Condominio

Immissioni intollerabili: i «conti» si fanno con il diritto alla salute

di Cesarina Vittoria Vegni

Nell’ambito dei rapporti di vicinato, intendendosi per tali sia quelli fra stabili o all’interno di uno stesso edificio, si verificano spesso comportamenti degli uni che possono arrecare agli altri molestie o addirittura danni, anche alla salute. L’articolo 844 del Codice civile disciplina questi fenomeni, definiti immissioni, che sono effetti di attività compiute sulla propria proprietà, che si ripercuotono su quella del vicino.

Il Codice civile

La norma stabilisce che sono vietate le immissioni che superino la normale tollerabilità e che il giudice può adottare provvedimenti per contemperare esigenze della proprietà con quelle della produzione. La norma è collocata all’interno della disciplina della proprietà fondiaria, in particolare nei rapporti fra fondi vicini, tuttavia è stata applicata non solo nei rapporti fra edifici urbani, ma anche all’interno di stabili in condominio. Il vicino non deve essere necessariamente il confinante, inoltre, l’azione può essere esperita sia dal o contro il proprietario, ma anche dal o contro l’inquilino. Seppur nata come norma a difesa della proprietà, l’interpretazione evolutiva giurisprudenziale ha ritenuto che l’applicazione della norma non possa prescindere dal diritto alla salute costituzionalmente garantito (Corte di cassazione civile, Sezioni Unite n.10186/1998 e Corte di cassazione n.5564/2010).

La normale tollerabilità

Per normale tollerabilità, si deve aver riguardo all’uomo medio e si prescinde dalla vocazione urbanistica dei luoghi (quartiere prevalentemente residenziale o industriale), così come il preuso non giustifica le immissioni intollerabili. Nel valutare la tollerabilità, il giudice potrà anche fare riferimento ai criteri indicati dalle norme pubbliche sulla salute e sull’ambiente, secondo le varie tipologie di immissioni. Tuttavia, la tutela ex articolo 844 ha una sua autonomia e, pertanto, il parametro della norma pubblica è interpretato dal Giudice civile come un limite minimo, non è detto alla tollerabilità, nei termini ritenuti dalla norma del Codice civile. In riferimento all’equo contemperamento delle esigenze della proprietà e della produzione, questa è intesa in senso ampio, non solo attività industriale, ma anche di servizi commerciali e simili. Si tratta di un criterio sussidiario e facoltativo per le cosiddette immissioni intollerabili inevitabili, purchè non pregiudizievoli per la salute. Il contemperamento deve essere volto a far rientrare le immissioni nella normale tollerabilità, disponendo anche modifiche strutturali del bene, quali misure atte a contenere le immissioni nei limiti, magari riconoscendo un indennizzo in favore del soggetto che subisce le immissioni. Se ciò non fosse possibile, e permanesse l’intollerabilità, il giudice dovrà totalmente inibirle e anche, se richiesto, riconoscere il risarcimento del danno.

Il ruolo del perito

Nel giudizio intentato contro colui che causa le immissioni, la prova della loro intollerabilità potrà essere fornita anche da testimoni, in particolare la prova relativa alle condizioni di utilizzo del bene. Sicuramente, però, la consulenza tecnica d’ufficio appare strumento assai rilevante per stabilire la tollerabilità o meno delle immissioni, nonché l’eventuale diminuzione del valore del bene immobile vicino a quello da dove provengono le immissioni, o, ove ricorra il caso, per stabilire il danno alla salute di colui che le subisce. La domanda ex articolo 844 del Codice civile sarà competenza del tribunale quando il convenuto esercita un’attività di tipo produttivo (che, come sopra detto, va intesa in senso ampio) che provoca le immissioni, anche se posta all’interno del complesso condominiale. Diversamente, se la controversia riguarda rapporti fra vicini, proprietari o detentori (inquilini) di immobili adibiti a civili abitazione (sia fra condomini in uno stesso edificio, sia fra proprietari in stabili diversi) l’articolo 7, comma 3, n.3 attribuisce la competenza al giudice di pace, qualunque ne sia il valore. Questi, pertanto, si occuperà sia dell’azione inibitoria che dell’azione di risarcimento del danno (Cassazione civile n.7330/2015). Si ritornerà alla competenza del tribunale nel caso in cui l’azione promossa, seppur nel caso sopra indicato, si basi sulla violazione del regolamento condominiale di natura contrattuale, che vieti alcune attività moleste per la quiete e la tranquillità degli altri condomini. In tale ipotesi, non sarà necessario stabilire se le immissioni siano intollerabili, ma se l’attività espletata sia quella vietata dal regolamento che può imporre limiti al godimento della proprietà esclusiva anche maggiori di quelli stabiliti dalla disciplina sulla proprietà fondiaria , ove è collocato l’articolo 844 del Codice civile.

Abito in una zona semi-residenziale, di recente urbanizzazione. Le mie finestre però affacciano sul retro di un ristorante etnico e di una pizzeria che, tra fumi e odori di cucina, rumori, stanno rendendo impossibile aprire le finestre. Il Codice civile mi sembra molto stringato sul tema delle immissioni e delle tutele. Vi chiedo lumi per capire quali potrebbero essere i principi cui potrei appellarmi per difendere il mio diritto a vivere una vita non blindata. Avrei delle chance di successo contro questi vicini che ignorano le mie proteste? Potrei imporre loro interventi per ridurre gli odori?

A.G. - MODENA

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