Il B&B in Sicilia è equiparato ad un albergo. Deve pagare la Tarsu come un hotel
La Cassazione ha dato ragione al Comune di Palermo opposto ad un contribuente titolare di una struttura ricettiva all’interno del suo appartamento
Riguarda il pagamento della Tarsu di un b&b di Palermo la pronuncia della Cassazione n.5358, Sezione tributaria.
La pronuncia della Commissione tributaria
Il contribuente chiedeva l’annullamento dell’avviso di accertamento del Comune avente ad oggetto la tassa rifiuti relativa al 2010. Lamentava la «erronea ascrizione alla categoria di destinazione d’uso di albergo» dell’unità immobiliare di sua proprietà, parzialmente adibita a Bed and breakfast appunto. Gli dava ragione la Commissione tributaria regionale sostenendo che l’attività da lui svolta «potrebbe legittimare il Comune ad istituire una tariffa differenziata per l’uso che si fa di un immobile ma non ad applicare una tariffa per gli alberghi normalmente caratterizzati da diversa ricettività e dunque da maggiore capacità di produrre rifiuti».
Il ricorso alla Suprema Corte
Contro questa pronuncia il Comune ricorreva in Cassazione sulla base di due motivi. Innazitutto il ricorrente ha sostenuto che, in tema di Tarsu, l’articolo 62, comma 4, del dlgs n.507 del 1993 dispone che« nelle unità immobiliari adibite a civile abitazione, in cui sia svolta un’attività economica o professionale, può essere stabilito dal regolamento che la tassa è dovuta in base alla tariffa prevista per la specifica attività ed è commisurata alla superficie a questo fine utilizzata». Dunque l’ente impositore, in questo caso il Comune di Palermo, può determinare la tariffa non in base alla destinazione d’uso, ma in base all’attività economica esercitata al suo interno.
A detta del Comune, i giudici di appello avevano erroneamente applicato alla fattispecie, una legge di un’altra Regione, la Campania, e sulla base di questa avevano stabilito la non equiparazione ai fini Tarsu tra l’attività di b&b e quella di albergo. Ma la legge da richiamare sarebbe stata invece la n.2 del 2002 della Regione Sicilia, che all’articolo 41, comma 1, dispone che«il B&B è inserito tra le attività di cui all’articolo 3 della legge regionale n.27 del 1996» equiparandolo agli alberghi.
Con il secondo motivo, il Comune specificava la superficie dell’appartamento adibita all’attività ricettiva: 127 mq dei 159 totali dell’appartamento, riservandosi ad abitazione solo 32mq.
La decisione
Per la Corte i due motivi, basati su precisi paramentri normativi, sono fondati. Questo soprattutto alla luce del fatto che un’unica qualificazione dell’attività di B&B valida sull’intero territorio nazionale non esiste. La regolamentazione dunque spetta alle singole Regioni e in Sicilia l’attività economica del B&B è equiparata a quella di un albergo.
Il Comune dunque ha effettuato una scelta discrezionale nei limiti della sua potestà impositiva attribuitale dall’ordinamento, non vietata da alcuna norma statale ed anzi in linea con la disciplina regionale dei servizi per il turismo. Pertanto il ricorso deve essere accolto.