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Niente cittadinanza italiana allo straniero denunciato per frequenti liti con il vicino in condomino

Sono indicative di indole incompatibile con il rispetto di fondamentali valori, costituzionalmente tutelati

di Annarita D’Ambrosio

Le liti con il vicino possono costare caro, anche costituire il motivo fondante di rigetto dell'stanza di concessione della cittadinanza italiana all'extracomunitario perfettamente integrato nel nostro paese. Lo mette nero su bianco la pronuncia 8131/2022 depositata il 17 giugno dal Tar Lazio , sezione quinta bis.

I fatti di causa

La storia è esemplificativa: il ricorrente aveva fatto regolare ingresso sul territorio italiano nel giugno 2002 a seguito di ricongiungimento familiare con i propri genitori, già da anni regolarmente presenti in Italia. Giunto in Italia a quindici anni si era iscritto ad un corso di lingua italiana ed aveva frequentato un istituto professionale, al termine del quale aveva trovato sin da subito regolare occupazione che è proseguita con continuità sino ad oggi e che gli consente di percepire redditi annui superiori ai 20mila euro. È proprietario, insieme al fratello, della casa in cui vive con tutto il proprio nucleo familiare; è coniugato e padre di due figli.

Le liti con il vicino e le denunce

Avendone maturato i requisiti, perciò il ricorrente aveva presentato a dicembre 2012 richiesta di concessione della cittadinanza italiana ex articolo 9 comma 1 lettera F) legge 91/1992.Tre anni dopo la doccia fredda dell'avvio di un procedimento di rigetto della domanda a causa dell'iscrizione a suo carico di alcune notizie di reato. Queste ultime erano tutte riconducibili ad una serie di denunce sporte nei suoi confronti dal vicino di casa, originate dal fatto che l’odierno ricorrente, per cercare di arginare i difficili rapporti condominiali, aveva intrapreso un’azione civile contro il vicino di casa.Si era finiti in ambito penale ma senza che fosse mai sopraggiunta alcuna trattazione nel merito.

I motivi del rigetto

Nonostante ciò il ministero dell'Interno considerata «la reiterazione della condotta negativa, indice di persistente inaffidabilità del richiedente» negava la concessione della cittadinanza. Il Tar conferma il provvedimento ostativo e chiarisce: l’inserimento dello straniero nella comunità nazionale è considerato legittimo quando l’amministrazione ritenga che quest’ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale (da ultimo, Consiglio di Stato, sezione II, 31 maggio 2021, numero 4151; Tar Lazio, sezione I ter, 11 febbraio 2021, numero 1719).

Il Collegio ritiene perciò che l'amministrazione abbia correttamente esercitato la propria sfera di attività discrezionale evidenziando legittimi motivi di rigetto della istanza, non già insignificanti episodi di tensione tra condòmini come riporta il ricorrente ma denunce per minacce e lesioni personali. Il ricorrente seppur incensurato ha in un'ottica globale compiuto condotte, tutte indicative di “indole” incompatibile con il rispetto di fondamentali valori, costituzionalmente tutelati, a presidio della libertà della persona umana (minaccia reiterata), della incolumità fisica e della serenità nel proprio “inviolabile domicilio”.

Conclusioni

Il giudizio pertanto prescinde dall'esito del giudizio penale. Le conseguenze discendenti del diniego sono solo temporanee, concludono i giudici amministrativi, e non comportano alcuna “interferenza nella vita privata e familiare del ricorrente” (articolo 8 Cedu, articolo 7 Patto internazionale diritti civili e politici) - dato che l'interessato può continuare a rimanere in Italia ed a condurvi la propria esistenza alle medesime condizioni di prima. Non ci sono le condizioni però perché sia componente aggiuntivo del popolo italiano.