Condominio

Condominio tecnico: si può rimuovere la canna fumaria dalla facciata senza delibera dell'assemblea

Si tratta di un'attribuzione specifica dell’amministratore a tutela delle parti comuni che non richiede preventiva autorizzazione

immagine non disponibile

di Roberto Rizzo

L'amministratore di condominio può agire in giudizio senza preventiva delibera autorizzativa da parte dell'assemblea dei condòmini per far rimuovere dalla facciata dello stabile la canna fumaria che sia lesiva del decoro architettonico, trattandosi di un'iniziativa riconducibile nell'ambito delle sue attribuzioni specifiche, sancite dall'articolo 1130 del Codice civile. Non può, al contrario, promuovere autonomamente azioni (a tutela dei diritti) reali, per le quali la legittimazione attiva spetta ai condòmini comproprietari.

Con questi principi di diritto, contenuti nella sentenza numero 6428 del 3 marzo 2023 , la Cassazione ha scritto definitivamente la parola fine ad un'annosa vicenda che vedeva contrapposti il condominio e la società proprietaria di un immobile, al servizio esclusivo del quale erano state installate, sulla facciata interna dell'edificio, ben due canne fumarie di grosse dimensioni.

La vicenda processuale

Il Tribunale di Roma, a seguito dell'azione promossa dall'amministratore dell'ente di gestione, che lamentava l'illegittima posa in opera dei manufatti in oggetto, ritenendoli pericolosi per la sicurezza dei condòmini oltre che lesivi del decoro architettonico del fabbricato, in parziale accoglimento della domanda spiegata, condannava la convenuta al ripristino dello stato dei luoghi, rigettava la richiesta di risarcimento dei danni cagionati allo stabile e la condannava alle spese di lite.Proposto appello dalla soccombente, la Corte distrettuale capitolina, con la sentenza numero 2313 del 2017, rigettava il gravame e confermava la sentenza di primo grado, evidenziando la piena legittimazione processuale dell'amministratore condominiale rispetto alla tutela del decoro architettonico dello stabile e della sicurezza dei condòmini.

Corretta, allo stesso modo, per la Corte d'appello, la valutazione del primo giudice che aveva, invece, escluso la legittimazione dell'attore rispetto alla, pur invocata, tutela del diritto di veduta di un singolo proprietario, che sarebbe stata lesa irrimediabilmente dalle due canne fumarie. Avverso tale decisione, la società proprietaria dei locali al servizio dei quali erano state installate le canne fumarie proponeva ricorso in cassazione.Tra le altre censure sollevate, la ricorrente lamentava l'illegittima acquisizione, come mezzo di prova, di una consulenza tecnica d'ufficio avente ad oggetto gli stessi manufatti, ma espletata in altro e differente giudizio, promosso in precedenza dal resistente nei confronti di altro soggetto (l'originario dante causa della società), e l'assenza della preventiva autorizzazione a promuovere il giudizio originario rilasciata all'attore dall'assemblea dei condòmini, che doveva, invece, considerarsi necessaria affinché lo stesso potesse validamente promuovere la lite.

La decisione

La Suprema corte ha censurato puntualmente le difese articolate dalla ricorrente, rigettando, di conseguenza, il ricorso e condannandola alle spese di lite.Quanto alla consulenza tecnica acquisita in giudizio sebbene formata in altro processo, la Cassazione ricorda che nei poteri del giudice, in tema di disponibilità e valutazione dei mezzi istruttori, rientra quello di fondare il proprio convincimento su prove formate in altro processo, ben potendo le parti che vi abbiano interesse contrastare comunque quei risultati, discutendoli o allegando prove contrarie, così come ha pure precisato che il giudice di merito è libero di formare il proprio convincimento su accertamenti compiuti in altri giudizi, fra le stesse parti od anche fra soggetti solo parzialmente coincidenti (Cassazione, sentenza numero 478/95).

Quanto, invece, al secondo rilievo sollevato dalla ricorrente, esclusa la possibilità di configurare nella contestata installazione delle due canne fumarie un'ipotesi di legittimo uso più intenso della cosa comune ai sensi dell'articolo 1102 del Codice civile, la Cassazione enuncia un principio di diritto estremamente chiaro.Nell'ambito degli atti conservativi diretti alla salvaguardia dell'integrità dei beni comuni o a garantire la sicurezza dei condòmini, l'amministratore, obbligato ad attivarsi, ha la rappresentanza dei partecipanti al condominio, ai sensi dell'articolo 1131 del Codice civile e certamente può agire in giudizio, sia contro i condòmini sia contro i terzi, senza necessità di preventiva autorizzazione da parte della compagine condominiale, espressa in una conforme delibera assembleare (Cassazione a Sezioni unite, numero 18311/2011).

No alla promozione di azioni reali

Per contro, resta esclusa la possibilità per quest'ultimo di promuovere azioni reali, contro i singoli condòmini o contro terzi, dirette ad ottenere statuizioni sulla titolarità o sul contenuto di diritti su cose e parti dell’edificio (Cassazione, sentenza numero 3044/2009).Confermata in pieno, dunque, la sentenza d'appello, con buona pace della ricorrente costretta alla rimozione dei manufatti pericolosi e lesivi del decoro architettonico del fabbricato, del quale alteravano, altresì, in maniera sostanziale, la struttura, pregiudicando irrimediabilmente il (pari) diritto degli altri condòmini.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©