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L’analisi - Superbonus: le ombre che emergono da uno studio della Banca d’Italia sugli investimenti green

Al nuovo esecutivo toccherà studiare un sistema di incentivazione strutturale del settore edilizio che determina i migliori effetti sul sistema economico e sulla occupazione

di Vincenzo Vecchio - presidente Appc


Alla fine del 2023 scadrà il termine per fruire in pieno della generosa elargizione dello Stato per il recupero energetico e per la diminuzione del rischio sismico degli edifici abitativi.
Occorre valutare però quali saranno gli effetti in termini di efficienza energetica, di aumento dei costi di produzione (per inflazione da domanda), di qualità degli interventi, di contenzioso giudiziario/fiscale e di impegno finanziario. Nulla di così generoso è mai stato elargito in nessun paese europeo. Le norme che hanno introdotto il superbonus sono state poco chiare e talmente lacunose che hanno reso necessario l'emanazione in meno di 18 mesi di ben 14 provvedimenti modificativi, con atti avente forza di legge, accompagnati da centinaia di circolari e risoluzioni.

La carenza di controlli

Una disposizione che non poteva funzionare perché carente nei controlli delegati ad asseverazioni da parte dei tecnici. Il controllo più efficace sarebbe stato quello fatto dal committente se avesse avuto un interesse in conflitto con l'appaltatore: avrebbe potuto spuntare prezzi migliori e una qualità superiore delle opere.Il provvedimento ha determinato un trasferimento, ad oggi, di oltre 50 miliardi, a favore di una minoranza di soggetti, meno dello 0,6% dei proprietari di immobili. Le asseverazioni degli interventi sulle unità singole, quindi su edifici non di tipo popolare, superano quelle condominiali.

Il superbonus nelle due modalità di eco e di sisma ha avuto effetti distorsivi sul sistema dei prezzi che sono aumentati a fronte di una offerta sostanzialmente rigida e che ha risposto nell'unico modo possibile: l'aumento del prezzo. Il provvedimento ha generato inoltre dei super profitti enormi a favore dei General contractor (nati come funghi) che hanno spuntato sconti da imprese (spesso create per lucrare sui super bonus) e professionisti intorno al 30% sul prezzo pagato dallo stato. Se si tiene conto che su un super bonus del 110%, il 10% è andato al sistema finanziario (banche, poste) e il 32% al “mediatore” nella gestione dell'appalto, è evidente come l'enorme quantità di ricchezza abbia avuto un effetto limitato sui beni reali e sui servizi del settore edilizio.

L'aspetto poi politicamente più preoccupante è quello regressivo e casuale del beneficio: solo pochi ne hanno approfittato e le risorse pagate da tutti i contribuenti sono state distribuite senza tener conto della vetustà degli edifici e a vantaggio prevalentemente dei redditi medio alti.

I costi del superbonus 110%

Nella tabella che potete consultare cliccando qui emergono dati sui costi connessi al superbonus che fanno tremare i polsi, un flusso enorme di miliardi pari a un quarto dell'intero Pnrr e i cui benefici reali dovranno essere dimostrati.Certo costruttori e professionisti sostengono la bontà del provvedimento, ma è come chiedere all'oste se il vino è buono. Ad agosto il totale della spesa è di 47 miliardi lievitata, secondo Enea, a fine settembre a 56 miliardi.Gli investimenti ammessi hanno un valore, per costi riconosciuti di 51 miliardi. I restanti 5 miliardi per l'intera copertura a carico dello Stato sono la maggiore detrazione fiscale riconosciuta per interessi nella attualizzazione del credito fiscale.

Le anomalie originarie del provvedimento

Nessuna priorità oggettiva è stata data per decidere chi dovesse beneficiarne, ad esempio privilegiando prima gli edifici più vecchi e le categorie catastali meno pregiate, i condomìni anziché le villette. L'effetto del superbonus distribuito a pioggia ha avuto come effetto il trasferimento di una mole enorme di risorse alla parte di popolazione che si colloca nelle fasce alte del reddito, soprattutto nelle aree residenziali e urbanisticamente pregiate del nord. Lo stesso in verità e peggio si è fatto con il superbonus facciate sino allo stop del novembre 2021.I contratti proposti dai General contractor ai committenti, soprattutto condomìni, sono stati contratti capestro con clausole vessatorie, senza garanzie per gravi vizi costruttivi che sicuramente in tantissimi casi emergeranno e che vedranno spesso edifici ancora più degradati di quello che erano prima dell'intervento.

