La responsabilità penale dell'installatore nell'incendio del tetto dell'edificio
Il tecnico redige dichiarazione di conformità in cui sono elencate le norme tecniche e i materiali certificati impiegati
Il Dm 37/2008 prevede che la realizzazione degli impianti tecnologici degli edifici deve essere compiuta da tecnici in possesso di precisi requisiti (articolo 3); tali soggetti devono essere incaricati obbligatoriamente dai committenti e dai proprietari (articolo 8). Al termine dei lavori il tecnico effettua le verifiche, anche relative alla funzionalità, e redige la dichiarazione di conformità in cui sono elencate le norme tecniche e i materiali certificati impiegati. La redazione di tale atto implica per l'installatore precise responsabilità giuridiche.
Il caso trattato
La Corte di appello condannava il legale rappresentante di una ditta installatrice per il reato di incendio colposo (articoli 423,449 Codice penale), in quanto aveva compiuto l'installazione, l'accensione e il collaudo di un camino in ghisa, inserito in un preesistente in muratura, il quale causava l'incendio del tetto dell'edificio. Al condannato era stata contestata la violazione della norma tecnica UNI EN 15287-1, poiché non isolava il tubo di acciaio, il quale trasmetteva il calore ad una trave del tetto, incendiandola, e il fuoco si propagava al tetto.
La decisione del giudice di legittimità
La Cassazione (sentenza 17208/2023) annullava la sentenza e la rinviava alla Corte di appello per un nuovo giudizio. Si sottolineava che l'imputato era il legale rappresentante dell'impresa, ma aveva nominato, ai sensi del Dm 7/2008, un responsabile tecnico preposto alla attività di installazione, trasformazione, manutenzione e ampliamento degli impianti di riscaldamento. Pertanto, se il legale rappresentante risponde civilmente dell'esecuzione dell'impianto, dal punto di vista penale, la valutazione della sua colpa deve risiedere nell'esigibilità del suo comportamento e nella concreta possibilità, per le sue qualità personali, di uniformarsi alla regola (Cassazione 1096/2020).
Non solo: il preposto è il soggetto al quale compete la redazione del progetto, l'indicazione dei materiali utilizzati e la verifica dell'impianto, documenti che sono parte integrante della dichiarazione di conformità (articolo 7 Dm 37/2008). Gli errori relativi a tale atto sono riferibili al responsabile tecnico, mentre al legale rappresentate può essere addebitata soltanto una culpa in eligendo, per avere nominato come incaricato dell'esecuzione dei lavori, un soggetto non qualificato o una culpa in vigilando per non avere verificato che i lavori siano stati eseguiti sotto la sorveglianza del responsabile tecnico , sulla base di un progetto da lui predisposto e con l'utilizzo di materiali dotati dei prescritti requisiti di sicurezza.
Il titolare dell’impresa e le sue competenze
La responsabilità del titolare dell'impresa - aggiungono i supremi giudici - non può essere desunta dalla sola sottoscrizione della dichiarazione di conformità, salvo che il titolare predetto risulti avere la competenza tecnica atta a verificare in prima persona la conformità anche dal punto di vista tecnico, oltre che professionale, oppure che risulti la sua ingerenza in concreto nell'attività del tecnico, mediante la sostituzione o l'interferenza nelle sue scelte.
Alla Corte di appello del giudizio di rinvio sarà quindi demandato accertare se la nomina del responsabile tecnico sia stata dovuta alla mancanza dei requisiti professionali , stabiliti dal Dm 37/2008, del responsabile della ditta , o se lo stessi si ingerì nella realizzazione dell'impianto, partecipando ai sopralluoghi o sovraintendendo alla sua realizzazione o se siano ravvisabili in suo capo profili colposi nella scelta delle maestranze o nella verifica dell'adempimento , da parte del responsabile tecnico, dei compiti a lui affidati.