I temi di NT+Le ultime sentenze

Il consenso dei condòmini può costituire titolo per la costituzione di una servitù in capo al proprio immobile

L’assenso prestato in sede assembleare era relativo all’appalto di opere per l'adeguamento antincendio dell'autorimessa condominiale

di Rosario Dolce

Il consenso dei condòmini prestato in sede assembleare, per l'adozione di una delibera in tema di appalto di opere per l'adeguamento antincendio dell'autorimessa condominiale, può presupporre “indirettamente” quello equivalente per la costituzione di una servitù di passaggio di tubi condominiali a sfavore del proprio immobile. Ciò è quanto emerge dalla sentenza del Tribunale di Monza 1304 del 7 giugno 2022.

Il fatto

Alcuni condòmini convenivano in giudizio il supercondominio per sentirlo condannare alla eliminazione dei tubi e delle condotte di collegamento poste, per come da essi sostenuto, senza il loro consenso e a loro insaputa, nel box di rispettiva proprietà, ovvero al rimborso delle somme necessarie per l'esecuzione delle opere di ripristino dello stato dei luoghi, oltre al risarcimento del danno per l'impossibilità di pieno utilizzo e godimento del box.Il supercondominio si costituiva in giudizio, contrastava la domanda e ne chiedeva il rigetto assumendo che le opere di adeguamento alla prevenzione incendi erano state imposte dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco – Ufficio di polizia giudiziaria - e deliberate dall'assemblea dei condòmini con l'unanimità dei consensi ivi prestati.

La delibera in disamina, in particolare, aveva incaricato una impresa competente di effettuare i lavori di adeguamento di cui al progetto ed al capitolato redatto da un professionista specializzato – nominato, altresì, direttore dei lavori e coordinatore della sicurezza – il quale prevedeva che «per chiudere l'anello nelle posizioni progettuali impiantistiche ed avere così le giuste pressioni, alcuni tubi e condotti dell'impianto antincendio sarebbero passate all'interno di alcuni boxes» di proprietà dei condòmini.

La sentenza

Il giudice della controversia, a fronte delle reciproche pretese, ha qualificato la domanda dell'attore come una di quelle rientranti nell'alveo dell'articolo 949 Codice civile, rubricato “azione negatoria”, a mente del quale: «Il proprietario può agire per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio».L'azione è stata così configurata come volta ad ottenere la liberazione della proprietà del box dal peso reale abusivamente apposto dal condominio convenuto, mediante riduzione in pristino e risarcimento del danno causato alla porzione di proprietà esclusiva per il mancato godimento della stessa.

Nel qual caso, il giudicante ha ricordato – in seno al provvedimento in commento - le regole processuali correlate alla natura dell'azione giudiziale esercitata, le quali stabilisce che chi agisce con l'azione negatoria deve solo provare il diritto di proprietà ai limitati fini della dimostrazione del suo titolo di legittimazione processuale. Viceversa, la prova della proprietà ha la preminente funzione di dimostrare la sussistenza del potere, in capo all'attore, di chiedere la cessazione (e l'eliminazione delle conseguenze) dell'attività lesiva e non già l'esistenza della titolarità della proprietà.

Da tali principi, il decidente ha ricavato quello secondo cui nell’azione negatoria l'attore può fornire la proprietà con qualunque mezzo, ivi compresi gli elementi di carattere presuntivo (tra le tante, Cassazione 2838/1999; Cassazione 4803/1992); mentre al condominio convenuto incombe l'onere di provare l'esistenza del diritto a lui spettante (in virtù di un rapporto di natura obbligatoria o reale) di compiere l'attività lamentata come lesiva dall'attore (Cassazione 14442/2006; Cassazione 4120/2001).

Conclusione

Ciò premesso, nella fattispecie trattata, secondo il giudice lombardo, il diritto “sopravvenuto” di costituire la servitù di posa e mantenimento della tubatura all'interno dei garage dei condòmini discendeva (anche e soprattutto) dal consenso che essi avevano prestato, a suo tempo, in sede assembleare, allorquando disposero, insieme agli altri partecipanti all'adunanza, l'approvazione del progetto tecnico presentato dal professionista precedentemente incaricato da parte del condominio, per provvedere alla rimozione della situazione antigiuridica riscontrata a dai Vigili del fuoco.

Si sottolinea, a tal proposito, nel provvedimento in commento, che le deliberazioni condominiali sono soggette ad impugnativa ai sensi dell'articolo 1137 comma 2 Codice civile e tuttavia restano non di meno vincolanti per i singoli condòmini, nonostante l'esperita impugnazione, a meno che il giudice di questa ne disponga la sospensione dell'efficacia esecutiva.Da ultimo, è stato anche rilevato che, nel caso di specie, i condòmini non avevano prospettato né un'ipotesi di responsabilità per fatto lecito, né il riconoscimento a carico del condominio di un obbligo indennitario, ai sensi dell'articolo 1173 Codice civile, per il sacrificio imposto, nell'interesse della collettività condominiale, al loro diritto dominicale di comunisti (non avendo in alcun modo dedotto – nemmeno a seguito delle contestazioni mosse da controparte – l'insorgenza di un pregiudizio non antigiuridico a seguito e per effetto della realizzazione delle opere dirette ad adeguare l'impianto antincendio condominiale, sotto il profilo, ad esempio, della riduzione della superficie, di altezza, di luce e della cubatura fruibile del box).