Le delibere condominiali, spesso assunte in fretta e senza avvalersi di idonee consulenze legali e tecniche, si prestano a vizi a volte radicali sui quali tutti hanno soprasseduto per non perdere la ghiotta occasione del tutto, apparentemente, gratis. Abbiamo visto anche contratti che normalmente prevedevano la deroga al foro competente, la totale libertà nel sub appalto, la possibile cessione integrale del contratto e delle penali per i ritardi al limite del ridicolo (50 euro al giorno per appalti di milioni di euro). Solo con gli ultimi provvedimenti è stato introdotto quanto meno l'obbligo del rispetto dei contratti collettivi di lavoro in edilizia.

Cade l'ultimo idolo: l'efficienza energetica

Ora, cade l'ultimo tabù che aveva ispirato e motivato il superbonus: l'efficienza energetica e la salvaguardia dell'ambiente. Il recente studio della Banca d'Italia rubricato «Costi e benefici della transizione verde prevista nel Pnrr italiano. Una valutazione utilizzando il Social cost of carbon» ha fatto vedere a tutti che il re è nudo.Quando si impiegano risorse finanziari pubbliche, sempre limitate, occorre che il loro impiego, anche se finalizzato alla salvaguardia dell'ambiente, sia valutato correttamente. La stessa cifra impiegata in un settore può avere meno effetti positivi se impiegata in altri. L'analisi costi e benefici è un principio fondamentale delle politiche economiche. Purtroppo spesso si è guidati dalla emotività e si pensa che le scelte sull'impiego delle risorse finanziarie non debbano rispondere a criteri economici oggettivi.

Lo studio di banca d'Italia, il numero 720 del 18 ottobre 22, fa una analisi impietosa sui benefici ambientali derivanti dall'impiego di 13,95 miliardi di euro del Pnrr e che dovrebbe ridurre le emissioni di CO2 di 0,667 milioni di tonnellate entro il 2027. Va precisato che dei miliardi impiegati dallo Stato per i super bonus è solo questa la parte che viene finanziata dall'Europa, il resto sono risorse finanziarie che dovranno essere reperite da altre fonti (nuove tasse, debito pubblico, riduzione di altre spese, incremento del Pil).Lo studio curato da Matteo Alpino, Luca Citino e Federica Zeni, è pubblicato in lingua inglese e forse per questo ha avuto poca attenzione.Non è uno studio specifico e limitato al super bonus, ma all'insieme degli interventi finanziati per la transizione ecologica.

Si tratta quindi di un’analisi dei costi-benefici degli investimenti green contenuti nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr). Si calcolano i benefici futuri attualizzati in termini di riduzioni attese delle emissioni utilizzando varie stime del costo sociale del carbonio e si confrontano con il costo dell’investimento. I risultati che emergono dai diversi progetti «non avrebbero un valore attuale netto positivo, a meno che i responsabili politici non siano disposti a utilizzare tassi di sconto relativamente bassi e a dare maggiore peso ai benefici che ne derivano ai paesi in via di sviluppo. Il fatto che gli investimenti nell’ambito del Pnrr siano finanziati tramite debito a lungo termine aiuta a colmare il divario tra costi e benefici. Gli investimenti nelle energie rinnovabili sono un’eccezione, in quanto i loro benefici superano i costi in un breve lasso di tempo».

Lo studio di Banca d’Italia

Delle 20 pagine della relazione arricchita da formule e grafici solo due pagine sono dedicate alla «Efficienza energetica e ristrutturazione degli edifici». Nello studio viene evidenziato che due sono gli obbiettivi che il provvedimento si era posto con il super Bonus e l'impiego dei 13,5 miliardi del Pnrr: ridurre le emissioni di gas serra e stimolare l’attività economica nel settore delle costruzioni che ha grandi effetti moltiplicatori della spesa pubblica. La conclusione sul primo obiettivo è la seguente: «il superbonus non è conveniente per contrastare il cambiamento climatico. L'analisi dimostra che si raggiunge il punto di pareggio prima del 2100 solo quando si utilizza l’SCC di UBA con un tasso di sconto del 2%. Anche in questo caso, l’investimento iniziale viene completamente ripagato solo nel 2067. In tutti gli altri casi, l’attuale valore attualizzato delle riduzioni delle emissioni fino al 2100 provenienti dal superbonus varia tra 0,27 e 4,9 miliardi di euro, cioè tra l’1,9 e il 35,1 per cento del valore iniziale dell'investimento».

Conclusioni altrettanto pessimistiche si raggiungono sugli effetti moltiplicativi dell'impiego delle risorse pubbliche nel settore edilizio per gli effetti occupazionali, le risorse impiegate per numero di addetto incrementato sono una cifra spropositata (250 mila euro per unità incrementata).

