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Covid - 19. Prevale il diritto alla salute o alla privacy? Focus sulla geolocalizzazione

Dobbiamo ricordarci che spesso anche le app ci geolocalizzano per i motivi più svariati

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di Carlo Pikler (responsabile Centro Studi Privacy and Legal Advice)


L'analisi alle linee guida del 19 marzo 2020 del Comitato europeo sulla privacy (Edpb), nel contesto dell'epidemia di Covid-19, ci impone delle riflessioni. Nel pieno dell'emergenza generata dal coronavirus, è ormai un dato di fatto che Governi, strutture private ma anche i cittadini dei vari Paesi coinvolti, stanno tutti adottando delle strategie finalizzate al contenimento dell'epidemia. Molte di queste disposizioni vanno ad incidere in maniera rilevante su quelle che erano le nostre abitudini di vita quotidiana.

Ogni normativa è sempre attuata in relazione ai contesti nei quali si vive. D'un tratto, il contesto è mutato e le normative che governavano le nostre realtà fino a ieri non rispecchiano più le esigenze e le priorità del momento. Ora, per far fronte a queste straordinarie necessità, si sta intervenendo nel campo normativo per garantire l'incolumità delle persone fisiche rispetto ai rischi che si nascondono dietro ad un possibile contagio.

I limiti alla libertà personale
Anche le norme, studiate per un contesto diverso, hanno la necessità di adattarsi alla triste realtà che viviamo e di seguirci nel cambiamento che stiamo affrontando. Si pensi su tutte alla costrizione a dover rinunciare, ciascuno di noi, ad uno dei più importanti diritti costituzionalmente garantiti: quello relativo alla libertà personale, che oggi sta subendo una brusca frenata, diventando un diritto di secondaria importanza rispetto al diritto alla vita, alla salute.

Si è posto un veto alla libertà personale e lo si sta facendo effettuando quello che in termini giuridici si chiama contemperamento di interessi: prevale il diritto alla salute oppure il diritto alla libertà personale? Bene primario è ovviamente la vita, quindi, necessariamente, si è accettato di subire delle restrizioni alle libertà (comprese le abitudini) personali. In quest'ottica, si è proceduto a sospendere anche l'economia del nostro paese a discapito anche del diritto al lavoro (anch'esso costituzionalmente garantito).

Le linee guida del Comitato Ue Edpb
Di fronte a questo passo indietro che ciascuno di noi sta accettando, in questo frangente, occorre andare anche a considerare il diritto alla tutela dei dati personali rispettoall'emergenza che si sta vivendo. Sul punto è intervenuto il Comitato europeo Edpb sulla privacy, che ha redatto le Linee guida sul trattamento dei dati nel periodo del coronavirus, documento pubblicato il 17/03/2020.

Lo studio in questione, analizzato nella sua interezza, appare una resa da parte del Comitato, strenuo difensore dei principi dettati dal Gdpr, di fronte al virus.
Se infatti, inizialmente, si sostiene che le norme in materia di protezione dei dati (come il Gdpr) non ostacolano l'adozione di misure per il contrasto della pandemia di coronavirus e se, in una strenua difesa al diritto alla tutela dei dati personali il Comitato si spinge anche a ribadire che: «anche in questi momenti eccezionali, titolari e responsabili del trattamento devono garantire la protezione dei dati personali degli interessati», proseguendo la lettura, si nota come il diritto difeso è costretto a fare un passo indietro, fino ad arrendersi alle esigenze di una realtà profondamente cambiata.

Poche righe dopo, infatti, inizia ad esprimere concetti più realistici, specificando che «l'emergenza è una condizione giuridica che può legittimare limitazioni delle libertà, a condizione che queste limitazioni siano proporzionate e confinate al periodo di emergenza». Così, nulla di straordinario quando il Comitato va ad evidenziare come il Gdpr consenta alle competenti autorità sanitarie pubbliche e ai datori di lavoro, di trattare dati personali nel contesto di un'epidemia, conformemente al diritto nazionale e alle condizioni stabilite (ad esempio, se il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante nel settore della sanità pubblica, non è chiaramente necessario basarsi sul consenso dei singoli).

Il caso della geolocalizzazione
Il muro a protezione dei dati eretto dal Gdpr, invece, crolla quandole Linee guida affrontano il tema delle telecomunicazioni, in particolare della cosiddetta geolocalizzazione che consentirebbe il monitoraggio degli spostamenti attraverso il controllo degli stessi grazie ai cellulari di ciascuno. Il Comitato europeo spiega che nell'applicazione della geolocalizzazione devono essere rispettate le leggi nazionali di attuazione della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche (Direttiva e-privacy).

Secondo quest'ultima però, in linea di principio, i dati relativi all'ubicazione possono essere utilizzati dall'operatore solo se resi anonimi o con il consenso dei singoli.
Ma se fosse solo questa la normativa applicabile e, quindi, i dati ricavati dovessero essere resi anonimi e conseguentemente non riconducibili al soggetto proprietario del relativo dispositivo mobile tracciato, il controllo a che servirebbe? Non raggiungerebbe il fine di monitoraggio degli spostamenti dell'individuo e risulterebbe totalmente inutile non potendosi garantire il primario diritto alla salute che, invece, nel contemperamento degli interessi deve necessariamente prevalere rispetto al diritto al mantenimento della privacy per il singolo individuo.

Nella considerazione invece che il diritto alla privacy dell'individuo sarebbe leso solo in relazione agli spostamenti, il Comitato europeo rimanda all'articolo 15 della direttiva e-privacy, che consente agli Stati membri di introdurre misure legislative per salvaguardare la sicurezza pubblica. Questa legislazione eccezionale si può applicare solo «se costituisce una misura necessaria, adeguata e proporzionata all'interno di una società democratica»; tutelare il diritto alla salute appare, in verità, un giusto motivo per rendere necessaria l'applicazione della normativa speciale e, quindi, delle attività di controllo lesive dei diritti dei singoli a non essere tracciati negli spostamenti.

D'altronde, siamo in maniera continuativa geolocalizzati e profilati dalle innumerevoli app che abbiamo scaricato sui dispositivi e, tra l'altro, lo siamo per finalità spesso molto più frivole (marketing) rispetto a quella ben più importante come il diritto alla salute di ciascuno di noi.

Appare infine superfluo il rimando del Comitato alla conformità che queste misure devono avere rispetto alla Carta dei diritti fondamentali e alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

Più interessante appaiono invece i due “paletti” inseriti nelle Linee Guida:

1)le misure adottate dai singoli Stati membri sono soggette al controllo giurisdizionale della Corte di giustizia dell'Unione europea e della Corte europea dei diritti dell'uomo;

2)si deve limitare la durata di queste misure alle situazioni di emergenza, cessate le quali, devono necessariamente essere interrotte.

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