Nulla la delibera di installazione dell’impianto di ascensore che danneggia la proprietà del condomino
L’attuale disciplina favorisce l’abbattimento delle barriere architettoniche ma lascia inalterate le limitazioni previste dal Codice civile
È nulla la delibera di installazione dell’impianto di ascensore adottata nell’interesse comune, se da essa consegua la violazione dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva. È questo il principio di diritto evidenziato dal Tribunale di Frosinone con la recente sentenza 326 depositata il 24 marzo 2022. Sin d'ora è opportuno precisare che la sentenza viene resa tenendo conto della formulazione dell'articolo 2, commi 1 e 2, legge 13/89, vigente al momento dell'approvazione della delibera oggetto di causa (12 luglio 2014).
L’attuale normativa di favore
Oggi, infatti, la disciplina ha subito delle modifiche : l'attuale articolo 2 della legge 13/1989 prevede testualmente : «1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all’articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, numero 118, ed all’articolo 1, primo comma, del Dpr 27 aprile 1978, numero 384 (ora Dpr 24 luglio 1996, numero 503), nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all’interno degli edifici privati, sono approvate dall’assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell’articolo 1120 del Codice civile. Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell'articolo 1121, primo comma, del Codice civile. Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell'articolo 1120 del Codice civile. (comma così modificato dall’articolo 27 della legge 220 del 2012 poi dall’articolo 10, comma 3, del Dl 76/ 2020).
La vicenda
La causa nasceva a seguito della domanda giudiziale proposta da due condòmini che convenivano in giudizio il condominio rappresentando di essere proprietari di un appartamento al primo piano nel complesso immobiliare sito in Fiuggi. Lamentavano gli attori il fatto che l'assemblea avesse deliberato, a maggioranza semplice e nel dissenso degli stessi, che il condomino venisse autorizzato a realizzare una «passerella esterna al fabbricato». In particolare si dolevano che «l'opera, seppure volta al superamento e all'eliminazione delle barriere architettoniche nell'edificio, costituiva un'innovazione vietata ex articolo 1120 Codice civile in quanto arrecava pregiudizio alla sicurezza del fabbricato, ne alterava il decoro architettonico, ne modificava i prospetti e rendeva alcune parti dell'edificio condominiale inservibili all’uso e al godimento dei condòmini».
I limiti all’installazione
In diritto, il giudice laziale rammenta che, per giurisprudenza pacifica, deve ritenersi la nullità della delibera di installazione dell’impianto di ascensore adottata nell’interesse comune, se da essa consegua la violazione dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva (così Cassazione 12930/2012; anche, da ultimo, Cassazione 23076/2018 ). In primo luogo occorre osservare, si legge nella sentenza 326/2022, come la giurisprudenza sull'applicabilità dell'articolo 1120 Codice civile relativamente all'installazione di manufatti volti all'abbattimento delle barriere architettoniche ha sancito il principio in virtù del quale «sia gli interventi deliberati dall'assemblea ai sensi dell'articolo 1120 Codice civile, sia peraltro quelli posti in essere dal singolo condomino ai sensi dell'articolo 1102 Codice civile, incontrano il medesimo limite dettato da norma imperativa: il divieto di incidere negativamente sui diritti individuali dei singoli condòmini, oppure di ledere il decoro architettonico del fabbricato, oppure infine di provocare pregiudizio alla sua stabilità o sicurezza».
Nessuna deroga alle previsioni codicistiche
Se, invero, l'innovazione sia lesiva di uno qualsiasi dei predetti limiti, ed indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative, la stessa sarà vietata ai sensi dell'articolo 1120 Codice civile, comma 4, in quanto le innovazioni dirette ad eliminare le barriere architettoniche non derogano all'articolo 1120 Codice civile ma soltanto alla maggioranza richiesta dall'articolo 1 136 Codice civile (in particolare, Cassazione 23076 del 26 settembre 2018, emessa in relazione ad una fattispecie nella quale è stata ritenuta la nullità della delibera condominiale perché ne era seguita la realizzazione nella comune corte interna dell’edificio, di un ascensore che aveva ridotto la luce e l’aria dell’appartamento, posto al piano terra, della ricorrente e impedito a quest’ultima l’uso di una porzione rilevante della stessa corte).
La passerella in ferro
Nel caso di specie, «l'installazione di una struttura fissa, qual è nel caso di specie la passerella oggetto di causa, realizzata per il superamento di barriere architettoniche incontra invero il limite di cui all'articolo 1120, comma 4, Codice civile», e ciò ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 2, legge 13/89 nella formulazione vigente al momento dell'approvazione della delibera oggetto di causa.
Nella specie l'installazione della passerella in ferro ha violato l'articolo 1120, comma 4, Codice civile sotto vari e plurimi profili, ciascuno di per sé solo sufficiente a determinare la nullità della delibera :
1) è stato alterato il decoro architettonico del fabbricato, stante il forte e negativo impatto visivo della passerella rispetto alle linee di sviluppo del fabbricato, come desumibile dall'esame delle fotografie in atti e dalle condivisibili valutazioni in proposito formulate dal Ctu;
2) sussistenza di pericolo di pregiudizio alla sicurezza dell'edificio, in ragione della realizzazione della passerella senza le prescritte autorizzazioni relative alla normativa antisismica;
3) lesione del diritto di proprietà individuale degli attori in relazione all'appartamento di loro proprietà, in ragione della derivatane riduzione della luminosità del vano cucina del loro appartamento come desumibile in via immediata dall'esame delle fotografie in atti nonché come risulta dalla valutazione in proposito svolta dal Ctu.
Conclusioni
Per tutti questi motivi, il Tribunale dichiarava la nullità della delibera condominiale impugnata.Oggi, come sopra indicato, la legge 13/1989 ha subito modifiche che hanno portato la giurisprudenza a riconsiderare, seppur in parte, i limiti suddetti, con una disciplina di maggior favore per gli aventi diritto. In via esemplificativa, si segnala la sentenza 355 del 14 gennaio 2020, con cui il Consiglio di Stato (sezione II) ha affrontato la necessità di giusto equilibrio tra la richiesta di rimozione delle barriere architettoniche e la tutela degli immobili di interesse storico e architettonico.
In quell'occasione, la richiesta di installazione di un ballatoio in struttura metallica di smonto all’impianto dell’ascensore - struttura indispensabile per il superamento della rampa di scale da parte di condomina portatrice di handicap – era stata negata dal Comune di Napoli «in quanto si configurerebbe alterazione della facciata laterale dello stabile». Veniva, cioè, dato peso al decoro architettonico senza necessità di valutazione della eventuale gravità e serietà del pregiudizio estetico sofferto dallo stabile. Il Consiglio di Stato, tuttavia, in quell'occasione ha avuto modo di precisare che l’articolo 4 della legge 9 gennaio 1989, numero 13 «Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati», prescrive che gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche previsti dall’articolo 2 della legge, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate nel senso descritto, possono essere effettuati anche su beni sottoposti a vincolo come beni culturali, e la relativa autorizzazione, come previsto dal comma 4 di tale articolo, «può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato».
Peraltro, con un diniego che necessita di motivazione che indichi «la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l’opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall’interessato».Un'ottica di giusta e maggiore apertura in favore dei disabili (e degli anziani), in forza del perseguimento della tutela costituzionale dell'articolo 32 della Costituzione e delle direttive sovranazionali.