Occhio al corrimano delle scale, la presa deve essere agevole e la distanza dal muro di 4 centimetri
In caso di minime difformità non è però responsabile il condominio della caduta del proprietario che abita nell’edificio da tempo
La caduta dalle scale condominiali è un evento che può capitare. Quando accade il condominio è esposto al pericolo di azioni risarcitorie per omessa custodia o per colpa connessa alla violazione di norme di Legge e “di norme tecniche di settore”. Non solo in alcuni casi ad essere soggetto a rischio è l’amministratore stesso che rischia un’azione penale per esempio per lesioni colpose o per omicidio o altro. Di questo si è occupata l a sentenza del Tribunale di Milano, decima sezione civile, numero 544 del 2023, depositata il 24 gennaio 2023, che ha affrontato il caso di un condomino caduto sulla scala condominiale per un presunto difetto di costruzione del corrimano.
Il caso ed il corrimano a prova di denuncia
Nel caso affrontato dal Tribunale milanese un condomino ha citato in giudizio un condominio per responsabilità da custodia deducendo di essere caduto dalla scala condominiale mentre con la moglie si accingeva a partecipare all’assemblea di condominio. In particolare il condomino spiegava che gli era risultato impossibile afferrare il corrimano che presentava una sezione non adatta ad assicurare la prensilità, costituendo dunque un elemento di pericolo. Affermava inoltre come un corrimano per essere a norma di legge avrebbe dovuto essere distante almeno 4 cm dalla parete e che - se il corrimano avesse avuto tali caratteristiche – avrebbe evitato la caduta e i gravi danni quantificati in euro 112.767,91, per le lesioni subite.
In giudizio il condominio si è difeso producendo la documentazione anche fotografica a riprova della regolarità e conformità della scala e del corrimano comuni, attribuendo la causa della caduta al suo pregresso stato di salute risultante dalla documentazione medica in atti.Il Tribunale di Milano ha accertato che nella specie la pedata dei gradini ha larghezza di 29 cm, (misura inferiore a quella minima di 30 cm consentita dall’articolo 8.1.10 punto 2 del Dm 236/1989 di cui al Regolamento di attuazione della legge 13/1939 sul superamento delle barriere architettoniche); il corrimano, pur essendo posizionato ad altezza regolare, non dista almeno 4 cm dalla parte piena su cui è posizionato ma dista solo 2 cm, e non è dotato di sagoma tale da consentirne un'agevole presa. Sennonchè tali irregolarità sono del tutto trascurabili.
Tanto più che il corrimano appare sagomato e di larghezza e conformazione tale da consentire la presa o comunque l’appoggio. E tanto più che non risulta in alcun modo dimostrata l’efficacia causale di tali minime difformità, rispetto alla rovinosa caduta dell’attore. Le minime difformità in questione inoltre non integrano una insidia, tenuto anche conto che lo stato dei luoghi era perfettamente conosciuto e noto al condòmino caduto che risiedeva nello stabile.
Il contenuto della decisione
Il Tribunale di Milano ha respinto la domanda di risarcimento danni chiarendo che in caso di responsabilità da custodia il condomino è comunque tenuto a provare il nesso causale tra il danno e il bene condominiale che potenzialmente lo ha causato, nonchè l'assenza di colpa. Ed infatti sul tema della responsabilità da custodia di cui all'articolo 2051 del Codice civile, le Sezioni unite della Cassazione hanno di recente ribadito che la responsabilità da custodia ha carattere oggettivo, essendo sufficiente per la sua configurazione la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia. Una volta provate queste circostanze, il custode, (nel nostro caso il condominio), per escludere la propria responsabilità ha l’onere di provare il caso fortuito, cioè un fattore estraneo che - per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità - sia adatto ad interrompere il nesso causale (Cassazione Sezioni unite 30 giugno 2022 numero 20943).
Ed ancora. Per l'articolo 2051 del Codice civile è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno. Se la cosa sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, spetta al danneggiato dimostrare che lo stato dei luoghi presentava una obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non addirittura inevitabile, il verificarsi dell'evento dannoso, nonchè di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito - che esclude la responsabilità - può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato (Cassazione 11 maggio 2017 numero 11526).
Proprio dall’analisi delle fotografie prodotte dalle parti - pur all’esito delle considerazioni critiche svolte nella perizia di parte attrice - si ricava la mancanza di obiettiva pericolosità dello stato dei luoghi (tra l'altro, lo ribadiamo, ben noto all’attore).
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di Luca Savi - coordinatore scientifico Unai Bergamo