Riduzione tecnica della Tari fino al 40% per gli immobili siti in zone in cui sono provati disservizi
Sul contribuente incombe l’onere di allegare, dedurre e provare la sussistenza dei presupposti per ottenere lo sconto
La Cassazione con la ordinanza 3355 del 03 febbraio 2022 approfondisce la Tari e i presupposti che possono essere utilizzati dai contribuenti per conseguire una riduzione “tecnica” della tariffa, nel caso in cui il servizio comunale sia in tutto o parte deficitario, in misura appropriata.
Riferimenti normativi
Intanto, occorre rendere una premessa su cosa sia la Tari, acronimo di Tributo ambientale rifiuti urbani.Il tributo è stato introdotta dalla legge 27 dicembre 2013 numero 147 (legge di stabilità 2014) ed è dovuto per la disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti. Dal 2014, pertanto, la Tari ha sostituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (Tares), che è stato vigente per il solo anno 2013 e che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (Tarsu, Tia1, Tia2).
La legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020) ha successivamente abolito, a decorrere dall'anno 2020, la Iuc e – tra i tributi che la costituivano – la Tasi. Sono, invece, rimasti in vigore gli altri due tributi che componevano la Iuc, vale a dire l'Imu, come ridisciplinata dalla stessa legge 160 del 2019, e, per l'appunto, la Tari, le disposizioni relative alla quale, contenute nella legge 147 del 2013, sono state espressamente fatte salve.
Presupposto
Il presupposto della Tari, dunque, è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte operative suscettibili di produrre rifiuti urbani [articolo 1, comma 641, primo periodo, della legge 147 del 2013].Per quanto qui di rilievo, al fine di fugare qualsivoglia dubbio, la norma prevede, altresì, che sono escluse dalla Tari le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del Codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.
Soggetti passivi
La Tari è dovuta da chiunque possieda o detenga il locale o l'area e, quindi, dal soggetto utilizzatore dell'immobile [articolo 1, comma 642, della legge 147 del 2013].In caso di detenzione breve dell'immobile, di durata non superiore a sei mesi, invece, la tassa non è dovuta dall'utilizzatore ma resta esclusivamente in capo al possessore (proprietario o titolare di usufrutto, uso, abitazione o superficie). In caso di pluralità di utilizzatori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria.
L'obbligazione tributaria
La Tari è corrisposta in base a tariffa commisurata ad anno solare coincidente con un’autonoma obbligazione tributaria. Invero, la Tari - come la Tarsu - è caratterizzata da una struttura autoritativa e non sinallagmatica della prestazione, con la conseguente doverosità della prestazione, caratterizzata da una forte impronta pubblicistica.Quanto alle modalità di erogazione del servizio lo stesso, avendo natura locale, viene rimesso all'organizzazione dei Comuni e alla loro capacità di autoregolamentarsi sulla scorta del principio «chi inquina paga».
Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dagli enti locali moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti. Ad ogni modo i Comuni nella commisurazione della tariffa tengono conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. Per contro, i soggetti tenuti al pagamento dei relativi prelievi (salve tassative ipotesi di esclusione o di agevolazione) non possono sottrarsi a tale obbligo adducendo di non volersi avvalere dei suddetti servizi.La legge non dà alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volontà delle parti nel rapporto tra gestore ed utente del servizio.
Il tributo ha, infatti, la funzione di coprire anche le pubbliche spese afferenti a un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e, quindi, non riconducibile a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente. (vedasi, in tema di Tarso: Corte costituzionale, 24 luglio 2009, n. 238, richiamata da: Cassazione, 7647/2018; Cassazione 19767/2020; Cassazione 15323/2021).Certamente, però, conta anche le modalità attraverso cui il servizio di raccolta dei rifiuti sia erogato, perché in caso di inefficienza l'utente (o meglio il contribuente) potrebbe chiedere ed ottenere una riduzione della tariffa applicata su base locale.
Le riduzioni tecniche
A tal proposito, la stessa legge prevede (articolo 656 legge citata) una riduzione della tariffa nella misura massima del 20%, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall'autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente.Altra situazione è, invece, quella della peculiarità delle situazioni soggettive in dati contesti territoriali.
In tal caso la norma di riferimento è quella contenuta nell'articolo 657 (legge citata), a mente della quale è precisato che nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, la Tari è dovuta in misura non superiore al 40% della tariffa da determinare, anche in maniera graduale, in relazione alla distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona perimetrata o di fatto servita.La giurisprudenza ricava dalla precisione normativa in disamina - rispetto le condizioni di operatività che la misura massima della tariffa applicabile, rispettivamente 20% e 40%, graduabile in ribasso – la conclusione che tali riduzioni siano obbligatorie e che, al verificarsi delle indicate situazioni oggettive che vanno ad incidere sul presupposto impositivo, spettino per legge, a prescindere cioè da una loro previsione nel regolamento comunale, come si evince del resto dall’utilizzo dell’espressione «la Tari è dovuta».
L'onere probatorio del contribuente
In questo caso, al contribuente spetta solo l'onere di provare i presupposti normativi per invocare il diritto alla riduzione (in termini:Cassazione 19767/2020; Cassazione 15323/2021; Cassazione, 28945/2021; Cassazione, 34298/2021; Cassazione, 34489/2021 e 34635/2021).Sul contribuente incombe però l’onere di allegare, dedurre e provare la sussistenza dei presupposti per beneficiare di una maggiore riduzione, graduare ulteriormente la percentuale di riduzione applicabile, tenendo conto di circostanze di fatto quali l’ubicazione dei locali o aree oggetto di tassazione all’interno della zona e la loro distanza dal più vicino punto di raccolta.
La giurisprudenza
Sotto questo aspetto, l'ordinanza in commento, rammenta che il diritto alla riduzione presuppone l’accertamento specifico (mirato sul periodo, sulla zona di ubicazione dell’immobile sulla tipologia dei rifiuti conferiti e, in generale, su ogni altro elemento utile a verificare la ricorrenza in concreto della richiesta riduzione) della effettiva erogazione del servizio di raccolta rifiuti in grave difformità dalle previsioni legislative e regolamentari.Ciò che, in particolare, il contribuente è tenuto a provare consiste nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato:
- non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente;
- ovvero, vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso (in punto, sono stati richiamati i seguenti precedenti: Cassazione 3265/2019; Cassazione, 22767/2019).
Gli effetti della riduzione
La riduzione tariffaria non opera, infatti, quale risarcimento del danno da mancata raccolta dei rifiuti, né quale sanzione per l’amministrazione comunale inadempiente, bensì al diverso fine di temperare l’imposizione, entro la percentuale massima già individuata dalla norma, equilibrando l’ammontare della tassa comunque pretendibile, che nella misura ordinaria tiene conto dei costi generali del servizio completo svolto nell’area municipale, con i costi che il cittadino è tenuto presumibilmente a sostenere per far fronte alla mancata raccolta, laddove il Comune non assicuri in un ambito territoriale della zona perimetrata l’intero ciclo di smaltimento, ma lo garantisca solo in parte. Sulla scorta di tali premesse, un contribuente campano ha avuto confermata la riduzione della Tari nella misura del 40% (non oltre) della tariffa locale, dopo aver dato prova dell'inefficienza del servizio.