Condominio

L’amministratore protestato e che perde l’onorabilità conserva i poteri ad interim

Il depotenziamento interviene solo con la sostituzione soggettiva

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di Rosario Dolce

L'articolo 71 bis delle disposizioni di attuazione al Codice civile contiene i requisiti di onorabilità dell'amministratore di condominio e prescrive che la perdita degli stessi - tra cui va menzionato il punto e), «l'annotazione nell'elenco dei protesti cambiari» - comporta la cessione dall'incarico, pur precisando che «in tale evenienza ciascun condòmino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore».

In punto la dottrina è costante nel ritenere che la norma appare di ordine pubblico per la sua incidenza su interessi generali della collettività, in quanto tale avente carattere imperativo, con la conseguenza che la relativa violazione dovrebbe determinare la nullità delle deliberazioni di nomina e del conseguente contratto di mandato stipulato con il soggetto designato. Ciò premesso, non sussistono precedenti giurisprudenziali per comprendere cosa succeda, in effetti, ove l' amministratore perda i requisiti di onorabilità nel corso del mandato, specie al cospetto dei rispettivi poteri a norma dell'articolo 1131 del Codice civile. La sentenza numero 1617/2022 del Tribunale di Monza, nel definire la prima eccezione di tale fattezza, è quindi da considerare una pronuncia inedita.

La vicenda

Il caso da cui sorge la controversia è impugnazione di delibera assembleare ex articolo 1137 del Codice civile e, per quanto è dato leggere dal provvedimento in commento, in corso di causa, o meglio in sede di precisazione delle conclusioni, l'avvocato del condòmino che aveva agito in giudizio ha mosso un’eccezione sulla costituzione del condominio, assumendone la nullità, stante l'iscrizione dell'amministratore nel registro dei protesti alla data nella quale aveva conferito il mandato difensivo alla rispettiva procuratrice.

Perché l’eccezione è inammissibile

Il giudice lombardo ha però ritenuto inammissibile tale eccezione, sia per ragioni processuali che di merito. Quanto al primo aspetto, il decidente ha precisato che, pur volendo aderire all'impostazione attorea - circa la nullità della nomina dell'amministratore che, nel momento del conferimento dell'incarico, versi in una delle condizioni di cui all'articolo 71 bis, comma 1 (come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità) - il rilievo d'ufficio di una nullità è ammissibile solo laddove il vizio sia basato su fatti ritualmente introdotti o, in caso, acquisiti alla causa, secondo le regole che disciplinano, pure sotto il profilo temporale, il loro ingresso nel processo (vedi Cassazione, sezione lavoro, 36353/2021).

Condizione che, nella fattispecie, è stata ritenuta non soddisfatta. Quanto, invece, al secondo aspetto, il giudice della causa pur riconoscendo, da una parte, che il rilievo officioso della nullità possa prescindere dalla tempestiva allegazione dei fatti in ragione dei quali la nullità venga dichiarata (o almeno dall'essere essi evincibili dalla documentazione ritualmente riversata agli atti della causa) e, dall'altra parte, che la nomina dell'amministratore del condominio qui convenuto debba essere considerata nulla per violazione di norma imperativa, ha ritenuto, ad ogni modo, che dalle duplici considerazioni non deriverebbero le conseguenze invocate dalla difesa attorea sotto il profilo del vizio di costituzione del condominio.

Il precedente della Cassazione

A tal riguardo, il decidente, per motivare l'assunto appena reso, ha proceduto a richiamare espressamente il seguente precedente della Cassazione, a mente del quale «l’amministratore del condominio conserva i poteri conferitigli dalla legge, dall’assemblea o dal regolamento di condominio anche se la delibera di nomina (o quella di conferma) sia stata oggetto di impugnativa davanti all’autorità giudiziaria per vizi comportanti la nullità o annullabilità della delibera stessa, ovvero sia decaduto dalla carica per scadenza del mandato, fino a quando non venga sostituito con provvedimento del giudice o con nuova deliberazione dell’assemblea dei condomini» (Cassazione, sezione 2, 7619/2006; nello stesso senso, Cassazione, sezione 2, 740/2007; precedenti anch'essi richiamati nella presente sede ex articolo 118, comma 1, disposizioni attuative del Codice di procedura civile).

Perdere uno dei requisiti di onorabilità non equivale a perdere i poteri

La conclusione che, pertanto, è data ricavare dalla fattispecie giudiziaria trattata è quella per cui la perdita sopravvenuta di almeno uno dei requisiti di onorabilità prescritti ex lege non comporta automaticamente l'estinzione dei poteri di rappresentanza dell'amministratore, quale mandatario dei condòmini (i cui poteri, in quanto tali, persisterebbero fino alla debita relativa sostituzione soggettiva). Si tratta di una tesi che mette avanti, anche in questo caso, il principio di continuità gestionale e che in sé susciterà un ampio dibattito tra gli addetti ai lavori.

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