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Piano casa, Appc sollecita modifiche all’obbligatorietà di costituzione del fondo per le opere straordinarie

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di Vincenzo Vecchio - presidente nazionale Appc

Il ministro Salvini ha promosso un secondo incontro, il 16 gennaio, per acquisire ulteriori osservazioni e proposte per costruire in maniera condivisa un percorso che porti alla elaborazione di un Piano Casa che punti soprattutto al recupero del patrimonio edilizio esistente e che necessariamente dovrà prevedere una applicazione programmata di diversi anni.

Quale presidente nazionale di Appc intervenendo ho approfondito, anche se in modo sintetico, un punto della relazione scritta che, insieme a Confabitare e Unioncasa, avevamo presentato e il cui titolo era significativo: «Un nuovo Piano Fanfani» per il recupero del patrimonio immobiliare. Abbiamo precisato che qualsiasi Piano Casa serio deve interessare prima di tutto gli immobili condominiali (11 milioni di edifici ) in cui vivono oltre 40 milioni di abitanti.

Se ciò non avverrà sarà un piano casa solo per pochi privilegiati come l’esperienza disastrosa e iniqua del superbonus ha confermato e che ha elargito oltre 100 miliardi di euro ad appena il 3% degli immobili, di cui il 50% costituiti da abitazioni singole, con effetti fiscalmente regressivi e aumento enorme dei prezzi in edilizia.

La necessità di una modifica dell’articolo 1135 sulla obbligatorietà del fondo

Occorre affrontare con urgenza e in via preliminare i problemi che nascono anche da una interpretazione giurisprudenziale errata del numero 4 del comma 1 del 1135 Codice civile che prevede la costituzione obbligatoria, da parte dell’assemblea condominiale, di un fondo di importo pari alle spese straordinarie o alle innovazioni da realizzare. L’intervento correttivo si rende necessario anche per dare attuazione alla direttiva Ee (Epbd - Energy performance of buildings directive) sull’efficientamento energetico degli edifici.

Si propone, stante l’urgenza, di inserire un emendamento nel decreto mille proroghe che cancelli la obbligatorietà del fondo. Prima della modifica, introdotta con la legge di riforma del condominio (220/2012), il vecchio testo del 1135 Codice civile non prevedeva nessuna obbligatorietà di costituzione del fondo e ciò non ha costituito un problema per i condomìni o per le ditte appaltatrici nei 70 anni di pre vigenza del testo non emendato.

Il testo, emendato nel 2012, genera dei problemi attuativi, anzi causa una tragedia che avrà effetti devastanti non solo per le deliberazioni sulle spese straordinarie, ma anche per le opere del super bonus già concluse o in fase di completamento: si intaseranno i tribunali e si paralizzeranno le opere di manutenzione straordinarie e le innovazioni.

Il numero 4 del comma 1 dell’articolo 1135 Codice civile introdotto con la legge 220/12 è stato integrato successivamente e malamente con la legge numero 9 del 21 febbraio 2014 che aggiungeva al testo originario: «se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti».

Questa è stata l’ancora o meglio la toppa a cui si sono aggrappate le delibere condominiali trasformando in appalti a stralcio quelli che non lo erano se non per una forzatura interpretativa. È di tutta evidenza che in un condominio difficilmente si realizzano lavori a stralcio. Solo chi non ha mai visto un condominio può pensare che si possano deliberare quattro diversi appalti e in tempi diversi per una facciata di quattro prospetti.

Va comunque evidenziato un diverso trattamento normativo e contradditorio tra le previsioni dell’articolo 1135 comma 1 numero 4, Codice civile e l'articolo 63 comma 2 disposizioni attuative che mira a ridurre la responsabilità solidale dei condòmini declassandola a sussidiaria.

Errori della giurisprudenza sugli effetti di una norma poco chiara

La giurisprudenza, non solo di merito, ma addirittura di legittimità ha dato del concetto di fondo, previsto dall’articolo 1135, una definizione restrittiva intendendolo come monetario e non semplicemente contabile e facendo conseguire, in caso di sua mancata costituzione, la nullità dell’atto deliberativo.

