Condominio

Certificazione di conformità con rischio di falsità «cartolare»

Se la documentazione formalmente attesta la ricorrenza di tutte le condizioni cui è subordinata la detrazione, può escludersi (salvo i casi di dolo) che il professionista che ha rilasciato il visto di conformità possa incorrere nel reato di falsità ideologica

di Carlo Alberto Perina e Chiara Todini

Approfondendo i profili di responsabilità penale concretamente ascrivibili al professionista che rilascia il visto di conformità, va posto in evidenza come il controllo ha caratteristiche essenzialmente diverse rispetto a quelle proprie dei controlli cui sono tenuti gli altri tecnici menzionati dall’articolo 119 del Dl 34/2020.

Questi ultimi, infatti, accertano un fatto in via immediata e diretta, ossia un fatto, per così dire, di tipo “naturalistico”, mentre il professionista accerta una realtà puramente formale, o meglio cartolare.

La natura del controllo

La natura del controllo cui è tenuto il professionista, diversamente da quanto accade per gli altri tecnici, non ha a oggetto l’accertamento di una realtà fattuale (ad esempio, la classe energetica entro cui ricade l’unità immobiliare ante e post intervento) bensì una realtà documentale.

Il controllo richiesto ha dunque natura formale, essendo diretto ad accertare l’esistenza di un corredo documentale (da altri redatto) che attesti la ricorrenza, nel caso concreto, di tutti i presupposti genetici del diritto di detrazione agevolato.

Ciò trova diretta conferma nel comma 11 dell’articolo 119: nel prescrivere il rilascio del visto di conformità al fine di consentire la “circolazione” del credito, si prescrive che esso sia emesso «ai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241», disposizione, quest’ultima, che prevede un controllo di carattere meramente formale e documentale (cosiddetto “visto leggero”), a differenza del successivo articolo 36, che invece connota la verifica anche in senso sostanziale (il cosiddetto “visto pesante”).

Il nodo della falsità

Alla luce di queste premesse, si ritiene pertanto di poter accogliere un’interpretazione dell’articolo 481 del Codice penale, in relazione al visto di conformità, che circoscriva la “falsità” ivi considerata solamente a quella “cartolare” e non viceversa a quella “naturalistica” del fatto.

Ne consegue che, in caso di sottoposizione al professionista di una documentazione formalmente attestante la ricorrenza di tutte le condizioni cui è subordinata la detrazione, con conseguente rilascio, a seguito dei controlli, del visto di conformità, può escludersi (salvo i casi di dolo) che il professionista medesimo possa incorrere nel reato di falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità di cui all’articolo 481 del Codice penale, anche se, successivamente, i deputati organi dell’Amministrazione adibiti ai controlli sostanziali rilevino che, a discapito delle risultanze formali, un determinato presupposto della detrazione risultava inesistente.

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