Locazione ad uso commerciale: è il giudice a decidere l’importanza dell’inadempimento
A differenza di quanto previsto dalla legge sull’equo canone per le locazioni ad uso abitativo
La proprietaria di un locale commerciale agiva in giudizio per ottenere lo sfratto della propria inquilina e l'immediato rilascio dei locali dovuto alla morosità di questa. Si costituiva in giudizio la conduttrice affermando di avere nel frattempo pagato le spese arretrate e che, in ogni caso, l'inadempimento fosse di scarsa importanza. Il Tribunale, all'esito del processo, accoglieva le ragioni della proprietaria, convalidando lo sfratto.
Detta decisione veniva impugnata in sede da appello da entrambe le parti: la proprietaria la contestava per la mancata declaratoria di rilascio immediato dell'immobile, mentre l'inquilina contestava il presupposto stesso dello sfratto, sulla base della scarsa importanza del proprio inadempimento.
La pronuncia di secondo grado
La Corte d'appello, tuttavia, accoglieva il solo appello della proprietaria, confermando quindi lo sfratto e aggiungendo alla sentenza di primo grado anche l'ordine di rilascio dei locali.La decisione del giudice del riesame era fondata sull'applicazione dell'articolo 1455 del Codice civile.Tale norma afferma infatti che «il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra».Il Tribunale prima, e la Corte d'appello in seguito, avevano entrambi valutato – in applicazione della predetta norma – che l'inadempimento della conduttrice fosse di importanza tale da legittimare la convalida dello sfratto.La vicenda approdava quindi in Cassazione, a seguito del ricorso dell'inquilina.
La pronuncia della Suprema corte
Con la sentenza Cassazione sezione terza civile, 7 dicembre 2020, numero 27955, la Suprema corte rigettava il ricorso.Secondo gli ermellini, infatti, in materia di importanza dell'inadempimento del conduttore la legge 392 del 1978 (all'articolo 41) esclude dai contratti di locazione ad uso commerciale l'applicazione dell'articolo 5 della medesima norma.L'articolo 5 della legge sull'equo canone prevede una deroga all'articolo 1455 del Codice civile per i contratti di locazione ad uso abitativo in ragione della quale l'importanza dell'inadempimento è predet erminata ed è sottratta al sindacato del giudice: l'inadempimento sarà quindi di non scarsa importanza laddove superi, per oltre venti giorni, l'importo di un canone di mensilità di locazione o di oneri accessori pari a due mensilità.
Con riguardo ai contratti di locazione ad uso commerciale, tuttavia, tale norma non si applica (tesi confermata dalla giurisprudenza: si veda Cassazione 20 gennaio 2017, numero 1428 o Cassazione 26 novembre 2018, numero 30730) e quindi spetta al giudice di merito, in applicazione dei dettami dell'articolo 1455 del Codice civile, decidere sull'importanza o meno dell'inadempimento di una delle parti del contratto di locazione.A valutare sulla gravità dell'inadempimento, quindi, sarà il giudice di merito caso per caso, potendo anche legittimamente applicare i criteri dell'articolo 5 della legge sull'equo canone anche ai contratti di locazione ad uso commercia le, ma non essendo in alcun modo vincolato a farlo.
Nel caso in questione, sosteneva quindi la Cassazione, non potendosi applicare l'articolo 5 della legge 392 del 1978, la Corte d'appello aveva correttamente deciso la controversia applicando l'articolo 1455 del Codice civile. Gli ermellini rigettavano quindi il ricorso della conduttrice, confermando la decisione della Corte d'appello che aveva valutato come – nel caso concreto – la morosità della conduttrice e le modalità di gestione dell'immobile costituissero un inadempimento di non scarsa rilevanza per la parte proprietaria, legittimando la sua domanda di sfratto e rilascio dell'immobile.
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di Nicola Frivoli – Avvocatodi Nicola Frivoli – Avvocato