Condominio

Può l'assemblea negare al condomino l'autorizzazione ad apportare modifiche alle parti comuni?

Solo se il condominio dimostra che la modifica lede il pari uso del bene comune

di G. Sgrò – Centro Studi AIAC


Con l'ordinanza 36389 del 13 dicembre 2022, la Cassazione, pronunciandosi in materia condominiale, ha stabilito che nel caso in cui l'assemblea non autorizzi il singolo condomino alla modifica di parti comuni, il condominio è tenuto a dimostrare il superamento dei limiti del pari uso di cui all'articolo 1102 Codice civile.

Il caso

Sempronio, volendo aprire una terrazza a tasca sul tetto condominiale nella parte sovrastante il suo appartamento, chiedeva al condominio l'autorizzazione al predetto intervento.L'assemblea rispondeva negativamente dal momento che l'opera richiesta doveva ritenersi un'innovazione e non era stato raggiunto il quorum dei 2/3 ai fini dell'intervento in questione.Sempronio impugnava la decisione, ma il Tribunale rigettava la domanda.La Corte territoriale stabiliva che spetta al condomino dimostrare che tali limiti non sono violati, e che, nella specie, non erano state dimostrate le tecniche costruttive adoperate al fine di garantire la funzionalità del tetto.

Nonostante il Ctu (consulente) avesse verificato che gli interventi eseguiti avrebbero garantito la impermeabilità del tetto, era rimasta ignota l'effettiva idoneità delle modalità realizzative dell'opera.La Corte distrettuale statuiva che «In difetto della prova della ricorrenza delle condizioni di cui all'articolo 1102 Codice civile, l'opera realizzata dalla condomina deve inquadrarsi nella previsione di cui all'articolo 1120 Codice civile, con conseguente legittimità della delibera impugnata».

La pronuncia della Suprema corte

A questo punto, la vicenda approdava in Cassazione, davanti alla quale Sempronio deduceva, in particolare, la violazione dell'articolo 1102, quanto al rapporto tra l'articolo 1120 Codice civile e l'articolo 1102 Codice civile, che la sentenza impugnata non aveva considerato.La Suprema corte, nel dare ragione a Sempronio, richiamava consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, secondo cui «Le innovazioni di cui all'articolo 1120 si distinguono dalle modificazioni disciplinate dall'articolo 1102, sia dal punto di vista oggettivo, che da quello soggettivo: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione, che incidono sull'essenza della cosa comune, alterandone l'originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti indicati nello stesso articolo 1102, per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; per quanto concerne, poi, l’aspetto soggettivo, nelle innovazioni rileva l'interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell'assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un interesse generale, bensì con quello del singolo condomino, al cui perseguimento sono rivolte».

La differenza tra innovazioni e modificazioni

Gli ermellini facevano due importanti precisazioni:
•a differenza delle innovazioni, le modifiche alle parti comuni dell’edificio, di cui all’articolo 1102 Codice civile possono essere apportate dal singolo condomino, nel proprio interesse ed a proprie spese, al fine di conseguire un uso più intenso, a condizione che non alterino la destinazione e non impediscano l’altrui pari uso;
•per le modifiche delle parti comuni che il singolo condomino intende apportare a proprie spese per il miglior godimento di esse non occorre alcuna preventiva autorizzazione dell'assemblea, salvo che detta autorizzazione non sia imposta da una convenzione contrattuale approvata dai condòmini nell'interesse comune, mediante esercizio dell'autonomia privata.

Conclusioni

Inoltre, i giudici di legittimità sottolineavano che «Il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione, e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio di una terrazza mediante idonei materiali».

Secondo il Tribunale supremo, qualora il condominio neghi la legittimità della modificazione della cosa comune apportata dal singolo condomino, il superamento dei limiti del pari uso, di cui all’articolo 1102 Codice civile, si configura come un fatto costitutivo, relativo alle condizioni dell’azione esperita, sicché deve essere provato dallo stesso condominio, mentre la deduzione, da parte dell'autore, della legittimità della modifica non comporta alcun onere probatorio a carico dello stesso.

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