Recinto e fossato non bloccano a priori l’usucapione del giardino
La presenza di recinzioni e dello scolo per le acque meteoriche non impedisce l'accesso al fondo altrui e non privano l'altro proprietario del fondo del godimento del giardino pertinenziale della propria abitazione
La recinzione e il fossato di confine non ostacolano l'animus possidendi del proprietario ai fini dell'usucapione di una parte di giardino.
La presenza di recinzioni e dello scolo per le acque meteoriche non impedisce l'accesso al fondo altrui e non privano l'altro proprietario del fondo del godimento del giardino pertinenziale della propria abitazione. Ne consegue che i detti manufatti non sono di ostacolo all'acquisto della proprietà per usucapione.
Questo è il principio espresso dalla sentenza della Cassazione Sezione II Civile, 28 febbraio 2020, numero 5524.
La vicenda
L'Hotel beta evocò in giudizio Tizio deducendo una situazione di incertezza oggettiva del confine tra il proprio fondo e quello di Tizio. Pertanto, la società attrice aveva chiesto al giudicante il regolamento dei confini e la restituzione della porzione di proprio fondo occupata da Tizio. Costituendosi in giudizio, il convenuto contestava la domanda ed eccepiva l'intervenuto del suo acquisto mediante usucapione della porzione di fondo rivendicato dalla società attrice.
Sia in primo che in secondo grado, i giudici del merito rigettavano la domanda dell'attrice. In particolare, secondo la Corte territoriale, l'eccezione avanzata da Tizio aveva ricevuto il conforto delle prove assunte e non trovava ostacolo assoluto nella circostanza che esistevano a confine “fosso e recinzione”, poiché detti manufatti erano ridotti in condizioni tali da non rappresentare ostacolo al godimento della porzione di terreno altrui.
Le condizioni del possesso
Avverso la pronuncia in oggetto, l'Hotel beta proponeva ricorso in Cassazione eccependo che la Corte territoriale non aveva approfondito la sussistenza dell'animuspossidendi alla luce dell'esistenza della recinzione e del fossato a confine.
Invero, secondo tale ragionamento, la Corte veneta aveva omesso di verificare la concorrenza dell'elemento di esclusività del possesso; dunque, la violazione delle medesime norme in relazione all'omessa valutazione della concorrenza dell'elemento della determinatezza e dell'estensione del terreno usucapito.
Inoltre, secondo la ricorrente, dalle testimonianze assunte in causa era emerso che il proprietario del fondo aveva sempre provveduto alla manutenzione del parco nei limiti dei confini palesati dalla rete e dal fosso.
L'elemento soggettivo dell'intenzione del possesso (animus possidendi )
Il ricorrente si era limitata a rimarcare che la rete era stata tolta solo nell'anno 2000 - ossia tre anni prima dell'avvio della lite – in quanto anche il fossato era stato colmato in detto periodo di tempo, sicché, sino a tale data,Tizio non aveva esternato il suo animus possidendi.
A tal proposito, però, la Corte d'Appello aveva ritenuto irrilevante la presenza della rete e del fosso ai fini del godimento, da parte di Tizio,sin dal 1977 del fondo usucapito poiché, per la loro condizione di abbandono e di manutenzione, detti manufatti non gli impedirono in concreto l'esercizio del possesso.
Difatti, a sostegno di ciò, secondo i giudici di legittimità, le contestazioni della ricorrente erano prive di pregio giuridico in quanto la Corte territoriale aveva puntualmente esaminato il dato fattuale rappresentato dall'esistenza, a segno del confine tra i predi, di una rete e di uno scolo per le acque meteoriche e sottolineato,sulla scorta delle dichiarazioni rese dai testi escussi in causa, come detti manufatti,per le loro condizioni di manutenzione, non impedissero il fattivo godimento - a giardino pertinenziale della sua abitazione - del terreno altrui da parte di Tizio, poiché non impedivano l'accesso al fondo della società impugnante.
In ogni modo, a parere della Suprema Corte, correttamente, dunque, la Corte distrettuale aveva ritenuto irrilevante la presenza di rete e del fosso,in quanto detti manufatti non impedivano a Tizio di godere uti domino (cioè come se ne fosse il proprietario vero e proprio) del bene altrui, poiché in concreto poteva fare un tanto per la non integrità dei manufatti a causa dell'assenza di loro manutenzione.
In conclusione, l'eliminazione radicale della rete e la colmatura integrale del fosso erano condotte irrilevanti in questo preciso quadro di provato possesso ultraventennale. Di conseguenza, per i motivi esposti, il ricorso della società è stata rigettato.
I mercoledì della privacy: conservazione dati nei server dell’amministratore
di Carlo Pikler - Centro studi privacy and legal advice