L’assemblea è libera di decidere se e come utilizzare un bene comune
Il sindacato del giudice riguarda solo l’eccesso di potere che può concretizzarsi nell’ipotesi di concessione di favori solo ad alcuni condòmini
L'uso della cosa comune postula che, in condominio, tutti i proprietari abbiano il diritto di utilizzare i beni e i servizi comuni. Si pensi, ad esempio, a cortili ed ai viali. Se tale affermazione risulta pacifica, stessa cosa pare non possa dirsi per quanto riguarda il potere dell'assemblea condominiale di disciplinarne l'utilizzo. L'assemblea può decidere in modo vincolante per tutti i condòmini? Sul punto, in passato, il Tribunale di Roma si è pronunciato con la sentenza 11876/2020.
L’uso dei beni comuni
La sentenza citata ci è utile per ricordare che l’assemblea condominiale può disciplinare l’uso dei beni e dei servizi comuni, senza necessità di far ricorso al cosiddetto regolamento contrattuale e/o alla convenzione approvata all’unanimità. Secondo la Cassazione, «rientra nei poteri dell’assemblea del condominio di disciplinare la gestione dei beni e dei servizi comuni, ai fini della migliore e più razionale utilizzazione di essi da parte dei condòmini [...]. In tal caso il provvedimento, se non sottrae il bene comune alla sua destinazione principale o non ne impedisce l’uso paritario a tutti i condòmini secondo il loro diritto, ben può essere adottato a maggioranza, trattandosi di una modificazione delle modalità di utilizzazione del bene o di svolgimento del servizio, che non incidono sul diritto di cui sono titolari i singoli condòmini (Cassazione 7711/2007)».
La pronuncia del Tribunale di Roma
Recentemente, sempre il Tribunale di Roma, è tornato ad affrontare l'argomento, con la sentenza 17752 pubblicata il 15 novembre 2021. Nel caso di specie, un condomino impugnava una delibera, ritenendola affetta da nullità insanabile in quanto integrante un atto emulativo ai sensi dell’articolo 833 Codice civile, lesiva dei diritti del condomino. Chiedeva, inoltre, il risarcimento dei danni patiti, da valutarsi in via equitativa. Secondo l'attore, con una precedente delibera assembleare, era stato deciso di realizzare posti auto al servizio delle unità immobiliari del condominio. Lamentava che il locale che doveva essere adibito per ospitare i posti auto predetti e che, dunque, doveva diventare l’autorimessa a servizio degli appartamenti giaceva inutilizzato, senza vantaggio per alcuno.
Si costituiva il condominio che evidenziava la difficoltà che sarebbe derivata dalla realizzazione dei posti auto, aggravata dall'ingente spesa che si sarebbe resa necessaria e, soprattutto, sottolineava «che, semplicemente, nel tempo era mutata la volontà della maggioranza dei condòmini».Il Tribunale di Roma, con la sentenza 17752/21 ha rigettato la domanda attorea con motivazioni che possono così riassumersi : il sindacato dell’autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea quale organo sovrano della volontà dei condòmini ma deve limitarsi al riscontro della legittimità della delibera.Le scelte di opportunità e convenienza, in altre parole, spettano all’assemblea (Cassazione 20125/17).
L’assemblea è sovrana
Secondo il giudice romano, al Tribunale è consentito un controllo di tipo del tutto residuale e limitato alle ipotesi di cosiddetto eccesso di potere, ossia ai casi (rari e estremi) in cui la discrezionalità dell’assemblea si sia tradotta in arbitrio in favore o a danno di taluno dei condòmini.In dottrina, per rendere più chiaro l'esempio, si menziona il caso dell’autorizzazione all’amministratore a non richiedere le quote ad un condomino; del comodato gratuito di un locale condominiale ad un condomino a fronte di altri condòmini interessati ad utilizzarlo a pagamento.
Deve, in altre parole, risultare evidente che l’assemblea abbia inteso realizzare finalità estranee agli interessi del condominio, o abbia posto in essere una situazione di evidente pregiudizio per la collettività. Si legge, invero, in sentenza, che «la decisione di non dare ad un locale una determinata destinazione (revocando una precedente delibera di segno opposto) non sconfina nell’eccesso di potere atteso che l’assemblea è libera di decidere se e come utilizzare un bene comune».Il giudice, pertanto, rigettava la domanda con condanna al pagamento delle spese di lite.
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di Carlo Pikler - Centro studi privacy and legal advice