Condominio

Case green, si allarga il fronte dei contrari

di Beda Romano

Si sta rivelando una partita politica complessa quella intorno alla direttiva sull’efficienza energetica degli edifici, un tassello essenziale del pacchetto ambientale Fit for 55. La commissione Industria del Parlamento europeo avrebbe dovuto adottare in gennaio una posizione negoziale con la quale affrontare la trattativa con il Consiglio. Il voto è stato spostato a febbraio, mentre i relatori lavorano a un compromesso che sia accettabile a una maggioranza delle forze politiche.

La proposta comunitaria prevede che dal 2030 tutti i nuovi edifici costruiti nell’Unione europea debbano produrre zero emissioni nocive. L’obiettivo dovrebbe essere raggiunto già nel 2027 per gli edifici pubblici (si veda Il Sole/24 Ore del 16 dicembre 2021). Nello stesso tempo, il 15% del parco immobiliare che nei singoli paesi è in condizioni peggiori dovrebbe essere rinnovato entro il 2027 per quanto riguarda gli edifici non residenziali, entro il 2030 per quelli residenziali.

«Molti paesi hanno spiegato di ritenere gli obiettivi troppo ambiziosi rispetto al loro parco immobiliare», spiega Seán Kelly, relatore del testo per i popolari. «Stiamo quindi cercando di introdurre qualche elemento di flessibilità nell’applicazione della direttiva (…) Nelle nostre discussioni a livello di relatori, c’è l’evidente impegno di trovare una intesa, senza però diluire troppo il testo». Per ammissione dello stesso eurodeputato irlandese, il Ppe è il partito che più chiede modifiche.

In un primo tempo, la commissione Industria avrebbe dovuto votare su una posizione negoziale a metà gennaio. Il voto è fissato ora per il 9 febbraio. Spiega un funzionario parlamentare: «Il disagio espresso da molti paesi membri sul testo presentato da Bruxelles sta avendo un impatto sui lavori parlamentari». Oltre all’Italia, anche la Francia, la Finlandia, l’Olanda e la Spagna sono preoccupate da target troppo ambiziosi alla luce di un parco immobiliare particolarmente vecchio.

Spiegava nei giorni scorsi l’europarlamentare popolare francese François-Xavier Bellamy che «il progetto di direttiva è un rischio importante per il settore edilizio in generale e per i palazzi storici in particolare». In alcuni paesi membri, preoccupa il fatto che la nuova classificazione comunitaria potrebbe ignorare nei fatti gli sforzi effettuati finora a livello nazionale. Altri governi sono invece preoccupati dai costi e dai metodi finanziamento dei lavori.

Sul fronte dei partiti politici, timori sono emersi, oltre che nelle fila dei popolari, anche in quelle dei socialisti, dei liberali e dei conservatori. C’è chi è preoccupato dall’impatto per i cittadini, e chi è timoroso delle conseguenze sul versante imprenditoriale. Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, il lavorio diplomatico al Parlamento europeo porta su un più leggero riscadenzamento dei lavori di ristrutturazione così come sulle norme relative alle caldaie.

Parlando al Sole 24 Ore a metà gennaio, il principale relatore del testo, il deputato verde irlandese Ciarán Cuffe, che ieri sera ha presieduto la decima riunione tra i rappresentanti dei diversi partiti per discutere del dossier, aveva insistito sulla necessità di trovare un compromesso (si veda l’edizione del 17 gennaio). Una volta ottenuto il via libera in commissione, la posizione negoziale del Parlamento europeo dovrà essere approvata in plenaria. Successivamente, potrà iniziare il negoziato con il Consiglio.

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