L’applicazione del comma 1 numero 4 articolo 1135, se intesa come ormai fa la giurisprudenza in temini monetari e non contabili e la cui violazione è causa di nullità, pone dei problemi insormontabili a cui i giudici si sono ben guardati dal dare una soluzione, vediamo quali:

1. Nel caso di morosità anche di un solo condomino, per costituire nella sua totalità il fondo speciale e quindi, prima di appaltare le opere, occorre procedere avverso i morosi sino al completo incasso della quota dovuta.

2. I tempi, in situazioni normali (decreto ingiuntivo, pignoramento, esecuzione forzata), sono lunghi. Ma diventano biblici in caso di immobili di un condòmino fallito, in procedura di esdebitamento, soggetto a protezione per usura, in concomitanza con altre esecuzioni, con estromissione del bene dal fallimento o dalla esecuzione, di sequestro per reati di criminalità organizzata o altri reati, di immobile intestato a minori.

3. L’amministratore quindi potrebbe avere la disponibilità dell’importo che costituisce il fondo solo dopo alcuni anni da quando l’assemblea lo ha deliberato sulla base di un capitolato e di un prezziario che sarà nel decorso del tempo mutato. Conseguentemente a causa del ritardo l’immobile si è ulteriormente deteriorato e i costi aumentati, le spese saranno magari divenute urgenti e potrà/dovrà procedere alla loro esecuzione l’amministratore (o un condomino) senza sentire l’assemblea e con responsabilità solidale di tutti i condòmini.

4. Non essendo possibile la segregazione del fondo, cosa invece ammessa ad esempio per le società di capitale (articoli 2447 bis e seguenti Codice civile), si può verificare il caso che, costituito il fondo, al momento del pagamento all’impresa che ha eseguito le opere esso non sia più disponibile in quanto pignorato da altri creditori o fatto sparire dall’amministratore con appropriazione indebita. Con l’aggravante che non esistono condòmini morosi e quindi l’impresa è priva di azione.

Quando tra due interpretazioni una ha un senso positivo sul mondo economico, nel rispetto del principio dell’affidamento e della salvaguardia della validità dell’atto e l’altra impedisce il normale svolgersi positivamente degli atti negoziali è palese che è la prima a dovere essere privilegiata.

Entriamo nel merito delle questioni strettamente e formalmente giuridiche e che da ultimo sono state fatte proprie dalla sentenza della Cassazione 9388/23. La vicenda, oggetto del provvedimento della Corte, riguardava un condominio che aveva deliberato la costituzione di un fondo ex articolo 1135, ma solo contabile e approvato il piano di riparto e le rate dovute. L’amministratore, sulla base del mandato avuto, aveva quindi sottoscritto un contratto di appalto che prevedeva, per le eventuali morosità individuali, che l’appaltatore potesse agire esclusivamente solo nei confronti dei condòmini in mora e quindi si configurava addirittura una maggiore garanzia per i condòmini “virtuosi” di quella prevista dall’articolo 63 disposizioni attuative.

La delibera approdava in Cassazione e veniva dichiarata nulla in violazione dell’articolo 1135, comma 1, numero 4, Codice civile in quanto non era stata incassata e resa disponibile sul conto corrente del condominio l’intera cifra necessaria a pagare il costo delle opere. In questo caso il contratto di appalto non è riferibile al condominio, ma all’amministratore personalmente che ne assume i relativi obblighi.

Ci si chiede da dove discenda la previsione di nullità come conseguenza della mancata costituzione del fondo.

La ratio della norma, che prevede la costituzione del fondo, a detta dei giudici, sarebbe quella di evitare che i condòmini in regola con i pagamenti debbano rispondere del debito dei morosi. Dalla delibera oggetto di esame nella sentenza risulta inequivocabilmente che nel contratto stipulato è prevista la rinuncia dell’appaltatore al diritto di rivalersi sui condòmini virtuosi riservandosi l’azione solo contro i morosi. Così si limita però l’autonomia privata negoziale, valore costituzionalmente garantito e non sacrificabile se non a fronte di interessi generali.

L’appaltatore non è soggetto debole, la sua controparte è il condominio che è consumatore finale. L’autonomia negoziale dell’impresa viene limitata da una errata interpretazione della norma, che proponiamo pertanto di modificare.

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