Ponteggio in condominio: il nesso di causalità tra danno e condotte va sempre rigorosamente dimostrato
Solo una volta provato, scatta l’obbligo di risarcimento della parte danneggiata
L’esecuzione di lavori straordinari in condominio rappresenta quasi sempre occasione di contenzioso. Le motivazioni sono molteplici ma, quando per l’esecuzione dei lavori ci si avvale di un ponteggio stabile, non è raro che la causa del conflitto sia proprio questa struttura, che si presta a costituire un fattore di rischio e/o disturbo per i condòmini.
Esiste copiosa giurisprudenza, tanto di merito che di legittimità, che si sofferma sulle responsabilità che l’ impresa esecutrice dei lavori e il condominio potrebbero avere nella causazione di eventuali danni (favoriti dalla presenza del ponteggio). La sentenza che andremo ad esaminare si aggiunge a un cospicuo novero, occupandosi di un furto in appartamento agevolato, a dire dei derubati, proprio dalla presenza di una impalcatura.
La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza civile 961/2022 , precisa i confini delle responsabilità imputabili a ditta e condominio, evidenziando l’importanza di un quadro probatorio ben delineato.
I fatti di causa
In un fabbricato ubicato a Crotone, venivano avviati lavori di ristrutturazione straordinaria che rendevano necessaria l’installazione di un ponteggio stabile. I condòmini proprietari di un appartamento posto al primo piano dello stabile in questione si sono sentiti legittimati a ricorrere ai giudici per fare valere la responsabilità del condominio e della ditta appaltatrice. Difatti, degli ignoti erano entrati nella loro abitazione dalla finestra della cucina posta su un balcone, forzando la tapparella e tagliando il vetro, e avevano rubato oggetti preziosi custoditi in camera da letto. Gli attori deducevano che il furto era stato sicuramente agevolato dalla presenza del ponteggio montato all'esterno del fabbricato, mediante l'utilizzo della scaletta (collocata all'interno dello stesso) colpevolmente lasciata accessibile dalla ditta. Il condominio, dal canto suo, non aveva assolto all'obbligo di vigilare sull'operato dell'impresa.
Risarcimento obbligatorio in caso di nesso tra condotta e danno
Avviatosi il giudizio, si costituivano entrambi i convenuti (condominio e impresa), che ovviamente chiedevano il rigetto della domanda attorea. Il Tribunale di Crotone qualificava la domanda introduttiva del giudizio come azione di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’articolo 2043 del Codice civile. Si tratta di un’ipotesi generale di responsabilità, che impone a tutti i consociati di astenersi dal tenere condotte (omissive o commissive) tali da nuocere al prossimo. In caso contrario, in presenza della dimostrazione del nesso causale tra danno e condotta (a cui è rigorosamente tenuto colui che si dice danneggiato), scatta l’obbligo risarcitorio.
Ebbene, sulla base dei fatti tempestivamente allegati dagli attori (presenza di una scaletta collocata all'interno del ponteggio e accessibile a terzi), il Tribunale rigettava le doglianze dei condòmini, ritenendo non adeguatamente dimostrati gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale e, in particolare, la condotta colposa attribuita all'impresa, il nesso di causalità tra la condotta e l'evento dannoso (furto) e lo stesso danno allegato dagli attori.
Il ricorso dei condòmini
Per nulla soddisfatti dell’esito del procedimento, i condòmini decidevano di ricorrere in appello, adducendo i seguenti motivi:
1) un’errata valutazione della testimonianza del dipendente della ditta appaltatrice (il teste aveva dichiarato che le scale del ponteggio venivano tolte dopo il turno quotidiano e, una volta rimosse, le botole venivano chiuse), utilizzata dal giudice di primo grado per ritenere non provata la condotta omissiva colposa dell'impresa e il nesso di causalità tra l’omessa predisposizione di precauzioni ritenute idonee ed evitare l'uso del ponteggio ad opera di terzi, dunque il supposto furto;
2) l’errata qualificazione, da parte del giudice di primo grado, della responsabilità a carico del condominio e dell'impresa ai sensi dell'articolo 2043 del Codice civile. Gli appellanti ritenevano invece sussistente l’ipotesi contemplata dall’articolo 2051 del Codice civile: responsabilità oggettiva per omessa custodia o vigilanza.
Dalle immagini la scala non avrebbe agevolato il furto
È stata la Corte d’appello di Catanzaro a dirimere la controversia e lo ha fatto attraverso una sentenza che, partendo da consolidati orientamenti di Cassazione, ha delineato i confini delle possibili responsabilità di imprese appaltatrici e condòmini committenti. La Corte ha passato in rassegna i motivi d’appello proposti dai condòmini. Ad avviso dei giudici d’appello, il primo motivo (erronea valutazione della testimonianza) non ha colto nel segno: difatti, il Tribunale ha basato la sua motivazione valorizzando principalmente i rilievi degli agenti di Polizia intervenuti sul posto.
