al particolare oggetto della lite in base ai contrapposti interessi, non sussiste il diritto del singolo (portatore unicamente di un interesse contrario a quello rimesso alla gestione collegiale) a partecipare all’assemblea. La pronuncia, come bene osserva il commento di Impellizzeri, pone in evidenza che questa fattispecie non va ricondotta alla disciplina del conflitto di interessi, la quale suppone un contrasto tra l’interesse proprio del partecipante al voto collegiale e quello comune all’intera collettività e perciò anche a lui stesso.

Altro punto toccato dall’ordinanza 3192/2023 è se possa altrimenti ravvisarsi un diritto a essere convocati in assemblea sia pure solo pour parler, e cioè al fine di discutere con gli altri condòmini, semmai per trovare un’intesa stragiudiziale o arrivare a una conciliazione. Così non può essere, giacché all’assemblea devono essere convocati (soltanto) gli aventi diritto a intervenirvi e a votare (articolo 1136, comma 6, Codice civile e articolo 66, comma 3, Disposizioni di attuazione del Codice civile), non anche quelli che vogliano unicamente partecipare al dibattito antecedente al momento deliberativo, confidando nelle proprie doti di eloquenza o per fare esercizio dell’arte oratoria, in quanto l’intervento del partecipante nella discussione assembleare è finalizzato a portare a conoscenza degli altri presenti le ragioni del proprio voto di assenso o dissenso sull’argomento contenuto nell’ordine del giorno.

La cura dell’ottimo contributo di Impellizzeri si evince altresì dalla ricchezza delle indicazioni bibliografiche, al punto da citare quel che potrebbe definirsi una “chicca” in argomento: L. Salis, Sul preteso diritto del rivendicante di partecipare all’assemblea convocata per deliberare il conferimento all’amministratore del mandato per resistere alla domanda, in Giurisprudenza italiana, 1957, I, 1, 22.

Infine, in Diritto e pratica condominiale 16 marzo 2023, c’è l’intervento di G. Avallone, Articolo 1117 del Codice civile e presunzione di “condominialità”: il silenzio del titolo non può vincere la presunzione di proprietà comune, a proposito di Cassazione, 5850/2023. La parte più significativa di questa decisione sta nell’aver chiarito che l’esclusione dal novero delle parti in condominio di alcune che, per presunzione ex articolo 1117 del Codice civile, sono di proprietà comune, incide sulla costituzione di un diritto reale immobiliare e deve, quindi, risultare necessariamente da atto scritto, con la conseguenza che il titolo contrario menzionato dallo stesso articolo 1117 non può che essere un atto scritto.

Questa esclusione non può, perciò, correttamente desumersi dal semplice silenzio del titolo, ma occorre che risulti dal contratto in modo chiaro e inequivoco che una o alcune delle dette parti sono state attribuite in proprietà esclusiva a uno o ad alcuni soltanto dei condòmini. Così, se il negozio costitutivo del condominio contiene una (superflua) elencazione della parti comuni che, in forza dell’alienazione della singola unità immobiliare, passano pro quota all’acquirente, la non menzione di uno o alcuni di quelli esemplificati dall’articolo 1117 del Codice civile non vale come «titolo contrario» agli effetti di questa norma.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©