Condominio

Liti per lesione del diritto di veduta e distanze: necessario il litisconsorzio dei legittimati passivi

Altrimenti la eventuale sentenza che li condannerà ad “un fare” non può concretamente e pienamente produrre i suoi effetti

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di Ivana Consolo

Il numero di controversie giudiziarie nascenti dai rapporti di vicinato, è sempre alquanto significativo; esattamente come significativa appare la circostanza che, per tali liti, si arrivi sino alla nostra Suprema corte. Tutto ciò lascia intendere che le variabili di volta in volta presenti richiedano la formulazione di principi di diritto evidentemente non ancora ben acquisiti. È il caso della pronunzia che andremo ad esaminare; trattasi dell'ordinanza numero 12201, emessa dalla seconda sezione civile della Cassazione in data 14 aprile 2022.

La vicenda
Oggetto della lite che contrappone i vicini, è la costruzione di manufatti sul confine tra due proprietà. Le proprietà in parola, sono rappresentate da un fabbricato e da una palazzina su due piani in comproprietà tra due fratelli, autori dei manufatti che vanno a ledere le vedute del confinante, con contestuale violazione delle regole sulle distanze legali. I comproprietari della palazzina, venivano citati in giudizio con lo scopo di chiedere ed ottenere la loro condanna all'arretramento delle costruzioni, al ripristino delle vedute, ed al risarcimento del danno subito dal vicino. I due differenti gradi di giudizio avevano esiti contrastanti; ma è la sentenza di secondo grado ad accogliere le ragioni del ricorrente. Essa statuiva in maniera dettagliata gli interventi che i due germani avrebbero dovuto porre in essere per rimuovere ogni possibile nocumento al vicino. È dunque di tutta evidenza che i soccombenti non abbiano accettato di buon grado l'esito del giudizio, e si siano determinati a rivolgersi alla Cassazione.

Rapporti di vicinato e litisconsorzio necessario
Investiti della vicenda, gli ermellini focalizzano l'attenzione su un aspetto peculiare: la contitolarità di diritti sul primo piano della palazzina. Difatti, dagli atti e documenti di causa, era emerso che, unitamente ad uno dei due germani, anche una terza persona vantava diritti sul primo piano della palazzina; tuttavia, costei non aveva preso parte al procedimento. La Cassazione, richiamandosi ad un proprio consolidato orientamento, ribadisce il principio secondo cui, onde evitare che una sentenza di condanna alla rimozione o all'arretramento di un manufatto che lede distanze e vedute, resti inutilmente resa, è necessario che tutti coloro che vantano diritti sui beni interessati dai manufatti lesivi partecipino al giudizio, in veste di litisconsorti necessari.

Non si porrebbe il problema, se l'azione giudiziaria venisse esperita al solo fine di chiedere un risarcimento, o se la situazione di comproprietà fosse sul versante attivo (ovvero dalla parte di chi decide di adire la giustizia). Perché tale differenza? Un risarcimento, ben potrebbe essere corrisposto da chiunque dei contitolari del bene, salvo poi accordarsi tra loro per il recupero delle somme anticipate da uno di essi. Non appare perciò necessaria la compartecipazione passiva alla causa promossa dal vicino solo ed esclusivamente per arrivare al ristoro economico.Quanto invece all'indifferenza della sussistenza o meno di diritti condivisi tra i legittimati attivi, si può esemplificare: Tizio e Caio sono comproprietari di un edificio, ed i loro diritti di veduta vengono lesi dall'opera del vicino.

La condanna ad «un fare»
Solo Tizio agisce per ottenere il rispristino dello stato dei luoghi, ed ottiene una sentenza favorevole che produrrà i suoi effetti anche a beneficio di Caio, la cui partecipazione al giudizio si rivela non necessaria. Ma è di ogni evidenza che, per addivenire al ripristino dello stato dei luoghi mediante attività imposta dal giudice al confinante soccombente, è strettamente necessaria la valutazione complessiva dell'edificio su cui insistono le opere lesive di altrui diritti. Esemplificando: Tizio e Caio sono comproprietari di un edificio; se sulla parte di proprietà di Tizio viene realizzato un manufatto che cagiona la lesione del diritto di veduta del vicino, e sulla parte di proprietà di Caio vi è un manufatto che non rispetta le distanze legali, la compartecipazione alla causa di entrambi i comproprietari, diviene essenziale affinché la sentenza che li condannerà ad “un fare”, possa concretamente e pienamente produrre i suoi effetti impositivi nei confronti di entrambi.

Fatta la doverosa spiegazione del principio di diritto elaborato dalla Cassazione, possiamo tornare al caso di specie, per applicarlo. Nella vicenda esaminata, è l'intera palazzina, con tutti e due i suoi livelli, a presentare manufatti tali da ledere il confinante; ed il primo piano appartiene non solo ad uno dei due fratelli, ma anche ad un'altra persona che, in ossequio al principio fin qui illustrato, avrebbe dovuto rivestire il ruolo di litisconsorte necessaria in entrambi i gradi di giudizio. Dall'ineludibilità del litisconsorzio, per come sin qui argomentata, deriva un'ulteriore conseguenza: la necessità che il procedimento debba essere invalidato fin dal suo principio. Pertanto, cassata la sentenza d'appello, il giudizio deve essere rinviato al giudice di primo grado, affinché si provveda a far ricominciare tutto daccapo, con la corretta integrazione del contraddittorio.

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