Condominio

Il difetto di rappresentanza dell’amministratore decaduto non è fonte di responsabilità

immagine non disponibile

di Rosario Dolce

L'Amministratore decaduto che impugna una sentenza che condanna il Condominio non è passibile di condanna personale alle spese del processo, se non è in grado di far ratificare il suo mandato. Ciò è quanto emerge dall'ordinanza 12200 del 14 aprile 2022 della Cassazione, la quale cassa con rinvio una sentenza del tribunale del giudice di appello (Tribunale di Cosenza) per non avere regolamentato correttamente le spese del giudizio, addossandole in capo l'amministratore personalmente a causa di un difetto di rappresentanza processuale di cui all'articolo 1131 Codice civile.

Il caso
Il caso da cui trae spunto la controversia riguarda un giudizio di risarcimento del danno da infiltrazioni intentato dal condòmino danneggiato contro il condominio, il quale concludendosi avanti al giudice di pace con esito infelice, viene riproposto in sede di appello. In questa occasione, il condominio si costituisce in giudizio e solleva anche appello incidentale.Nel corso della controversia emergeva, tuttavia, che l'epoca della notifica dell'atto di appello l'amministratore fosse stato revocato da qualche giorno da parte dell'assemblea dei condòmini e che dopo ancora quale giorno avesse parimenti curato il passaggio delle consegne con il nuovo amministratore.

In quanto tale, il condòmino antagonista eccepiva il difetto di rappresentanza dell'amministratore, nel poter rilasciare procura per questa nuova fase giudiziaria. Gli effetti dell'eccezione colgono nel segno e il Tribunale calabrese, per quanto qui di rilievo, condannava l'amministratore personalmente al pagamento delle spese del grado di giudizio, anche perché non aveva chiesto la ratifica del mandato a fronte del termine assegnatogli a norma dell'articolo 182 Codice procedura civile.

La decisione della Cassazione
L'amministratore, in proprio, si rivolge alla Cassazione addossando la responsabilità dell'occorsa impugnazione al proprio avvocato; il giudice di legittimità, quale giudice del fatto processuale, ha, in effetti, accolto la sua doglianza.Il fatto processuale su cui viene incentrato l'esame ruota sull'articolo 94 del Codice di procedura civile, il quale precisa che: «Gli eredi beneficiati, i tutori, i curatori e in genere coloro che rappresentano o assistono la parte in giudizio possono essere condannati personalmente, per motivi gravi che il giudice deve specificare nella sentenza, alle spese dell’intero processo o di singoli atti, anche in solido con la parte rappresentata o assistita».

La condanna richiede la sussistenza dei “gravi motivi” – soggiunge il decidente - che devono identificarsi con la trasgressione del dovere di lealtà e di probità di cui all’articolo 88 del Codice procedura civile oppure nella mancanza della normale prudenza che caratterizza la responsabilità processuale aggravata di cui all’articolo 96 del Codice procedura civile.Orbene, nessuna violazione dei precedetti in disamina sussiste nella condotta dell'amministratore, in relazione alla previsione di cui all'articolo 182 Codice procedura civile (difetto di rappresentanza) anzidetta, nella misura in cui lo stesso, nelle more concesse dal giudice del rinvio, non avrebbe potuto convocare alcuna assemblea per chiedere la ratifica del mandato, trovandosi, all'epoca del momento, già decaduto dall'ufficio.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©