Condominio

Sanatoria: a richiederla deve essere il proprietario dell’immobile non i possessori delle singole unità

L’edificio si presuppone unico e le richieste dei singoli devono confluire in un'unica concessione

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di Valeria Sibilio

Una richiesta plurima di sanatoria edilizia è stata al centro di una vicenda esaminata dalla Cassazione, giudicata con la sentenza 3962 del 2021. All'origine dei fatti, la Corte d'appello di Napoli rigettava nuovamente l'istanza con la quale l'erede della proprietaria di un immobile chiedeva la revoca dell'ordine di demolizione delle opere di ampliamento realizzate nel medesimo edificio immobiliare. Per la Corte territoriale, le diverse richieste di sanatorie, spalmate in diversi periodi di tempo, non erano coincidenti con quanto esposto dal ricorrente.

Per cui, non era chiaro se il fabbricato fosse stato costruito in un unico contesto oppure, come sostenuto dall'attore, realizzato in periodi diversi e, nel primo caso, quando e come la proprietà dei singoli appartamenti sia stata distribuita tra i soggetti che hanno richiesto il condono. Inoltre, non era stato precisato l'oggetto del provvedimento di sanatoria rilasciato al ricorrente.

L’ampliamento e la nuova unità immobiliare
Per queste motivazioni, per il giudice di secondo grado, l'appartamento, oggetto dell'ordine di demolizione, non era un ampliamento di opere preesistenti già condonate, ma rappresentava una nuova unità immobiliare facente parte di un immobile che all'epoca della costruzione non solo non era stato condonato ma era di proprietà della proprietaria originaria e non dell'erede. Veniva anche confermata l'illegittimità della concessione in sanatoria rilasciata in quanto concernente la porzione di un unico edificio, superiore ai limiti previsti che non possono essere aggirati attraverso la presentazione delle istanze da parte di più soggetti.

Il ricorso alla Suprema corte
L'attore, presentava ricorso per Cassazione ritenendo, nel primo motivo, incongrua la conclusione della Corte di appello, secondo cui si trattava di unico edificio. Nel secondo, evidenziava che identificare l'appartamento come una nuova unità immobiliare era incompatibile con quegli orientamenti secondo cui una sopra-elevazione è qualificabile come nuova costruzione, a cui, difatti, si riferiva l'autonoma istanza di condono presentata in relazione all'opera realizzata in epoca diversa e in modo del tutto autonomo da quelle già esistenti. Inoltre, nel terzo motivo, per il ricorrente i legittimati alla proposizione dell'istanza di condono non dovevano essere individuati esclusivamente nel proprietario dell'opera, ma da tutti i soggetti con un qualche interesse, quali, ad esempio, i possessori dell'unità abitativa ove risiedono.

Ritenere, poi, che la proprietà delle singole unità immobiliari fosse stata distribuita successivamente alla loro realizzazione, era in contrasto con il provvedimento di annullamento della Suprema corte, che richiedeva l'accertamento temporale della suddivisione della proprietà solo con riferimento all'ipotesi in cui l'immobile fosse stato realizzato in unico contesto e non, invece, come nel caso esaminato, in diversi periodi. Per ultimo, nel quinto motivo, per il ricorrente, ritenere come ha fatto la Corte, la presentazione di diverse istanze di condono tra il 2004 ed il 2006, sintomatiche del frazionamento della pratica di condono, era in contrasto con quanto riportato nel provvedimento e con le risultanza probatorie.

La decisione
Motivazioni, per la Cassazione, non meritevoli di accoglimento e quindi rigettate. Ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario qualora faccia capo ad un unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad un'unica concessione in sanatoria, onde evitare l'elusione del limite legale di consistenza dell'opera.

Qualora, invece, per effetto della suddivisione della costruzione o della limitazione quantitativa del titolo abilitante la presentazione della domanda di sanatoria, vi siano più soggetti legittimati, è possibile proporre istanze separate relative ad un medesimo immobile secondo cui, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle separate unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di 750 metri cubi attraverso la considerazione di ciascuna parte in luogo dell'intero complesso.

Le motivazioni
Per cui, i primi due motivi di ricorso non hanno meritato accoglimento, in quanto iI provvedimento impugnato, nel riconoscere l'unicità del manufatto, non era incorso in alcuna violazione di legge. La valutazione circa la unicità o pluralità delle costruzioni dipende solo da elementi obiettivi di tipo funzionale, restando del tutto irrilevanti il dato temporale e la natura di sopra-elevazione del manufatto.Infondato il terzo motivo, in quanto la possibilità di sanatoria prevista esclusivamente per le nuove costruzioni, vale soltanto nei casi in cui vi siano diversi soggetti legittimati per effetto della suddivisione della costruzione o a seguito di alienazione o di singole opere da sanare.

Il ricorrente non aveva allegato alcun interesse giuridicamente rilevante, da cui sarebbe potuta discendere la sua legittimazione alla sanatoria; interesse, che non può esaurirsi nella mera residenza nell'immobile, a prescindere da un valido titolo di detenzione o possesso dell'immobile. Respinta anche la quarta motivazione, nella quale il ricorrente si limitava ad asserire una carenza probatoria sul punto, senza, tuttavia, indicare elementi indiziari o una prova documentale in senso diverso. Come nel quinto, nel quale l'attore denunciava esclusivamente un'asserita contraddizione tra le domande nella prima parte del provvedimento impugnato e quelle a cui si fa riferimento nella ultima parte, che tuttavia, risultavano del tutto compatibili.

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