Come superare i guasti senza interrompere gli investimenti

Quello del superbonus è una delle questioni che il Governo appena nato dovrà affrontare con urgenza e il presidente del consiglio Giorgia Meloni lo aveva già preannunciato nel corso della campagna elettorale. Certo non potrà ignorare le grandi carenze e distorsioni generate da un provvedimento nato male e gestito peggio, almeno sino all'arrivo di Draghi che ha tentato di limitarne i danni.Ricordiamo che Giorgetti nel governo precedente era stato tra i più critici sul super bonus, le sue parole furono tranchant: «Stiamo mettendo un sacco di soldi sull'edilizia che, per carità, può aver avuto senso sostenere nella fase più dura della pandemia e di certo contribuisce chiaramente alla crescita. Ma ora droghiamo un settore in cui l'offerta di imprese e manodopera è limitata. Stiamo facendo salire i prezzi e contribuiamo all'inflazione».

Anche l’ex ministro per le autonomie, Mariastella Gelmini, appena prima della caduta del governo, aveva iniziato ad avviare una proposta che coinvolgesse gli enti locali nella individuazione delle aree urbane su cui intervenire con priorità per il recupero del patrimonio urbanistico degradato e l'avvio delle comunità energetiche.Non bisogna però frustrare le aspettative innescate ed evitare che i cittadini possano pensare, spesso ne hanno avuto ragione, che lo Stato non rispetti gli impegni assunti.Si può e si deve equilibrare la giusta aspettativa (spesso illusione indotta da venditori di fumo) con il rigore dei conti pubblici, e far capire che la spesa pubblica eccessiva dovrà prima o poi essere pagata e come sappiamo il settore immobiliare è quello in cui è più facile intervenire tartassandolo.

Una proposta possibile è quella di fissare per i condomìni un termine all'accoglimento delle richieste, realisticamente il 31 dicembre 2022, per poter usufruire del bonus entro il 2023 come già previsto.Entro il 31 dicembre 2022 i condomìni, che sono gli ultimi per i quali la legge prevede la possibilità di accesso al superbonus, dovranno avere adottato le delibere di sottoscrizione dei contratti con obbligo di registrazione per darvi data certa. Nel frattempo occorre mettere mano ai vari bonus trasformandoli radicalmente e rivedendo le norme dell'istituto condominiale che disciplinano le deliberazioni in merito alle spese straordinarie mutuandone alcune dall'istituto comunione e cambiando radicalmente il n. 4 del comma 1 dell'articolo 1135 Codice civile.

Studiare un sistema di incentivazione strutturale

È una materia quella del superbonus 110% su cui è necessario intervenire velocemente, sbloccando ulteriormente le cessioni, ma ponendo dei limiti alle truffe e all'incremento dei prezzi. Contestualmente occorre studiare un sistema di incentivazione strutturale nel settore del recupero edilizio: l'edilizia da sempre è il settore che determina i migliori effetti sul sistema economico e sulla occupazione.I controlli burocratici invasivi non solo sono inutili, ma sovente sono lo strumento di incentivazione della truffa. Il controllo migliore lo fanno i fruitori del beneficio fiscale se vengono però responsabilizzati e se una parte degli oneri rimane a loro carico: senza responsabilità non c'è libertà e non c'è neppure giustizia sociale ed equità.

Una riflessione finale

Il nostro stato ha vissuto in passato (mi riferisco al secondo dopoguerra) momenti ben più difficili e ne è uscito brillantemente: siamo una grande nazione il cui popolo nei momenti drammatici è capace di fare miracoli. Appc nel convegno di Genova del 20 maggio 2022 ha lanciato una proposta seria, che va approfondita, ma che ha trovato attenzione nel mondo accademico: un nuovo Piano Fanfani diretto non alle nuove costruzioni, ma al recupero del patrimonio edilizio (non solo abitativo) in degrado. Quel piano permise la realizzazione in tempi molto brevi, meno di 10 anni, di 2,5 milioni di vani.

È quella l'esperienza a cui ispirarsi. un prestito di almeno quaranta anni a zero interessi e con una ridotta detrazione fiscale sull'intero intervento. Il tutto va preceduto da una seria riforma dell'istituto condominiale. Esso va inteso non come strumento di conservazione dell'esistente, ma come istituto giuridico innovativo che agevoli la proprietà edilizia ponendo come obiettivo la salvaguardia dell'aspetto estetico architettonico, la sicurezza, il rispetto dell'ambiente, la vivibilità delle città e il risparmio energetico.