Esaminando le fotografie eseguite dalle autorità nell'immediatezza della denuncia di furto e senza essere smentito da dati oggettivi di segno contrario, il giudice ha dato atto che, sull'impalcatura installata presso la facciata dell'edificio, rivestita da una rete di protezione lungo l'intera estensione del relativo muro perimetrale, emergeva la presenza di una sola scala metallica posizionata all'altezza dell'appartamento di proprietà degli attori, ubicato al primo piano. Tuttavia, non vi era alcuna immagine idonea a dimostrare che la scala collegasse il balcone dell’abitazione con la strada sottostante, agevolando l’accesso di malintenzionati.
Pertanto, il Tribunale ha fondato il proprio convincimento non tanto e non solo sulle dichiarazioni del teste, come sostenuto dagli appellanti, bensì sull'assenza di prova dell'unico fatto tempestivamente posto a fondamento della domanda attrice: la presenza di una scala all'interno del ponteggio che, dal piano strada, aveva consentito a terzi di accedere al livello dell'impalcatura coincidente con il balcone dell'appartamento dei coniugi.
Nessuna prova a supporto della presunta condotta colposa della ditta
Quanto al secondo motivo d’appello, la qualificazione delle responsabilità coinvolte nel caso di specie, la Corte d’appello si è richiamata a consolidati orientamenti di Cassazione. Ebbene, con riguardo alla responsabilità della ditta, la giurisprudenza di legittimità riconduce tale ipotesi al paradigma dell’articolo 2043 del Codice civile, purché si raggiunga la prova che siano state trascurate le ordinarie norme di diligenza e non siano state adottate le cautele idonee a impedire l’uso anomalo del ponteggio. Il problema non è dunque la presenza di un ponteggio, bensì un suo dimostrabile e dimostrato utilizzo anomalo (Cassazione 26900/2014, 19399/2016 e 15176/2017).
Nel caso di specie, non è stata raggiunta la prova di tale condotta colposa imputabile all'impresa. In particolare, dai verbali della Polizia, nonché dalle rappresentazioni fotografiche allegate, è emerso che l'impalcatura risultava rivestita da una rete di protezione che non presentava tagli o aperture tali da ipotizzare ingressi illeciti nel cantiere. Inoltre, è emersa la presenza di una sola scala metallica posizionata all'altezza dell'appartamento degli appellanti ma, come già si è detto, non vi è alcuna prova che collegasse il balcone con la strada sottostante. Ne consegue, che non può ritenersi assolto l'onere probatorio gravante sugli appellanti, i quali non hanno dimostrato la condotta colposa dell'impresa convenuta circa la mancata assunzione di quelle misure idonee a evitare l'uso improprio del ponteggio.
La responsabilità del condominio
Venendo alla responsabilità del condominio, la Cassazione ha spiegato che può essere configurabile in due casi:
1) concreta riferibilità dell’evento al condominio, per aver affidato l’opera a un’impresa assolutamente inidonea;
2) l’appaltatore - in base ai patti contrattuali - si appalesa come semplice esecutore degli ordini del condominio, attuandone le specifiche direttive (sempre responsabilità extracontrattuale).
Nessun concorso di colpa tra appaltatore e stabile condominiale
Tuttavia, vi sono pronunce secondo cui il condominio potrebbe essere chiamato a rispondere del danno, in concorso con l’appaltatore, anche per l’omessa vigilanza e custodia, cui sarebbe obbligato (quale soggetto che ha disposto l’installazione e il mantenimento della struttura) ai sensi dell’articolo 2051 del Codice civile (vedi Cassazione 26900/2014 e 6435/2009). I giudici catanzaresi, tuttavia, hanno tenuto a precisare che, per potersi ravvisare un’ipotesi concreta di responsabilità oggettiva, sono necessari due presupposti:
A) una relazione diretta tra la cosa e l’evento dannoso, intesa nel senso che la prima, per il suo intrinseco dinamismo o per l’insorgere di un evento dannoso, abbia prodotto direttamente il secondo, e non sia stata invece solo lo strumento mediante il quale l’uomo abbia causato il danno con la sua azione o omissione;
B) un effettivo potere fisico del soggetto sulla cosa, tale da comportare (a carico del predetto) l’obbligo di vigilare la cosa medesima e di mantenerne il controllo, in modo da impedire che produca danni a terzi.
Nel caso di specie, non vi sono elementi probatori che possano portare all'affermazione né dell’una (responsabilità extracontrattuale), né dell’altra ipotesi di responsabilità (responsabilità oggettiva). In conclusione, i condòmini non sono stati in grado di istruire adeguatamente la causa e, per questo, il loro ricorso non è stato accolto.