Non basta il regolamento di condominio per comprendere se il cortile si possa definire bene comune
Nel caso esaminato in contestazione era la proprietà di un cortile adiacente allo stabile utilizzato dai condòmini come parcheggio
Il regolamento di condominio ha come unico scopo quello di disciplinare l'uso della cosa comune e ripartire le spese di gestione condominiale; esso non può essere usato per accertare l'appartenenza o meno di un manufatto al condominio. Ai sensi dell'articolo 1117 del Codice civile, infatti, l'estensione della proprietà condominiale di fondi separati e autonomi rispetto al complesso immobiliare in cui ha sede il condominio può essere giustificata solamente mediante un titolo idoneo di proprietà. Questi i principi enunciati dalla sentenza di Cassazione, sezione II, 20 marzo 2023, numero 7917.
I fatti di causa e le pronunce di merito
La questione in oggetto riguardava l'azione legale intentata da un condominio avverso un soggetto non appartenente allo stabile, il quale aveva apposto dei lucchetti volti ad impedire l'accesso dei condòmini su un cortile adibito a parcheggio. A detta del condominio attore, infatti, la chiusura del fondo sarebbe stata illegittima in quanto il manufatto sarebbe stato da anni utilizzato dai condòmini come parcheggio e la sua esistenza e funzione sarebbe stata indicata nel regolamento condominiale.
Si costituiva in giudizio il convenuto contestando le allegazioni del condominio e sostenendo invece la proprietà privata del manufatto. Il condominio vedeva le proprie ragioni accolte sia in primo grado, che in sede di giudizio d'appello. Al proprietario convenuto, stante la duplice soccombenza nei gradi di merito, non restava che agire in sede di Cassazione.
Il ragionamento della Suprema corte
A tal fine egli depositava un ricorso con il quale, in buona sostanza, contestava il giudice d'appello per avere basato il proprio convincimento sulla natura condominiale del cortile sul regolamento condominiale e sulla perizia d'ufficio realizzata nel corso del giudizio di prime cure. Il ricorrente affermava come il regolamento non potesse applicarsi allo stesso, in quanto egli non faceva parte del condominio ed era a tutti gli effetti un terzo.Con la sentenza in commento la Suprema corte accoglieva il ricorso del proprietario.
Secondo gli ermellini, infatti, il ragionamento della Corte d'appello era stato fattualmente corretto laddove il giudice aveva fatto ricorso ad una consulenza tecnica per identificare il manufatto e aveva utilizzato il regolamento di condominio per accertare quali fossero le parti comuni ivi elencate.Il ragionamento dei giudici di merito, invece, era risultato fallace dal punto di vista del diritto.
La Corte, infatti, non aveva debitamente tenuto conto del fatto che il ricorrente avesse acquistato autonomamente sia la propria abitazione che il fondo sul quale insisteva il cortile e che egli non avesse la qualità di condomino.Il regolamento di condominio, quindi, era del tutto inopponibile allo stesso, in quanto egli era un terzo ed era dotato di autonomo diritto di proprietà sul bene oggetto della lite.Il condominio, invece, non poteva vantare alcun autonomo diritto di proprietà sul cortile e conseguentemente le uniche presunte prove sulla condominialità del bene erano la sua inclusione nel regolamento di condominio e la perizia realizzata in giudizio.
Quando il bene è ricompreso nel condominio
Secondo la Cassazione, tuttavia, tali elementi non erano in grado di far annoverare il bene come condominiale, dato che, ai sensi dell'articolo 1117 del Codice civile, «l'estensione della proprietà condominiale ad edifici o fondi separati ed autonomi rispetto al complesso immobiliare in cui ha sede il condominio può essere giustificata soltanto in ragione di un titolo idoneo a far ricomprendere il relativo immobile (fabbricato o terreno) nella proprietà del condominio stesso, qualificando il bene come ad esso appartenente» (così anche in Cassazione 8012/2012 e Cassazione 9105/2013).In ragione di tali conclusioni, la Cassazione accoglieva il ricorso e rinviava il giudizio alla Corte d'appello per una nuova valutazione sul merito.
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